INTERVISTA A RAFAEL MEDINA, GIOVANE SCRITTORE DI ORIGINE SARDA CHE RACCONTA IL SUO AMORE PER IL "FANTASY"

Rafael Medina è lo pseudonimo di Raffaele Congiu, che ha appena pubblicato "Sigvard - Gli alfieri del tempo"

Rafael Medina è lo pseudonimo di Raffaele Congiu, che ha appena pubblicato "Sigvard - Gli alfieri del tempo"


di Valentina Usala

Medina2Se per caso, in una delle tante giornate stancanti e a tratti monotone, anche tu venissi attaccato da una delle figure più temute nella storia delle leggende, come potrebbe cambiare il tuo destino? Se fosse un vampiro a farti visita, come reagiresti? Forse anche tu saresti costretto a tuffarti nel passato, nel tanto discusso Medioevo. Da questo pretesto nasce la sua storia, il suo primo romanzo, che intriga il lettore nella coinvolgente cornice del fantasy gotico. La mano che ha tinto arazzi d’inchiostro su carta, è quella di Rafael Medina. Si presenta sdoppiando la sua figura, creandosi un alter ego.
Chi è Rafael Medina? Rafael Medina è uno pseudonimo, il mio vero nome è Raffaele Congiu. Ho pensato tanto se fosse il caso di utilizzare un nome d’arte per i miei scritti e alla fine ho deciso di adottarne uno. I motivi per cui artisti, ma anche persone comuni decidono di celare la propria produzione artistica dietro uno pseudonimo, sono davvero tanti e io posso parlare solo del perché ho deciso di fare così. Nel mio caso ho ritenuto che Raffaele Congiu avesse altro da fare nella sua vita. Sono nato nel maggio del 1975 e sono cresciuto a Cagliari dove ho studiato, vissuto e iniziato la mia professione; attualmente, però, risiedo a Pisa, dove svolgo la mia attività di chimico specializzato nella decontaminazione ambientale. Per quel che mi riguarda non c’è poi tanto da dire; sono un ragazzo di 36 anni con la sua storia di vita vissuta, che lavora, qualche volta si diverte e che come tanti deve ancora capire cosa fare da grande.
Sorrido e trovo originali le sue ultime parole.  Parlami della tua opera. “Sigvard- Gli alfieri del tempo” è il tuo libro, pubblicato da Arkadia Editore di Cagliari nel giugno 2010 e inserito nella collana Narrativa Eclypse (per info. www.arkadiaeditore.it): È il mio primo romanzo e quindi ha per me un enorme valore affettivo. La storia si sviluppa e si intreccia in epoche diverse. Ai giorni nostri Ryan, il protagonista, subisce l’attacco di un vampiro e diviene un vampiro a sua volta; nemmeno il tempo di abituarsi a questa sua nuova condizione, che viene avvicinato da Bersot, uno strano guerriero di razza elfica che vuole utilizzarlo per i suoi scopi. Bersot conduce Ryan indietro nel tempo di circa mille anni, in pieno medio evo, e qui il nostro protagonista viene in contatto con altri personaggi.
Ognuno dei personaggi è dedito a far si che Ryan apprenda numerosi talenti che gli serviranno per affrontare il malvagio della storia: Sigvard. La storia di Sigvard affonda le sue radici alla fine del decimo secolo dopo Cristo; lui è infatti il primo vampiro mai apparso sulla Terra ed è stato creato dalle Forze del Male in seguito a un desiderio espresso dallo stesso Sigvard. La vita di Sigvard è sempre stata difficile, fin dalla sua nascita, avvenuta a causa di uno stupro di un padre verso la sua stessa figlia; la madre di Sigvard è pertanto anche sua sorella. Divenuto vampiro, Sigvard opera incurante dell’umana natura, pensando soltanto ad incrementare il suo potere, finché dopo circa mille anni, diviene però una minaccia per il genere umano. Da qui l’intervento degli alfieri del tempo e il coinvolgimento di Ryan. Direi che il libro racconta una storia in cui flash – back e presente convivono fino ad incontrarsi negli ultimi capitoli, in cui gli intrecci si sciolgono e i tanti fili si incontrano in un unico filo conduttore. Il finale poi, benché si abbia la sensazione di poterlo intuire durante la lettura, non è affatto scontato.
Dopo aver prestato attenzione alle sue parole, all’intreccio curioso e avvincente, mi sorge spontaneamente un’altra domanda. Come nasce l’amore per il fantasy? Un genere letterario, nel quale uno scrittore deve sapere affondare la mente nei meandri più ostinati dell’immaginazione e della creatività. Da ragazzo, con i miei amici ci si radunava a giocare di ruolo in ambientazioni medievali tipiche del canovaccio fantasy. Direi che è un’ambientazione perfetta per lavorare di fantasia. Nei tempi andati si creava molto di più e sia il coraggio degli uomini e le scoperte che al giorno d’oggi possono sembrare anche banali, in realtà hanno cambiato il mondo. Solo trent’anni fa, insieme ai miei amichetti, si giocava per le strade e si facevano dei giochi che coinvolgevano i bambini senza che necessariamente si dovesse fissare uno schermo e agitare dei joystick. In trent’anni il mondo è stato stravolto e oggi i bambini non giocano più fra loro né per le strade… e stanno perdendo fantasia. Credo che mille anni fa la fantasia di un bambino fosse talmente fulgida che creature immaginarie (forse!) come draghi e vampiri prendevano vita. E continuano a vivere anche ai giorni nostri.
Proseguo concordando con lui: purtroppo è così! I bambini, il futuro del domani, hanno perso il gusto della vita sana e genuina. Ma torniamo a noi! Mi hai parlato dei giorni nostri … Nei tuoi racconti di fantasia, trai ispirazione dalla realtà? Parecchio a dire il vero. Credo che nessuno scrittore sia in grado di immaginare delle storie talmente intrecciate come quelle che giorno per giorno ci scorrono sotto il naso. La storia passata soprattutto, i dilemmi e i tutti i casi irrisolti, anche attuali, che la realtà bolla come mistero, è quanto di più affascinante possa trascrivere nei miei racconti. Esistono personaggi reali talmente carismatici o così allucinanti e spassosi, che credo sia impossibile non rimanere a bocca aperta di fronte a quanto materiale umano la realtà ci offre. Nei miei personaggi c’è sempre qualcosa di rubato alla vita di qualcuno che realmente respira e cammina.
E nella vita di oggi, Sigvard può trovare una personificazione (anche nel senso astratto del termine) nel mondo moderno? Rispecchia la tua visione personale di ciò che ci circonda? Direi di si. Sigvard nel libro rappresenta il male. Un male così profondo e fine a se stesso che non può che provocare repulsione. Eppure, sebbene non ne sia il protagonista, è il personaggio che dà il titolo al romanzo. Sigvard è fascino puro. Rappresenta la libertà che ciascuno di noi, nei limiti dettati dal buon senso, vorrebbe avere. È un vampiro molto potente e fa quel che vuole della sua vita e, molto spesso, anche di quella degli altri. È una libertà estrema, se vogliamo, ma che in fondo non è estranea ai comuni comportamenti che si riscontrano nel mondo animale e non è estranea nemmeno a noi. Noi ci muoviamo all’interno della nostra libertà, limitata da dogmi, coscienza e leggi. Sigvard non agisce così. Sigvard si prefigge degli scopi e li persegue, costi quel che costi. Machiavellicamente, oserei dire. A lui non importa se per mandare a buon fine il suo scopo, reca danno al prossimo. Sigvard si sente libero di fare quel che vuole, perché è ben conscio che potrebbe contrastarlo. Almeno così ritiene lui. Questo delirio di onnipotenza non era raro da incontrare nei potenti dei tempi passati … e se ben ci pensiamo è piuttosto comune anche in questi tempi moderni.
Rafael, questo è un blog letto da sardi e sardi emigrati in tutto il mondo, ma non solo! Parlami del tuo legame con la Sardegna. La Sardegna è la mia Terra. È un’isola ricca di meraviglie, emerse e sommerse. La conosciamo tutti. Un vero paradiso per le vacanze estive. La Sardegna emana un fascino antico per la sua storia che comincia ben prima della storia Romana e, se le recenti ipotesi archeologiche fossero confermate, l’Isola potrebbe essere identificata con la mitica Atlantide. Eppure il mio legame con la Sardegna non c’entra niente con tutto questo. È un legame di tipo umano. È lì che vive la mia famiglia, i miei genitori e i miei più cari amici. Non è tanto l’isola in sé. Esistono dei luoghi in tutto il mondo che sono stati capaci di farmi inginocchiare e rendere grazie; ho reso grazie tanto per i colori delle dolomiti al tramonto, quanto di fronte al Bacio di Klimt. I miei ricordi sono saldamente legati ad alcuni luoghi che si trovano in Sardegna, luoghi in cui ho vissuto da bambino o da ragazzo, ma che inevitabilmente sarebbero niente senza le emozioni umane che li hanno contraddistinti.
Siamo giunti al termine di questa chiacchierata e permettimi di togliermi ancora una curiosità. Sei un chimico, giusto? La tua professione è profondamente legata a ciò che è tangibile. Sei estremamente eclettico, la tua mente riesce a sdoppiarsi, così come la tua persona… non propendi solo a ciò che è scientifico! Complimenti! In aggiunta alla tua professione principale quindi, sei anche scrittore. Oltre ad essere un lavoro, cosa significa scrivere per te? Ti ringrazio tanto. In effetti, come ti dicevo, devo ancora capire cosa fare da grande. Scrivere è una grande passione. Una valvola di sfogo. Un luogo dove ci si può rifugiare quando si vuole mantenere un po’ le distanze da questa realtà così pragmatica. Dare vita a un personaggio, dargli un corpo, sentirne il suono della voce nella tua mente… è una cosa a cui non rinuncerei tanto facilmente. Non nego che mi piacerebbe che da semplice passione si tramutasse in qualcos’altro, che magari diventasse la mia attività principale.

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