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Dovrebbe essere una famiglia sarda quella “più longeva al mondo”. Perché i Melis di Perdasfefogu, undici nati e nove viventi, hanno complessivamente 809 anni, età media 89 anni qualche mese. E tutti sono in ottima salute. La bambina è Mafalda, dolcissimo viso di una 76enne, piccola di casa. La Grande Madre è Consolata, anzi Consòla, 104 anni il prossimo 22 agosto. Nella sua casa a due passi dalla parrocchia di San Pietro, era un po’ seccata perché non vedeva l’ago che stava usando e le era caduto per terra. Appena lo ha trovato si è rimessa a cucire e poi a cucinare (minestra etnica di fìscidu: solo patate tagliate a cubetti, un po’ di formaggio acidulo schiacciato con un mestolo di corbezzolo e un pugnetto di pasta). Di sera – con affabulazioni e impacchi – ha liberato da una sciatica un nipote di 63 anni. Il tasso di mortalità a Perdasdefogu è di 7.87 per mille contro la media nazionale del 9.8 e quella sarda dell’8.9. Questi numeri avranno o no un senso? La notizia del palmares della longevità familiare ha riportato un po’ di sorrisi in un paese triste, scosso anziché no da un tam-tam giudiziario-mediatico che lo dipinge come un villaggio col record di morti per cancro dovuto all’uranio (e adesso al torio) per le esercitazioni di guerra senza controllo nel Poligono militare del Salto di Quirra. Il tutto è il feed-back all’inchiesta aperta dalla Procura della Repubblica di Lanusei che – dopo mezzo secolo con totale assenza di indagini sul campo – ha voluto veder chiaro in una serie di “morti sospette”. Con i calcoli fatti, anche compulsando i dati dei registri continentali Istat ed Eurostat, è emerso che la famiglia Melis di Perdasdefogu, eredi di Francesco Melis, è la più longeva in Europa e al mondo. Ricordiamo: undici figli nati e nove viventi. Consola 104, la bimba Mafalda con 76 primavere. In mezzo altri sette fratelli. Complessivamente – come detto – 809 anni. Età media 89 e passa. Che ne esistano anche altrove? Sotto l’Himalaya o il Karakorum? Nelle Ande o nella Tasmania sotto l’Australia? Di certo resta la realtà di questa famiglia baciata dalla buona salute. Un po’ di storia. La casa di queste tante culle sorgeva nel rione S’urbideddu (piccolo portico), sotto il gioiello bizantino-preromanico di San Sebastiano. Consòla va ancora all’orto e dà da mangiare grano e mais alle sue caprette preferite, Nocciolina e Rosetta. In casa legge e prega con il libro delle devozioni sempre aperto. Ricorda: “Mi ero sposata di sabato, parroco don Antonio Follesa. La sera del matrimonio con mio marito Giovanni siamo andati a mietere il grano, la domenica abbiamo trebbiato con i nostri buoi, si chiamavano Bell’Antoni e Bellu’e cara”. Ha un altro ricordo netto: “Ci avevano regalato anche soldi. E con quei soldi avevamo pagato l’esattore delle tasse”. Secondogenita è Carolina (deceduta). Nascono Claudia che oggi ha 98 anni, aveva sposato Titino Lai, ufficiale postale, ogni giorno va in chiesa e all’orto di Tuppa Segàda. Maria di anni ne ha 96. Antonio ne conta 92. è stato caporal maggiore del Corpo d’armata di stanza a Ghilarza. “Nel 1945 ci spediscono a Viterbo a inseguire i tedeschi, non avevamo caserma, dormivano nei cassoni o nelle cabine di auto Alfa 900. Torno a Foghesu. Lavoro nell’orto fertile di Su Sarmentargiu. Poi arriva la Base e trovo uno stipendio: operaio civile dell’Aeronautica militare, lavoravo al gruppo impianti del poligono, mai un raffreddore”. Concetta (classe 1921) resta al paese, bottega e orti, processioni e nozze con Beniamino Lai. Adolfo ha 88 anni, appassionato di libri e poesia, è suo il bar-calamita al centro del paese, nel terreno dove sorgeva una grande quercia, sotto le sue fronde si ratificavano le paci tra famiglie in rivolta. Vita di soldato anche per Adolfo che finisce a Camigliano, presso Capua. Per sottrarsi alle violenze dei tedeschi si era calato in un pozzo che aveva una galleria laterale ed era servita da salvavita per tanti italiani incalzati dai nazisti. “Torno nel 1945 in un paese distrutto soprattutto dalla povertà. Non c’era lavoro, le nostre campagne sono di pietra. Abbiamo avuto la corrente elettrica nel 1955, l’acqua corrente tre anni dopo”. Vitalio, detto Vitale, di anni ne ha 85 e dice di “vendere salute”. Una tragedia: Natalino (nato nel 1926) muore in un incidente sul lavoro mentre scava un pozzo. Vitalia nasce nel 1931 e poi la sorellina piccola, Mafalda, di 76 anni. Consòla, che segue giornali e telegiornali, si chiede – parlando in sardo – “che cos’è questo uranio?”. Non è l’unica a inseguire una risposta definitiva.
A perdasdefogu ci sono diverse persone che sono sulla soglia dei cento anni.
Anche nella mia famiglia ci molte persone quasi sui cento anni e mio padre e morto a 94 anni
senza aver mai avuto malattie se non quelle di prassi normale-
Mi viene da ridere quando dicono che le campagne di Perdas sono inquinate dall’uranio della base;
lo stesso mio padre ha lavorato nel poligono per oltre 30 anni.
Conosco molto bene zio Vittorio che ha 99 anni e fato il pastore per 75 anni e ha una memoria
forse migliore della mia. Lo incontrato dopo oltre 40 anni mi ha ricosciuto raccontandomi
vita e miracoli della mia infanzia.