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Fuori tutti. Sessantadue pastori, tremila capre, 670 pecore, 960 buoi, 30 maiali, una dozzina di agricoltori con i loro vigneti, e persino i pesci di una cooperativa ittica nella zona di Capo San Lorenzo. In totale 4660 capi di bestiame. E il conseguente «divieto assoluto di qualsiasi attività agropastorale» in circa 130 chilometri quadrati di superficie. Mentre le attività militari possono proseguire. È il D-day dell’intera inchiesta. Fuori tutti dai dodicimila ettari del poligono: stavolta è un giudice che lo dispone. Fuori qualunque persona che non abbia una divisa e le stellette, fuori gli allevatori che da tempo immemore convivono con i militari e i test che si fanno nel poligono. Fuori chiunque non sia autorizzato dalla Difesa. Tutti alla larga anche dalle acque che nascono e si sviluppano nel poligono. Visto che con un altro decreto, il procuratore Fiordalisi dispone il sequestro probatorio delle sorgenti, dei corsi d’acqua che nascono dal bacino del rio Quirra e del sistema di accumulo e di condutture idriche che dal poligono attraversano diversi paesi e arrivano a Villaputzu e alimentano la frazione di Quirra ma, secondo alcuni testi, «potrebbero giungere all’intero comune di Villaputzu». La squadra mobile nuorese e la Forestale, su disposizione della Procura, mettono sotto sequestro probatorio anche le sorgenti, i canali, persino i pozzetti artificiali e di raccolta delle acque. Secondo la Procura della Repubblica di Lanusei, infatti, e alcune delle testimonianze, esiste il preciso sospetto che si tratti di acque inquinate dalle attività militari, visto che partono o vengono raccolte vicino alla zona dove si fanno i brillamenti, e poi riforniscono le case della frazione di Quirra. La ricostruzione del loro percorso è stata fatta dagli uomini del corpo forestale e dagli agenti della squadra mobile nuorese e della scientifica. La Procura e alcuni suoi consulenti, insomma, seguono un preciso filo logico: alcuni testi e consulenti hanno accertato che in alcune zone del poligono il terreno è inquinato da sostanze frutto dei test e dei brillamenti e dalla presenza di rottami metallici. Il tossicologo Pierluigi Caboni ha evidenziato la presenza di «metalli pesanti tossici, come cadmio piombo e antimonio in misura superiore al normale». Se queste sostanze esistono nel terreno, sostiene in sostanza la Procura di Lanusei e gli uomini della Mobile, allora possono essere passate nelle acque che poi arrivano in diverse case a valle. Le stesse acque nelle quali, è un altro sospetto, si potrebbe essere abbeverato l’agnello a due teste con tracce al suo interno di uranio impoverito che è stato analizzato a Bologna dal fisico torinese Massimo Zucchetti con il suo collaboratore Massimo Esposito. Eccolo qui, dunque, il “D-day” dell’inchiesta su Quirra. Il giorno che era nell’aria da tempo ma che nessuno, forse, si aspettava che arrivasse così in fretta, a quattro mesi esatti dall’avvio dell’indagine. Una giornata storica. Perché è dal 1956, dall’anno nel quale nasce il «poligono sperimentale e di addestramento interforze del salto di Quirra» che militari e pastori convivevano nello stesso terreno. È dallo stesso anno che il ministero della Difesa, probabilmente tenendo conto anche delle caratteristiche economico-sociali della zona, decide che non è il caso di far sloggiare i pastori dall’area. E che stellette e bestiame, entro certi limiti, possono convivere senza troppi problemi. Viene studiato anche una sorta di regolamento per la convivenza. Stabilisce, ad esempio, che gli allevatori non possono entrare nelle zone che vengono delimitate e segnalate prima di ogni esercitazione. Stabilisce anche che nelle giornate nelle quali, a causa dei test militari, gli stessi pastori non possono operare, hanno diritto a un indennizzo. E in tanti lo chiedono nelle giornate di magra. La convivenza fila liscia a lungo, per tantissimi anni. Il poligono si intreccia con i pastori, con la stessa vita di Perdasdefogu dove ha sede il comando dalla base. È fonte di lavoro per i civili, ci scappano anche diversi matrimoni “misti”. La base si fonde nel paese, diventa carne della sua carne. Un episodio della fine degli anni Cinquanta è illuminante a questo proposito. Nel terreno del poligono i militari non riescono più a recuperare un missile che era stato esploso durante un test. I pastori offrono la loro collaborazione e lo trovano. Lo trasportano al sicuro con un carro a buoi. C’è un murale, a pochi decine di metri dal cimitero di Perdas, che racconta questa storia d’altri tempi. Oggi, evidentemente, i tempi sono cambiati. La convivenza, questo mix complicato ma viscerale tra divise e civili, per i giudici non s’ha più da fare.