di Antonio Maria Masia
Provengo dall’olio d’oliva, che forse dopo tanti anni avevo come rimosso e dimenticato. Ho vissuto infatti la mia infanzia e prima giovinezza nell’olio, a contatto diretto con questa preziosa materia, determinante nella storia e nella vita dell’uomo. Mio padre produceva attraverso contratti di mezzadria olio d’oliva e ha sempre, durante la sua non lunga vita, acquistato e venduto olio d’oliva. Ricordi ed emozioni intense, immagini che ritornano di un paese immerso nella produzione e cultura dell’olio d’oliva, un paese il mio, Ittiri, che si adagia su una collina “d’antichi oliveti coronata” (va bè questo è un mio verso) e che da lassù guarda ammirato Alghero ed il suo splendido mare poco lontani. Di una casa ove entravano ed uscivano ettolitri ed ettolitri d’olio, di lamoni e otri dappertutto, di un padre che così cantava alcuni versi, fra i tanti, che lui riusciva magicamente ad improvvisare, come cultura e tradizione per tanti in Sardegna:
trese suni sos regalos de Deus
a dolu misciados e allegria
s’aba, su ‘inu, s’olzu ‘e s’olia
pro chi sa vida colet in recreu
gai mi naraiat Babbu meu
cando su sole cantait in poesia.
Tre sono i preziosi regali del Signore all’uomo, mescolati a dolore ed allegria: l’acqua, il vino e l’olio d’oliva, perché la vita passi serena. Così mi diceva mio Padre quando cantava il sole (l’olio) in poesia. Lui aveva l’olio, per amico, fratello e figlio, per fonte di vita e sostegno alla famiglia. Lo gustava, lo beveva per capirne le differenze di qualità. E così nelle sue esternazioni poetiche (la poesia in Sardegna è canto) mescolava lavoro e versi, emozioni e impegno. Ho voluto riportare versi e ricordi personali per sottolineare su uno dei beni preziosi dell’umanità che intreccia la sua vita con quella della cultura in genere. Su un alimento che al di là di essere tale ha assunto nel corso dei millenni significati mitologici, storici, morali, spirituali , letterali e poetici di assoluto prestigio e di larghissima diffusione. Non più e non solo cibo o materia indispensabile per tutta una serie di prodotti eno-gastronomici, non più e non solo sorgente di lavoro e di economie, ma alimento anche dell’anima, fonte di ispirazione, di versi e di storie vere e di leggende . Quindi suggeritore di cultura, di tradizione e di costume. Ispiratore di atti religiosi e simbolici. E’ bello a questo punto leggere nei versi del Paradiso del sommo poeta quale fosse la forza alimentare, a sopportare caldo e gelo, che i cibi magri conditi di olio d’oliva davano all’umile frate Pietro Damiano di Ravenna, che nel canto XXI ci parla della predestinazione ed inveisce contro i cardinali degenerati al cospetto di altre anime che approvano i suoi sermoni:
E poi continuando disse: “Quivi
A servigio di Dio mi fei si fermo,
che pru con cibi di liquor d’ulivi
lievemente passava e caldi e geli,
contento ne’ pensier contemplativi”
O ancora questi altri bellissimi versi di Dante quando nel 30° canto del Purgatorio incontra finalmente Beatrice che appare:
così dentro una nuvola di fiori
che da le mani angeliche saliva
e ricadeva in giù dentro e di fori,
sovra candido, vel cinta d’uliva,
donna m’apparve, sotto verde manto
vestita di color di fiamma viva.
Si tratta naturalmente di Beatrice, con una corona d’ulivo sul capo, adorna dei colori delle virtù teologali. Quindi l’ulivo ancora richiamato protagonista su temi di elevato spessore religioso quali fede, speranza e carità. E’ necessario ricordare la presenza importante dell’albero dell’ulivo e del suo prezioso liquore nell’ambito della leggenda e del mito. Dai tempi più remoti l’uomo ha sempre avuto un rapporto di amicizia, di affetto, d’amore con l’ulivo trattandolo con il rispetto che si conviene alle cose sacre. Un rapporto talmente antico e profondo che viene come dire suggellato e reso evidente da quella leggenda che narro del primo uomo sulla terra che aprendo gli occhi all’incanto del Creato trova ristoro allo sgomento, quasi paura, al riparo dell’ombra di un vecchio albero a lui vicino. Era un ulivo millenario che paterno gli offriva bracce possenti e sicure. Un amico per sempre per un patto che ancora dura. La Bibbia cita per centinaia di volte l’olio e l’olivo. Nella Genesi, la colomba liberata da Noè, ritorna nell’Arca con un ramo d’olivo, segno della fine del Diluvio e simbolo del ristabilimento della pace fra Dio e gli uomini:
“Avendo poi aspettato altri sette giorni, di nuovo mandò fuori dall’Arca la colomba, la quale tornò a lui verso sera, portando nel becco un ramo di ulivo con verdi foglie.
Un’altra leggenda narra di Adamo, ormai macchiato da peccato originale, che manda il figlio Seth a chiedere all’Angelo il castigo della morte e l’olio di misericordia. Il cherubino consegna a Seth tre semi che egli dovrà mettere fra le labbra del padre dopo la sua morte. Dalle spoglie di Adamo, sepolto sulle pendici del monte Tabor, germogliano un cedro, un cipresso e un ulivo, quest’ultimo come simbolo di purezza e redenzione. I popoli del Mediterraneo – afferma lo storico greco Tucidide, nel V secolo AC – cominciarono ad uscire dalla barbarie quando impararono a coltivare l’olio e la vite”. Il mito continua con mille racconti che si intrecciano con la storia dell’uomo. Nel museo di Bagdad, si ritrova il più antico documento di scrittura nella stele di Hammurabi, re di Babilonia, ove fra le altre cose, si codificano le norme per il commercio dell’olio d’oliva. E nel mito della stessa fondazione di Atene ricorre il ruolo simbolico dell’olio attraverso questa nota ulteriore leggenda: per decisione di Zeus il possesso della cità di Atene e della regione dell’Attica, doveva essere aggiudicato al Dio che forniva il dono più utile. Alla fine della gara rimangono Poseidone, che fa sbucare dalla foresta un meraviglioso destriero ed Atena che fa nascere dalle viscere della terra un nuovo albero: l’ulivo. Zeus giudica vincitrice la dea sua figlia, sostenendo che il cavallo è per la guerra, mentre l’olivo è per la pace. Occorre ammettere a parte mito e leggenda che la vista di una vecchio albero d’olivo, contorto e scavato dal tempo, ci dà una forte emozione ed un coinvolgimento incredibili. Come vedere una creatura misteriosa e magica, un monumento vivente che impone rispetto. Vivente, al contrario di monumenti che testimoniano civiltà scomparse, l’ulivo testimonia vita e profumo ed attesa di frutto prezioso. Ho visto in Sardegna vicino a Tempio i famosi ulivi millenari. Se andate in Sardegna verificate. E le stesso emozioni si provano a vedere accanto ai templi di Agrigento o nei pressi del Partendone vecchi ulivi che sfidano il tempo e vigilano affettuosi e fedeli su quei resti di antiche civiltà. Ancora alcune considerazioni sono doverose sull’origine della pianta dell’ulivo per testimoniarne lo stretto legame con l’uomo, il suggello a quel patto di amicizia millenario di cui in premessa.
Origini remote, immerse nel mito e nella leggenda non ci impediscono di trovare alcuni riferimenti storici oggettivi. Sono appunto gli storici che fanno risalire l’origine dell’ulivo sulle aride colline asiatiche che si trovano fra il Pamir ed il Turkmenistan, ove pare fosse certamente coltivato 5000 anni fa. Ed è altrettanto certo che la propagazione di questa pianta si è sviluppata verso occidente, nelle zone settentrionali della Persia e della Mesopotamia, fino alla Siria. Gli Ittiti e gli Assiri facevano uso corrente di olive, di olio: beni che nel 200°AC, saranno di largo consumo in tutto il Medio Oriente. Furono i grandi colonizzatori o civilizzatori del bacino del Mediterraneo, I Fenici i maestri del mare e del commercio che, spostandosi dalle sponde orientali, iniziarono oltre mille anni AC ad aprire fiorenti scambi commerciali fra le sponde del mare Nostrum. E la pianta dell’ulivo fu proprio introdotta nel Mediterraneo dai Fenici. E da allora il radicamento nella coltura e nella cultura mediterranea di questa favolosa pianta fu totale tale da far identificare l’area mediterranea come “luogo di nascita” della pianta d’ulivo. Per i Greci e per i Romani l’ulivo e l’olio furono degni di grandissima considerazione e rispetto religioso. Il “sacro olivo” fu il solo a sopravvivere all’incendio persiano di Atene . I romani usarono il nettare dell’olivo non solo per l’alimentazione ma anche per la cosmesi, la medicina, e per l’illuminazione. Grande produzione e grande consumo all’epoca. Così pure nel medioevo quando bollente veniva scaricato sui nemici intenti a risalire le mura difensive di paesi e città. E così la coltivazione e la cura per questo pianta proseguì nei secoli diffondendosi ulteriormente e consolidandosi al punto che oggi è difficile pensare ad una zona mediterranea ove non sia presente l’ulivo, che la botanica definisce Olea Europea che ben si adatta a diversi tipi di terreno, purchè si tratti di zone temperate ed asciutte, resistente in misura elevata alla siccità. Non entro nel merito delle tante varietà dell’ulivo e dei suo frutti: il leccino, la carboncella, il pendolion, la rosciola, la coratina, la olgiarola barese e messinese etc.. Le olive ascolane, la santagostino, la nocellara, l’oliva di Cerignola. E tanto ci sarebbe da dire sul pregiato legno che ci da l’albero, e sulla raccolta delle olive,sul frantoio e sui vari tipi di olio, extravergine, vergine, di sansa etc… Voglio ritornare ai versi di mio Padre a proposito dei tre regali di Dio: l’olio, l’acqua ed il vino si integrano e si intrecciano nella vita della nostra umanità in maniera indissolubile, mischiando dolore e gioia. L’acqua trasparente ci dà vita, è vita, diventa madre e fede, mari e fiumi, sorgenti e torrenti, ma l’acqua a volte si oscura e s’infuria di una forza tremenda e devastatrice. Il vino rosso rubino o giallo paglierino ci regala energia e allegria solo se usato con moderazione altrimenti sono dolori. L’olio invece è prevalentemente benessere e felicità. Ci ricorda il dolore solo quando ci accompagna, come liquido santo (‘solzu santu) verso l’eterno riposo inondandoci di un dolore e di una sofferenza che poi verranno ripagati nella fede, per la perdita dei nostri cari. Tre regali preziosi e fra di loro il più prezioso per me, ritorna ad essere, quello di un tempo, quello dei miei ricordi. L’ulivo e l’olio d’ulivo.