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Gli emigrati hanno una forza che dovrebbero inscatolare e importare da dove sono partiti, dalla Sardegna. C’è da imparare, nel vederli presidiare, focosi, instancabili, addobbati, piazza dei Santi Apostoli, fra Montecitorio e palazzo Odescalchi. Sono in trecento, sotto un sole che picchia pesante, ma per quattro ore eccoli duri e puri nel gridare: «Niente ponti, noi vogliamo la continuità territoriale». Sono arrivati dappertutto, per scandire quello che la Federazione nazionale degli emigrati ha scritto su un foglietto che hanno tutti: «Il caro traghetti è una vergogna, uccide il turismo e affossa la Sardegna». Sono loro l’avamposto della protesta, sono ammirevoli nello sventolare i «Quattro Mori», nell’avvolgersi in quei vessilli che portano nel cuore e nella testa. Saranno grandi, perfetti, nell’applaudire chi al microfono si infervora sullo slogan del momento: «Il federalismo è una falsità se non riconosce l’insularità». La rima è baciata, soprattutto è bella. È stato un passa parola entusiasmante, la chiamata a raccolta ha funzionato e il foglio delle presenze è zeppo: da Torino a Varese, da Mestre a Ciampino, da Zurigo a Livorno. Ogni delegazione ha un suo striscione, uno dei più belli è questo: «Fratelli, se non ci salviamo da soli, chi ci salva?». Nessuno, dice Tonino Mulas, presidente della Federazione dei sardi in Italia, che parla a braccio ed è un vulcano: «Gli armatori privati volevano banchettare sulla Sardegna. Le loro tariffe hanno ancora il sapore di una vergognosa speculazione». Anche sulla loro pelle, come dice Serafina Mascia: «Prima da Padova ritornavo a casa due volte l’anno, ma con questi prezzi potrò farlo solo a fine agosto». Parlano in molti, altri pensionati, padri di famiglia, ragazzi e ragazze, ognuno racconta la sua storia. Pensieri in libertà, carichi di rabbia, inframmezzati dagli interventi di Mario Segni, del presidente della provincia di Roma, Nicola Zingaretti, del deputato pd Giulio Calvisi, che il 20 giugno presenterà una mozione sui trasporti calmierati. È un via vai di parlamentari, messi in fila con cortesia femminile da Gianfranca Canu, presidente del circolo di Marchirolo. Le promesse sono molte, e Tonino Mulas dice secco: «Se voi politici non fate subito qualcosa, allora faremo da soli, con una legge d’iniziativa popolare che restituisca ai sardi il diritto di viaggiare». Montecitorio è lì a un passo, il messaggio è arrivato. Altrimenti gli emigrati da esportazione occuperanno i porti.