di Giovanni Mameli
A tutto il 2010 qual è il libro di un autore isolano che ha venduto più copie in Italia e all’estero? Alla luce dei dati riportati sulla stampa nazionale, in tempi recenti e in passato, dovrebbe essere il romanzo autobiografico di Gavino Ledda “Padre padrone”. Solo l’edizione italiana (pubblicata da Feltrinelli nel 1975 nella collana dei Franchi narratori) ha superato il milione di copie. Se a queste si aggiungono le edizioni straniere, la cifra sale di molto. Nella classifica dei romanzi più venduti degli ultimi cinquant’anni Padre padrone sta accanto a famose opere di Umberto Eco, Giorgio Bassani, Carlo Cassola. Non va dimenticato che questo fortunato romanzo di formazione viene continuamente ristampato e ne è stata fatta anche un’edizione scolastica per le medie inferiori. Il film dei fratelli Taviani, dal titolo omonimo, vincitore nel 1977 al festival di Cannes, ha contribuito in larga misura al successo del libro. Ma il romanzo da solo (basta leggere le recensioni sui giornali italiani e stranieri) “funziona” per la storia che vi si racconta. Non a caso vinse il premio Viareggio opera prima. Inoltre il termine padre padrone è entrato nel linguaggio della stampa per designare un genitore autoritario e violento. A questo punto bisogna sottolineare un paradosso. Alla luce di quanto si è detto, Ledda dovrebbe essere un autore economicamente benestante. È vero il contrario. Usufruisce della legge Bacchelli che è riservata ad artisti bisognosi di un vitalizio pagato dello Stato italiano. Dopo Padre padrone lo scrittore di Siligo ha pubblicato altre opere, che non hanno avuto lo stesso successo di vendite. In una recente recensione (La Stampa, 20 novembre 2010) un critico severo come Massimo Onofri, riferendosi all’ultima edizione di Padre padrone pubblicata dalla casa editrice B. C. Dalai, scrive tra le altre cose: «Gavino Ledda ci appare, con Padre padrone, lo scrittore di un conflitto drammatico (“dramma patriarcale” lo chiama lui), lo scrittore d’una testimonianza lancinante, il narratore di un’offesa e di una perdita, altrettanto irreparabili». Un altro libro di un autore sardo, che ha avuto una tiratura enorme, lungo un arco di tempo molto ampio, è senza dubbio “Lettere dal carcere” di Antonio Gramsci. Impossibile calcolare le copie vendute in Italia e all’estero. Non esistono dati al riguardo forniti dagli editori o dagli studiosi del pensatore di Ales. Tra l’altro la fortuna editoriale di Gramsci va distribuita tra le “Lettere” e i “Quaderni”, senza che si sappia quale delle due opere è maggiormente diffusa. Tra i romanzi di Grazia Deledda, quale ha venduto più copie? Altra domanda senza risposta. Non sono arrivati sino a noi i contratti stipulati tra la scrittrice e le case editrici con le quali pubblicava i suoi libri. Il giorno del giudizio di Salvatore Satta e La leggenda di Redenta Tiria di Salvatore Niffoi hanno avuto parecchie edizioni ravvicinate, superando ampiamente le centomila copie (senza contare le traduzioni straniere, difficili da calcolare). Su questi livelli di vendite si situa anche Paese d’ombre di Giuseppe Dessì, specie dopo che vinse il premio Strega nel 1972 (è lui stesso a dirlo in una lettera indirizzata all’amico Claudio Varese). Tra le ultime leve della narrativa sarda, con tirature molto elevate e una lunga presenza nelle classifiche dei libri più venduti spicca “Mal di pietre” di Milena Agus. Anche se pubblicato da una casa editrice di nicchia, che si chiama Nottetempo, questo breve romanzo ha reso la sua autrice nota in Italia e all’estero. Lo stesso discorso vale per Accabadora di Michela Murgia.