di Valentina Telò
Una esperienza unica quella appena vissuta in Sardegna. Per me un approccio ulteriore al mondo associativo delle comunità sarde. Associazioni che hanno assunto un ruolo storico per la crescita ed il mantenimento dell’identità culturale, hanno contribuito e ancora oggi contribuiscono al processo di sviluppo dei diritti di cittadinanza, di partecipazione e di rappresentanza, unitamente ad altre forme associative a carattere di promozione sociale e nazionale. L’associazionismo dei sardi è inserito dentro questo processo di cambiamento, portando nel dibattito la valorizzazione delle nuove generazioni. L’emigrazione dei sardi è fenomeno relativamente più recente rispetto alla gran parte delle altre Regioni italiane. Se si escludono i primi movimenti del secolo XIX verso l’Uruguay, Argentina, Brasile (le prime notizie di emigrazione sarda verso il Brasile risalgono al 1824) e verso gli USA (Rhode Island) è il periodo a cavallo tra le due grandi guerre e poi quello della crisi delle miniere che vede una migrazione di popolo. Nascono da questo i motivi per cui per i sardi il concetto di emigrato si estende a tutti coloro che hanno lasciato l’isola perché costretti dal bisogno anche se si sono fermati dentro i confini dello Stato italiano. Il bisogno di mantenere le relazioni tra chi lasciava l’isola, tra di loro e con la stessa Sardegna, la condizione di isolano, considerata in positivo, la necessità di esprimersi con la propria lingua, l’attaccamento alle radici ed alle tradizioni, hanno agevolato sin dalle prime esperienze la costituzione di associazioni e di “Circoli” visti come luogo fisico dove vivere, anche se lontani, da sardi ed alla maniera dei sardi, momenti di aggregazione sociale, culturale. L’attività di sensibilizzazione nei confronti dell’Amministrazione Regionale portano alla promulgazione della prima legge specifica che dispone i primi interventi ufficiali a favore degli emigrati sardi con interventi assistenziali alle famiglie, mutuando da quanto da alcuni anni le organizzazioni cattoliche già svolgevano. Ma si deve attendere l’anno 1972 perché in Sardegna si prenda coscienza della realtà che una gran parte dei sardi viveva. La Conferenza svoltasi ad Alghero nel 1972 constata la necessità di una mobilitazione in Sardegna non solo per i diritti degli emigrati ma per lo sviluppo complessivo dell’Isola nella consapevolezza che solo con esso si potesse arginare il flusso di chi lasciava l’isola e che aveva ormai raggiunto livelli preoccupanti. I “Circoli” divengono luoghi di dibattito politico, si rafforzano i legami con le istituzioni in Sardegna, si organizzano con organi democratici e nascono nei vari Stati le prime “Leghe” Nazionali, organismi di coordinamento dei circoli ma anche luoghi di rappresentanza politica, cresce la partecipazione degli emigrati alle elezioni politiche ed amministrative in Sardegna, a costo di oneri finanziari da sostenere personalmente, per affrontare le spese di viaggio. Bisognerà attendere il 1989 perché con la “Conferenza Programmatica” tenutasi a Cagliari vengano riconosciuti ai sardi non residenti la parità dei diritti per consentirne e garantirne la partecipazione alle scelte politiche, economiche e culturali in Sardegna. Si arriva così alla formulazione della Legge Regionale n. 7/91, ancora oggi vigente così ampiamente discussa nel Meeting di Chia. Non più soltanto associazioni di carattere etnico-regionale, ma organizzazioni culturali e di promozione della cultura sarda; non più associazioni con le quali i sardi richiedono assistenza e solidarietà, ma vere e proprie vetrine dell’isola. Luoghi di incontro in grado di diffondere informazioni e di confrontarsi con le società dove sono inseriti, divenendo punti di riferimento per chi all’estero è interessato alla Sardegna. I circoli sono punto di riferimento per i sardi ed i loro discendenti e risulta evidente quale sia la loro importanza per il mantenimento e la trasmissione dei valori e delle tradizioni proprie della cultura sarda. Ciò risulta molto evidente nei circoli d’oltreoceano, America del sud ed Australia, paesi dove i flussi migratori sono cessati da oltre 40 anni, con una presenza numericamente poco numerosa di emigrati sardi, nati in Sardegna, ma con una popolazione di discendenti numerosissima ed attiva alla quale sono oramai affidate la gestione delle associazioni e le attività sociali e culturali. Molto attivi fra l’altro i giovani giunti dall’Argentina: determinati ed agguerriti. Sardi di doppia cittadinanza che vogliono sentirsi partecipi della vita culturale della Sardegna, mantenendo vive tradizioni, cultura e lingua, sardi di passaporto italiano ovvero sardi di cuore come molti amano definirsi. Un cenno particolare deve essere fatto per quanto riguarda i Circoli sardi dell’Italia e la loro Federazione. La loro esistenza e la loro attività sociale e culturale, risulta quanto mai utile per essere punto di riferimento per i numerosissimi giovani che negli ultimi anni hanno ripreso la via dell’emigrazione verso i paesi europei e verso il nord Italia.