di Alessandra Salemi – Nuova Sardegna
Secondo l’Unesco la rete dei nuraghi della Sardegna è il candidato ideale per entrare nell’elenco dei «beni patrimonio dell’umanità»: i funzionari dell’organizzazione internazionale lo hanno detto in diversi meeting nel 2008 mentre era in corso la procedura per riconoscere la reggia di Barumini. La Regione aveva raccolto l’invito, poi tutto si è fermato. Come per Tuvixeddu, necropoli fenicio-punica senza eguali nel Mediterraneo, in questi tre anni ignorata dalla Regione che ha scelto di non mandare avanti l’iter per il riconoscimento Unesco. Nel 2008 Manuel Guido, funzionario dell’Unesco, invitò un gruppo di colleghi della Regione Sardegna ad allargare a tutti i nuraghi dell’isola la procedura che avrebbe trasformato l’intera rete in un «bene patrimonio dell’umanità». In quei mesi la Regione e la soprintendenza archeologica di Cagliari e Oristano lavoravano alla relazione che doveva portare al riconoscimento di Su Nuraxi di Barumini quale «patrimonio dell’umanità». In un incontro che si era tenuto a Torino, il rappresentante degli uffici Unesco aveva definito «limitante» per la Sardegna il fatto che il prestigioso marchio Unesco esistesse solo sulla pur magnifica reggia di Barumini. L’Unesco aveva suggerito anche un termine di scadenza per concludere la procedura e blasonare l’intera civiltà nuragica del titolo di «patrimonio dell’umanità». Ebbene da allora nulla è successo, la rete dei nuraghi è rimasta nella mente di quel funzionario dell’Unesco, le rare riunioni non hanno prodotto che poche pagine di relazione, qualche mese fa un dirigente della Regione, pur senza alcuna richiesta da parte della giunta, dell’assessorato alla Cultura, di quello al Turismo e tantomeno dell’Urbanistica, ha inviato una lettera alla soprintendenza per riallacciare il filo e tentare di non disperdere l’opportunità. Un tale spreco è il fratello neppure minore della vicenda di Tuvixeddu, necropoli celebrata nell’intero Mediterraneo per dimensione, stato di conservazione, importanza storica e qualità degli studi ad essa dedicati, ma non per questo diventata «patrimonio dell’umanità» nonostante la procedura ben avviata nel 2008 sotto la giunta Soru. Il titolo di «patrimonio dell’umanità» è un marchio di qualità cercato in tutto il mondo dal turismo scelto perché garanzia di alta serietà nella selezione, un vero lasciapassare per entrare in una comunità internazionale vasta e pronta a spendere per visitare un monumento o per contribuire a sostenerne la conservazione. La Sardegna contemporanea, culla di una civiltà antica fra le più originali, sembra aver deciso di ignorare tutto questo. Solo Barumini al momento è entrato nell’elenco dei siti preziosi per l’umanità: tutti gli altri torrioni e villaggi di cui è disseminata l’isola no. Il disinteresse verso questa opportunità è cresciuto negli ultimi anni: l’assessorato all’Urbanistica e quello ai Beni culturali nel 2008 si erano fatti promotori della procedura a favore di Tuvixeddu e quindi, quasi portata a termine questa, in seguito al suggerimento arrivato dall’Unesco, avevano cominciato a lavorare per costruire la rete dei nuraghi col grande e rinomato punto di partenza di Barumini. Il codice Urbani, la legge fondamentale dello Stato che riconosce nel paesaggio un bene da conservare e tutelare al pari dei monumenti singoli, incoraggia gli enti «ad attivare i siti Unesco» perché marchio importante con irrinunciabili aspetti economici, non soltanto di tutela. Condizione per entrare fra i siti Unesco è che ci sia un piano di gestione del bene: l’Unesco ha fatto arrivare denaro in Sardegna, 50mila euro attraverso il ministero dei Beni culturali, perché si potesse elaborare, tra l’altro, il piano di gestione del sito di Barumini. Il tavolo riunito attorno a Su Nuraxi si rivelò subito piuttosto «egoista»: la soprintendenza e i cinque comuni della Marmilla non erano immediatamente favorevoli alla creazione della rete dei nuraghi e quindi all’estensione del piano di gestione. L’architetto Tatiana Kirova, come già aveva fatto per Tuvixeddu, si batté parecchio in quel consesso perché si desse seguito al suggerimento Unesco. In tre anni gli incontri sono stati rari, l’ultimo con tutti i protagonisti riuniti risale all’inizio del 2010, a luglio la soprintendenza ha di nuovo riaperto il tavolo ma senza risultati. Eppure, nel 2008, l’assessorato all’Urbanistica aveva un piglio propositivo: si era candidato per far da capofila al progetto «rete dei nuraghi», portando anche l’idea di creare un ufficio interamente dedicato a questa operazione. Oggi non c’è un atto ufficiale che decreti il fermo: quasi che della rete dei nuraghi non si debba parlare mai, neppure per farla sparire.