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L’Unione Europea ha pubblicato la lista dei quaranta porti strategici per i prossimi anni: riceveranno milioni e milioni di finanziamenti, avranno agevolazioni, saranno coccolati. Nove sono in Italia, ma nella lista non c’è neanche un molo della Sardegna e della Sicilia. Le due isole sono state bocciate (scarse infrastrutture) dall’Istituto Nea e dall’Università di Leeds. Mentre il nostro ministro nazionale ai trasporti, Altero Matteoli, nato a Cecina, in Toscana, con un colpo di coda, è riuscito a infilarci un porto a lui vicino, Livorno, prima escluso dalla lista. A denunciare bocciature e promozioni dell’ultim’ora è stato il presidente dell’Assoporti, Francesco Nerli. Questa la sua dichiarazione, in un recente convegno a Genova: «Lasciare le isole fuori dalla rete Ten-T – ha detto – vuol dire emarginare due regioni che hanno più della popolazione di altri paesi che invece sono dentro». Francesco Nerli il suo disappunto lo ha replicato, qualche giorno dopo, nella tana elettorale del ministro, in Toscana, ma non certo per dire che «Livorno doveva essere escluso», bensì sottolineare: «Purtroppo nel silenzio del governo sono stati depennanti oltre alla Sardegna e alla Sicilia, anche i porti di Napoli e La Spezia». Quattro scandali in uno, secondo l’Assoporti, che dal ministro avrebbe voluto «lo stesso impegno dimostrato per far rientrare lo scalo toscano nell’elenco delle eccellenze europee». Che sono: Genova, Savona, Livorno, Venezia e Trieste Bari, Brindisi, Taranto e Gioa Tauro. Niente da dire sulle scelte delle commissione di esperti, il porto industriale di Cagliari ha sulle spalle un recente meno 11 per cento nel traffico container, ma l’esclusione delle due isole dalla rete sconcerta e non poco. Soprattutto perché con i molti miliardi, 220, promessi da Bruxelles per «aumentare la competitività logistica europea nei rapporti con il resto del mondo» anche la Sardegna – da Cagliari a Porto Torres – e la Sicilia potevano recuperare buona parte del ruolo strategico non riconosciuto. O meglio non apprezzato anche per colpa di due regioni che hanno fatto ben poco per «stare al passo con il mercato» – è scritto nella relazione dell’Istituto Nea – confermato tra l’altro dagli scarsi investimenti sui trasporti marittimi., ma anche lo Stato non ha certo aiutato chi era in difficoltà. Ci sono tre esempi che confermano questa tesi: per ottenere gli sconti sui costi di attracco ed essere così competitivi, i porti italiani hanno dovuto aspettare due anni. Oppure per quanto riguarda Cagliari la zona franca è ancora un miraggio, mentre dovrebbe essere una certezza. Terzo esempio: dal sito dell’Autostrade del mare risulta che nessuna rotta da e per la Sardegna è stata inserita in questo secondo elenco di privilegi. Se l’Europa ha voltato le spalle alla Sardegna, è stato Matteoli a darle il colpo di grazia. Doveva pensare a Livorno.