
Mario Piredda regista
di Maria Elena Tiragallo – Cinemecum.it
Tra i magnifici cinque c’era anche un regista sardo: Mario Piredda. Con il suo “Io sono qui” era entrato, nella cinquina dei finalisti per l’attribuzione del David di Donatello 2011 come miglior cortometraggio insieme a “Caffè Capo” di Andrea Zaccariello, “Jody delle giostre” di Adriano Sforzi, “Salvatore” di Bruno e Fabrizio Urso e “Stand by Me” di Giuseppe Marco Albano. Ad aggiudicarsi il David però è stato, come miglior cortometraggio, “Jody delle giostre” di Adriano Sforzi, mentre come miglior documentario di lungometraggio “E’ stato morto un ragazzo, Federico Aldrovandi che una notte incontrò la polizia” di Filippo Vendemmiati. Così per Mario Piredda è sfumata la possibilità di essere il secondo regista sardo, dopo Paolo Zucca vincitore con “L’Arbitro” nel 2009, a portare a casa la prestigiosa statuetta. “Sono comunque felicissimo di aver ottenuto una nomination ai David, che non mi aspettavo nemmeno, di sicuro è un’importante vetrina. Ho partecipato senza pensare alla vittoria, anche perché devi avere una struttura dietro, ci vuole un minimo di conoscenza. Dopo solo due giorni, ho saputo il nome del vincitore. La nomination mi ha lasciato però una gran bella soddisfazione. E’ chiaro che non mi aspettavo nemmeno di arrivare sin lì, non ho avuto nessun aiuto. Ho semplicemente mandato il corto, poi mi hanno comunicato di essere tra i finalisti e infine il nome del vincitore”. Se “Io sono qui (storia di un giovane sardo in cerca di lavoro che si arruola e parte come volontario in Kosovo) non si è aggiudicato l’ambito riconoscimento nazionale, a Cagliari, ha vinto il Premio Insula e durante lo “Skepto International Film Festival”. Una vittoria questa che si va ad aggiungere alle numerose ottenute in diversi festival e concorsi nazionali, primo fra tutti “Storie di emigrati sardi”, promosso dalla FASI, dalla Società Umanitaria di Cagliari in collaborazione con l’Assessorato Regionale per il Lavoro, in cui si era conquistato il terzo posto “Per l’originalità e il merito di evidenziare la tragicità del conflitto bellico nel momento del ritorno a casa di molti militari stanziati in Kosovo”.
“Storie di emigrati sardi” è stato un concorso apripista? E’ stato un incentivo importante per il lavoro, un input per costruire il cortometraggio; le difficoltà sono state enormi, magari senza il premio di “Storie di emigrati sardi” (sei mila euro), non avrei mai potuto realizzare l’opera, anche se ho dovuto cercare altri soldi, avuti poi dalla Provincia di Olbia Tempio, dal Comune di Badesi, da Bortigiadas e da alcuni privati, e infine dall’ ARCI di Bologna.
Perché secondo lei non ha vinto il David di Donatello? La motivazione non la conosco, non c’è un resoconto della giuria, hanno preferito l’altro, probabilmente l’hanno ritenuto più bello. Moltissima gente mi ha detto che il mio cortometraggio meritava maggiormente, ma non sono un critico, non faccio il critico, sono loro che valutano, per me è stata già una vittoria essere in nomination.
Lavori futuri? Sto lavorando a un cortometraggio girato in vacanza a Cuba con degli amici, è una storia molto piccola, una sorta di ricordo, di tutto altro tipo rispetto a “Io sono qui”. Ho fatto questa vacanza a Cuba con alcuni amici e abbiamo portato la videocamera. E’ un peccato lasciare il filmato abbandonato nell’hard disk, mi dispiace, è come se non lo avessi mai fatto, e allora ci si lavora. Inoltre, sto scrivendo una sceneggiatura, ma non so se sarà per un corto o un lungometraggio, le cose quando si scrive cambiano sempre di continuo.
Qualche chicca su questa sceneggiatura che ha in cantiere?
Sarà ambientata in Sardegna, nel Nord dell’Isola. Non aggiungo altro.