di Paolo Pulina
Sappiamo che il canonico Giovanni Spano (Ploaghe 1803-Cagliari 1878), gloria indiscutibile di tutta la Sardegna, non disdegnava di dare spazio nei suoi scritti agli autori suoi compaesani, attribuendo a ciascuno di essi un valore che altri, non nativi di Ploaghe, spesso non erano disponibili a concedere.
Vediamo un caso non molto conosciuto. Scrive dunque Spano a pagina 56 del volume secondo della sua “Ortografia sarda nazionale, ossia, Grammatica della lingua logudorese paragonata all’italiana” (Kalaris, in sa imprenta regia, 1840): “La sarda favella è flessibile a qualunque altro genere di metro italiano, in cui procedono le istesse leggi. […] I Sonetti che hanno la medesima variazione di accordo come nell’italiano sono molto in uso presso i letterati. […] Piacemi riportarne uno del Teologo Giomaria Satta Ploaghese, stampato in Torino nel 1785, nell’occasione che accompagnò l’Arcivescovo Giacinto Olivieri a Sassari.
Non timas chi su pesu episcopale
Siat tantu gravosu ad palas tuas,
Qui non potas portare o portes male,
Et oppressu senz’adjudu in terra ruas.
Sanctu timore est custu puru, et tale,
Qui sos matesi Sanctos in sas cuas
Iscappare factesit, et a mortale
Est veramente grave, ma non fuas.
Sabiesa, doctrina, et Sanctitade,
Virtudes de sas quales ses ornadu
Movesint su Re nostru a ti elevare.
Tanta virtude, et tenner in Citade
Unu Timidei electu a Piscamadu,
Basta su sanctu pesu ad supportare”.
Vediamo il giudizio espresso su questo poeta da Giovanni Siotto Pintor (Cagliari 1805-Torino 1882) nella Storia letteraria di Sardegna (Cagliari, 1843-1844): “Tempo è di ragionare di coloro che sotto il dominio savoiardo scrissero brevi componimenti di circostanza. Ma perché il giudizio sia più sicuro e più ordinato il discorso partirò in tre classi i nostri poeti, secondoché mi paiano di appartenere all’Arcadia, alla scuola romantica, o alla classica, e per fuggire la nota d’ingiustizia, tralasciata ogni menzione di moltissimi che sono mediocri, o peggio, se già non trattisi di alcuni che per frequenza di scritture qualunque influirono maggiormente nella nostra letteratura, mi soffermerò alquanto in quelli altri che diedero prova migliore di sé, e da ultimo farò segno d’encomio coloro, che nelle passate e presenti condizioni dell’isola possono reputarsi come gli ottimi dei nostri poeti”. Tra coloro che “o per tenuità o per nullità o per assoluta mediocrità o pure per pochezza di scritture” Siotto Pintor non ritiene di “mentovare distintamente” viene citato anche Giovanni Maria Satta, teologo che – come specifica in altra parte della sua opera lo storico cagliaritano – “a subbietto di sue lodi tolse Filippo Giacinto Olivieri arcivescovo turritano”. L’opera in versi di don Giovanni Maria Satta Pulina (con il doppio cognome abbiamo l’identificativo completo del nostro autore) ricordata sia da Spano sia da Siotto Pintor è intitolata “Applausi poetici al novello arcivescovo di Sassari” (Torino, dalla Stamperia reale, 1785; 30 pagine in 8°) ed è disponibile, oggi, solo presso la biblioteca civica di Belluno.
Presso la biblioteca nazionale universitaria di Torino sono invece depositate due opere in latino di Satta Pulina che hanno carattere teologico: “Joannes Maria ex Plovace Sardiniensis ad pro-doctoris gradum in sacra facultate publice disputabat in Regio Taurinensi Athenaeo anno 1775, die 14. Decembris hora 10. matutina” (Taurini, ex Typographia Regia, 1775, 20 pagine in 4°) e “Satta-Pulina Johannes Maria ex Plovace Sardiniensis ad sacrae theologiae lauream publice disputabat in Regio Taurinensi Athenaeo anno aerae vulgaris 1777, die 23. Aprilis, hora 9. matutina (Taurini, ex typographia Ignatii Soffietti, 1777, 24 pagine in 4°). Ma chi fu l’arcivescovo di Sassari Filippo Giacinto Olivieri al quale il poeta Giovanni Maria Satta Pulina rivolse le sue lodi? Ce lo dice Damiano Filia nel terzo volume di “La Sardegna cristiana” (Sassari, Delfino editore, 1995): “A Sassari tramontava come meteora l’arcivescovo Filippo Giacinto Olivieri di Vernié, un anno appena e tre mesi dal suo arrivo (7 agosto 1785). Nell’aprile aveva inaugurato la sacra visita che continuò anche nei mesi estivi. Il 6 dicembre dopo la messa pontificale del Santo titolare nella metropolitana, era partito per Osilo. La tramontana agghiacciante lo colpì nel giorno dell’Immacolata, festa solenne della Collegiata, pure vi continuò a conferire le cresime. Rientrato quasi agonizzante in sede si spense molto rimpianto il 14, fra le braccia del conte Olivieri, suo fratello, arrivato qualche giorno prima a Sassari”. Filippo Giacinto Olivieri di Vernié era nato a Torino il 20 ottobre 1739 e aveva ricevuto la consacrazione il 25 novembre 1784. Anche Filia accenna alla “raccolta non migliore delle solite accademie versaiole” che riguarda lo sfortunato arcivescovo (già Siotto Pintor aveva citato anche un anonimo “che la traslazione di quel prelato celebrò al vescovado d’Acqui”). Certo Giovanni Maria Satta Pulina non sarà stato un grande poeta ma, allo stesso modo che può essere perdonata a Giovanni Spano l’enfatizzazione del valore del compaesano, anche a me che firmo questa rievocazione storica sia accordata benevolenza: anche io sono nato a Ploaghe (anche se da decenni vivo e lavoro a Pavia) e in più, come si può vedere, ho lo stesso cognome del poeta che ho voluto commemorare.
Pingback:Patrizia siotto | Swineflustoper
E’ sostanzialmente corretto il commento : il Siotto Pintor non amava molto i poeti e, pur non nominandolo, meno che mai il Giovanni Satta Pulina …