di Rosanna Romano
Del Cossiga politico, intellettuale, sagace, irruente e dissacratore si sono scritti, fiumi di parole. Voglio raccontare la mia esperienza diretta che risale, ormai, a più di dieci anni fa. Ero condirettore del telegiornale di Videolina (una televisione della Sardegna) e avevo deciso di contattare il presidente Francesco Cossiga per un’intervista televisiva sulla situazione politica regionale. Dopo aver parlato con il suo addetto stampa spiegando il contenuto dell’intervista ho atteso in redazione sperando che il presidente mi ricontattasse. Ricordo che era sabato sera. Intorno alle 20 squillò il telefono e una persona cordialissima, dall’inconfondibile accento sardo, mi diede appuntamento per l’intervista alle 8 del mattino dopo. Da quel momento la preparazione e’ stata febbrile. L’operatore tv che faceva parte della troupe preparava le attrezzature mentre la segreteria contattava le compagnie aeree per trovare due posti nel primo volo del mattino per la Capitale. Non sapevamo dove il presidente ci avrebbe ricevuto. Al telefono Cossiga era stato molto vago. Aveva detto solo: “Quando arrivate a Roma chiamate a questo numero e vi farò sapere dove raggiungermi”. E così facemmo. Alle 7 del mattino arrivammo a Fiumicino. Dal taxi chiamai il numero del senatore a vita. Mi rispose il suo addetto stampa che mi diede l’indirizzo di un palazzo nel quartiere Prati. All’entrata le sue guardie del corpo ci chiesero i documenti. Il presidente ci aspettava nel salone dell’appartamento. Mi ricordo ancora il suo sguardo e la curiosità con cui si interessava della mia carriera, di Videolina, della Sardegna. Al termine dell’intervista mi fece vedere con orgoglio il televisore al plasma del salotto e un apparato hi fy situato davanti alla sua poltrona dove ascoltava la musica nei momenti di relax. Sembrava un bambino, gli occhi gli brillavano di contentezza, era fiero di mostrarci quei gioielli tecnologici. Poi il congedo. Fu cortese, affabile, disponibile come solo le grandi persone sanno essere. Alle dieci e trenta eravamo già in aeroporto pronti per rientrare a Cagliari per mandare in onda l’intervista. Prima di imbarcarci squillò il mio telefonino. Era il mio editore. L’aveva appena chiamato il presidente Cossiga per ringraziarlo dell’intervista. Pochi nella sua posizione l’avrebbero fatto. Un anno fa ci ha lasciato un galantuomo.