di Sergio Portas
Dal 6 aprile al trenta maggio a Milano si rincorrono tutta una serie di iniziative culturali che prevedono esposizioni, mostre e addirittura concerti che vedono a protagonisti carta e cartone, in quest’ultimo caso oltre agli strumenti rigorosamente cellulosici pare ci saranno anche sette danzatrici e performer ( il progetto Sans Papier è organizzato dal Politecnico) con basi musicali appositamente composte da Enrico Intra. E poi al Museo Diocesano ti dicono come “Vivere e Pensare in Carta e Cartone”, una mostra alla Fondazione Pomodoro con artisti che usano cartapesta, e ancora la mostra C’Arte presso l’Acquario civico di Milano che è quella che più ci interessa, curata com’è dalla design cagliaritana Anna Deplano. Già la palazzina che la ospita è una forma d’arte di per sé, edificio liberty unico a salvarsi di quelli costruiti per la Esposizione Internazionale del 1906, è il terzo acquario più antico d’Europa. Posto in posizione di privilegio a due passi dall’Arena e dal Castello Sforzesco, ci ho sempre portato in visita i vari nipoti anche perché è una delle poche istituzioni milanesi dove, finalmente, non ti fanno pagare il becco d’un quattrino. Ristrutturato da poco, sopra le vasche in cui pesci d’ogni siluette e colore si muovono danzando, hanno ricavato un’ampia sala espositiva con tetto a vetrate. Occorre per la cronaca sottolineare che quando ci batte il sole l’effetto serra che si crea porta la temperatura interna a livelli tali che anche gli umani vanno in giro bofonchiando a guisa di pesci tropicali. E oggi è uno di questi giorni in cui la primavera milanese si traveste da estate inoltrata. Tanto che mi viene da pensare all’effetto “ specchi d’Archimede”che potrebbero fare i vetri sovrastanti sull’esposizione, di carta, dei numerosi e variegati oggetti d’arte e di design che sono esposti, fragili come sono alle carezze del fuoco. Sono ben 25 i progettisti presenti con le loro opere, tra artisti, designer e architetti. Scrive la Deplano che Frank Gehry, il più importante architetto al mondo attualmente in vita, utilizza la carta stropicciata per la realizzazione di modelli di grattacieli realizzati con tecnologie innovative. Non potevano mancare i giapponesi (Masaio Ave, Yusuke Tonami, Misato Inaba, Mariko Isozaki), ai quali per altro va un applauso di sentita solidarietà del pubblico presente, numerosissimo, per tutti i guai che sta passando il Giappone tra Tsunami e Perdite radioattive dalla oramai famigerata Fukushima. Loro del resto trattano da sempre con la “Washi” (Wa-giapponese, shi-carta), ottenuta tramite lavorazione di diverse tipi di piante; come molte altre cose la carta arrivò in Giappone dalla Cina intorno al sesto secolo dopo Cristo e oggi ne esistono migliaia di varietà di grande raffinatezza. Fin dall’antichità i giapponesi la usano all’interno delle abitazioni per la sua capacità di far filtrare la luce attenuandone l’intensità e donando così allo spazio un’illuminazione soffusa. I giovani giapponesi che espongono qui utilizzano la tecnica di piegatura di un foglio di carta per ottenere, senza forbici o colla, modelli di piante, animali, fiori per creare oggetti di design. Prendono spunto dall’Origami per realizzare, con carte colorate, confezioni per dolci. Ma anche gli italiani non scherzano, Sergio Caltroni “valorizza in maniera creativa il materiale povero imprimendogli una decorazione con la tecnica dell’assorbimento data dalle cartucce reciclate” (A.Deplano). Roberto Giacomucci, propone, con lo sgabello in cartone e solidissimo, un aspetto del prodotto realizzato in serie. Rosa Maria Rinaldi “nella sua opera tridimensionale inserisce piccoli disegni diversi tagliati casualmente che si ricompongono in modo da formare un unico universo disegnato”( sempre la Deplano che scrive). E poi Luciana Massironi che fa gioielli di carta e Luca Rendina che ne fa tappeti. Mentre Anna Deplano introduce il pubblico in sala sui misteri cartacei dell’esposizione, dietro di lei, scorre un video davvero suggestivo per creatività e originalità che agisce da elemento connettivo tra lo spazio dell’Acquario e la mostra. Giorgio Piga, anche lui cagliaritano doc, mi dice che è il primo che realizza. E’ un ragazzone di ventisei anni venuto a Milano per studiare allo IULM, la facoltà di comunicazione, relazioni pubbliche e pubblicità. Lui segue un biennio di “gestione del patrimonio culturale” e spera che, una volta finiti gli studi, anche gli italiani si accorgano quanto possa essere redditizio l’uso oculato del nostro immenso patrimonio d’arte. Il vero petrolio della italica nazione. Nonostante i crolli di Pompei e quelli politici dell’ex ministro Bondi. Per la serie: le mani sei sardi sulla mostra, anche un elemento dei due suonatori che accompagna, alla fine, il video è nato nell’isola nostra. Marco Fadda ha 28 anni, di Muravera, suona il piano digitale elettronico anche se nasce come organista. Ha un nonno importante per quello che riguarda la musica sarda, Aurelio Porcu di Villaputzu, grande suonatore di launeddas ( il musicologo danese Weis Bentzon raccolse su nastro magnetico molte delle sue composizioni) profondo conoscitore di tutte le sonate da ballo, si è esibito nelle feste popolari e ha partecipato a innumeri incontri internazionali di musica popolare, non solo come suonatore ma anche come cantante e ballerino. Il nipote è qui dal 2005, dopo un disastroso esame alla civica di jazz si è diplomato e ora suona con buon profitto nei locali e nei bar di Milano. Dice che son due anni che manca da casa ma quest’estate non mancherà di tornare in Sardegna. Anna Deplano in quel di Cagliari è spesso ad esporre le sue opere ( al Lazzaretto di sant’Elia, la memoria e il compasso nel 2008, al Thotel con Metalli.Ca nel 2009)qui ha portato le sue borsette di carta reciclata. In internet si vendono suoi gioielli, sempre di carta, a prezzi fortunatamente molto lontani da quelli d’oro o di platino. Qui alla mostra una modella statuaria esibisce una collana di carta con andatura di regina. Non ho coraggio di chiedere cosa possa costare il “gioiello”, questi pezzi unici di design anche se di materiali poco pregiati possono arrivare a cifre considerevoli. Anna comunque è un’eclettica: costruisce con tutto. E le sue opere girano per l’Italia e l’Europa, l’anno scorso ben due volte a Milano e una ad Alessandria (Design per il corpo). I suoi gioielli di carta “on line” sono a costi che non spaventano neppure un pensionato: si va dalla spilla che viene via a 27,90 euro a un “Trybal”, specie di collana tribale che ne costa 171 netti. Non che ne abbia visti molti in giro, di gioielli di carta, ma forse, anzi è senz’altro così, non frequento i posti “giusti”, se non per lavoro giornalistico. Questa mostra è sponsorizzata anche dalla Fasi di Tonino Mulas, a dimostrazione che la comunità associativa sarda ha un’apertura culturale a trecentosessanta gradi. Certo la Deplano è una fucina d’invenzioni perenne, curiosa del mondo dell’arte fino a cercare in Oriente assonanze e similarità nascoste nelle pieghe dell’Origami. O nella pesantezza del Raku. Cagliari però è sempre la tentazione delle sue primavere. Saranno i sei fratelli che abitano, tutti, la casa comune a richiamarla lì o la nostalgia del profumo del pane appena sformato dal negozio di babbo. Quel pane irripetibile che lievitava coi sogni dell’infanzia, assurdi e irrealizzabili, che so: quando, da grande, esporrò le mie borsette di carta, tra i pesci rossi e blu del mare di Milano.