di Efisio Planetta
In data 26 maggio 2011 a Palazzo Chigi, alla presenza di Gianni Letta Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Stefania Prestigiacomo Ministro dell’Ambiente, Paolo Romani Ministro dello Sviluppo Economico, Maurizio Sacconi Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Paolo Scaroni Amministratore Delegato Eni, Catia Bastioli Amministratore Delegato Novamont, il Presidente della Regione Sardegna ha sottoscritto col Governo nazionale, Eni e Novamont Spa, il protocollo d’intesa sulla Chimica Verde a Porto Torres in cui le parti firmatarie si impegnano a favorire la riconversione industriale del sito petrolchimico di Porto Torres – che conta oltre 2.000 lavoratori compresi quelli dell’indotto – “in un polo di produzione di monomeri-bio, bio-plastiche, bio-lubrificanti, additivi per gomme ed elastomeri nonché di cogenerazione da biomasse” che costituisca “volano per la ripresa dell’economia locale del comparto chimico e di quelli collegati dell’agricoltura, della ricerca e dell’innovazione” e per “promuovere lo sviluppo e l’utilizzo su larga scala di fonti energetiche compatibili”;
– l’accordo prevede la costituzione di una joint venture paritetica per la realizzazione e gestione, di un nuovo “polo verde” con impianti produttivi di monomeri bio, lubrificanti bio, biofillers, intermedi/additivi bio per elastomeri e bioplastiche con centrale elettrica “a biomasse” e utilizzo di tecnologie Novamont e materie prime rinnovabili, che abbia, quali elementi fondamentali di innovazione, la piena compatibilità ambientale in tutte le fasi del ciclo produttivo, dell’uso e del fine vita; il legame strategico con il territorio mediante l’integrazione di filiera con la selezione e coltivazione di specifiche colture locali in grado di assicurare l’accesso alla materia prima di origine agricola, con attenzione al riutilizzo degli scarti; la rilevanza della ricerca e tecnologia nello sviluppo di nuovi processi e prodotti, ed i cui punti critici sono però rappresentati dalla tipologia delle produzioni agricole da utilizzarsi e, soprattutto, dalla chiusura delle attuali produzioni della chimica di base (punto che ha determinato forti agitazioni sindacali in particolare della Cgil di Sassari) e dalla questione delle bonifiche ambientali per tutta l’area all’interno del sito petrolchimico di Porto Torres di proprietà Polimeri Europa/Syndial (Eni), pari a circa 2000 ettari;
– il progetto (che dovrebbe svilupparsi nel corso dei prossimi 5 o sei anni) presuppone la chiusura di tutti gli impianti della “chimica di base” dello stabilimento di Porto Torres e la costruzione dei nuovi impianti con il contestuale avvio delle attività agricole fondamentali per dare “materia prima” agli impianti, mentre rimangono ancora indefiniti molti particolari sia dei processi industriali proposti che i pesanti risvolti sociali ed occupazionali che la proposta dell’Eni determina (mancano ancora precise garanzie per i lavoratori occupati, in particolare quelli dell’indotto, e sui tempi delle bonifiche dei terreni inquinati,
considerato che:
– su proposta di enti locali, sindacati e regione, il protocollo per la chimica verde siglato a Palazzo Chigi è stato arricchito con un “addendum” (un allegato aggiuntivo contenente il verbale dell’accordo politico che rappresenta la mediazione sociale e che riguarda la fase di transizione, siglato dalla Giunta Regionale, enti locali interessati e sindacati sardi e fatto proprio come allegato dell’intesa) che prevede che la Regione Sardegna promuova e coordini un tavolo regionale di supporto al coordinamento complessivo del progetto, come disciplinato dalla stesso articolo 7 del protocollo, a cui partecipano, oltre ai rappresentanti regionali, fra cui enti locali e organizzazioni sindacali, anche un rappresentante del Governo nazionale e uno di Eni, e tale da essere il luogo permanente del confronto a livello regionale sui temi e sugli impegni del protocollo e che si occuperà principalmente di affrontare:
- le azioni tese alla tutela dei lavoratori dell’indotto e del sistema delle imprese locali anche mediante la loro utilizzazione negli interventi di bonifica e nella esecuzione degli interventi di realizzazione degli impianti oggetto del protocollo d’intesa; anche tramite una apposita Agenzia regionale;
- il monitoraggio al fine di garantire precisi tempi di inizio e realizzazione delle attività di bonifica e verifica delle risorse da destinare a dette bonifiche;
- la disponibilità di aree ed infrastrutture al fine di consentire l’insediamento di nuove attività produttive, anche con la messa a disposizione delle aree non utilizzate del sito industriale;
- la definizione di un piano di reindustrializzazione delle aree interessate, con specifici interventi straordinari;
- l’utilizzo di aree esterne all’attuale perimetro industriale per la sperimentazione agricola, con la compartecipazione degli Enti regionali e dell’Università;
- il tema della nuova centrale elettrica a biomasse e la sua coerenza con il piano regionale energetico e della produzione da fonti rinnovabili;
– nella conferenza stampa di presentazione sulla “chimica verde” a Porto Torres, l’amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, ha dichiarato che l’investimento previsto sarebbe stato di complessivi 1,2 miliardi di euro, così suddivisi nei diversi progetti: 450 milioni di euro per i prossimi sei anni nella “chimica verde” (in cui si avrà la piena produzione nel 2013); 230 milioni di euro come Enipower per produrre energia elettrica da biomasse; 500 milioni di euro per tutte le bonifiche del sito che sono 600 ettari inquinati (anche se le bonifiche dovrebbero essere di per se un atto dovuto), e infine 50 milioni di euro per un centro di ricerca focalizzato sulle tecnologie della chimica di nuova frontiera. Saranno impiegati poi 50 milioni di euro per le infrastrutture industriali e la realizzazione del centro di ricerca di carattere universitario. Infine, da Enipower saranno spesi fino a 230 milioni di euro per la nuova centrale a biomasse e l’adeguamento di quella esistente;
– lo stesso Presidente della Regione Sardegna ha commentato la sigla del protocollo d’intesa relativo al progetto Eni-Novamont per la riconversione del sito di Porto Torres a più grande polo d’Europa per la chimica verde, essere “Un piano innovativo, idoneo a conquistare i mercati e a creare nuova impresa e nuova occupazione in Sardegna”,
rilevato che:
– la Sardegna produce Energia Elettrica per 12-13mila GWh/anno (circa l’8% in più del nostro consumo, con il prezzo del MWh mediamente superiore del 30-35% a quello del resto del Paese) e l’incremento di un punto di PIL richiede da noi 496,6 MWh/M€ contro i 277 della penisola, associato ad emissioni di CO2 rispettivamente ~456 e ~220 di ton/M€, nonostante i bassi costi di produzione relativamente all’impiego prevalente di combustibili fossili (TAR, Carbone, derivati dal petrolio), e con una grande quantità di EE (circa la metà) che viene acquistata a tariffe incentivate (circa il doppio del prezzo corrente attraverso i meccanismi del CIP6 ed i certificati verdi) in quanto prodotte da fonti assimilate; fra le fonti rinnovabili nel precedente PEARS la scelta predominante era indirizzata per lo più verso le Biomasse che risultano almeno in Italia una fonte “ambigua” perché una legislazione disinvolta (DLgs 387/2003) sotto infrazione da parte della Commissione Europea, include tra le fonti energetiche ammesse a beneficiare del regime riservato alle fonti rinnovabili, la frazione non biodegradabile dei rifiuti ed i combustibili derivati da rifiuti (CDR) con conseguente emissione di sostanze tossiche; secondo la Autority del’energia l’incentivo statale a tali fonti assimiliate porta a distorsioni del mercato che continueranno a gravare sui consumatori finali almeno fino alla scadenza naturale delle convenzioni, che dovrebbe avvenire non prima di 7-10 anni, anche se la loro incidenza tenderà progressivamente a diminuire;
– nella proposta Eni/Novamont è prevista la “realizzazione di una nuova centrale elettrica alimentata a biomasse”, indicata nella capacità a volta di almeno 40 MWe, che potrebbe verosimilmente configurarsi nel pericoloso e malcelato disegno di far lavorare un impianto per incenerire rifiuti e/o combustibili derivati da rifiuti (CDR) (eufemisticamente detto “termovalorizzatore”), che andrebbe a fungere da terminale dei rifiuti sardi e/o anche di quelli esterni tenendo conto delle grandi quantità richieste per alimentare tale potenza ; il tutto all’interno della conferma per il sito turritano del centro di stoccaggio e di combustione di eventuali rifiuti speciali pericolosi, tipo FOK, verosimilmente prodotti fuori dalla Sardegna che andrebbero ad alimentare un seconda centrale con potenza da 160 MWe
atteso che:
– ci si trova quasi certamente di fronte alla più impegnativa operazione economica (e quindi politica) degli ultimi trent’anni in Sardegna (impiego dei terreni circostanti per la produzione di materie prime ad alto contenuto oleico necessarie alle nuove produzioni, con investimenti per 100 milioni nella prima fase, poi via via 50, 300, 50, 230 a completamento dell’intero progetto), i cui effetti condizioneranno per un lungo periodo l’economia sarda nell’industria, nell’agricoltura e nei trasporti, con evidenti conseguenze sul turismo e sull’intero tessuto sociale, culturale ed economico, il tutto assunto con decisioni che paiono affrettate e/o poco ponderate in riferimento alla reale convenienza per la Sardegna, quasi sotto il ricatto di circa seicento posti di lavoro (con un incidenza di un milione e mezzo di euro a posto di lavoro) e con la stessa difficoltà delle nostre istituzioni, così come nel passato, a rispondere al problema occupativo e ad esercitare un reale potere di controllo che nel caso in questione dovrebbe avvenire attraverso una formula burocratica che lascia nelle mani del presidente della R.A.S. la missione di vigilare sul rispetto degli impegni assunti, sorvolando sul cracking, ma con qualche impegno in più sui lavori dell’indotto (negli interventi di bonifica e nella costruzione degli impianti “anche tramite una apposita agenzia regionale”),
chiedono di interpellare il Presidente della Giunta Regionale per sapere:
– se sia davvero praticabile da parte di questa Amministrazione Regionale un ripensamento dei modelli di sviluppo verso concetti di sostenibilità economica, sociale e sanitaria tale da guidare comportamenti e azioni politiche conseguenti e coerenti e se fra le misure urgenti che questa Amministrazione intenda adottare vi siano nell’immediato, anche quelle di:
a) porre in essere tutte quelle precauzioni e tutele tali da garantire il reale diritto alla salute dei Sardi chiarendo se la prevista centrale a biomasse non nasconda in realtà il tentativo di mettere in funzione un inceneritore per rifiuti solidi urbani anche extraregionali , altrimenti detto “termovalorizzatore”;
b) esigere la Valutazione di Impatto Sanitario (VIS) che preveda quali siano i reali costi sanitari che il progetto in questione potrebbe determinare;
c) dotarsi di uno strumento di consultazione della popolazione, quale quello referendario, non accettando la strada degli accordi “riservati e segreti” che non può essere contemplata da nessun ordinamento democratico, soprattutto in circostanze di così grande rilevanza, riferite in particolare alle ricadute sanitarie sulla popolazione, che riguardano la gestione del territorio in termini di risorse e di progettualità di queste dimensioni;
d) chiarire come, in base al nuovo Piano energetico regionale giustamente indirizzato verso le fonti rinnovabili legate all’energia solare, viene collocato l’intervento denominato “Chimica verde”, riferito alla centrale elettrica a “biomasse” per la produzione energetica e , nel caso, quale sia la relazione con il piano regionale dei rifiuti;
e) esigere un progetto concreto di impatto ambientale riferito all’impiego di larghe estensioni per coltivazioni intensive di biomasse (l’Eni/Novamont intenderebbe partire subito nel mettere a coltura agricola più di mille ettari di terreni non inquinati o facilmente disinquinabili della zona industriale di Porto Torres);
– se non ritenga che la Sardegna si trovi per l’ennesima volta di fronte ad un problema di sovranità sul proprio territorio e sulle proprie risorse.