di Maria Simonetti *
Da quando ha vinto il Campiello 2010 con la sua inquietante “Accabadora” (Einaudi), che presto diventerà il film “Ultima madre” prodotto da Francesco Tagliabue, la scrittrice Michela Murgia non si è più fermata. E da Cabras, Oristano, dove è nata nel 1972, è assurta in tv in qualità di “opinionista barbarica” nelle “Invasioni” di Daria Bignardi, su La7. Il fortunato exploit ha convinto le più svariate case editrici a sfornare subito nuovi autori sardi. Barbès ha pubblicato “Mirta”, romanzo d’esordio di Anna Maria Cossiga, figlia dell’ex presidente della Repubblica, mentre Bompiani scommette su Wilson Saba e il suo “Figli delle stelle” e Neo Edizioni punta tutto sul gusto pulp e sarcastico di Gianni Tetti. Feltrinelli, infine, riscopre il premio Nobel per la Letteratura Grazia Deledda mandando in libreria “Amore lontano”, epistolario in gran parte inedito delle lettere che Grazietta ventenne scrisse al giornalista Stanislao Manca dei duchi dell’Asinara, il “gigante biondo dagli occhi tigreschi” di cui si era invaghita. Dall’isola di 1 milione e 600 mila abitanti (e tre milioni e mezzo di pecore) di cui 600 mila emigrati altrove, la tracimazione di talenti non si arresta. Prendete Elisabetta Canalis: dopo aver trascinato George (Clooney) nel paesello natìo di Tresnuraghes, Nuoro, a conoscere mamma e papà, a marzo sbarcherà a Sanremo, a condurre con Gianni Morandi il Festival. Che, attenzione, è stato vinto da Marco Carta nel 2009 e da Valerio Scanu nel 2010. Dice qualcosa? Mentre il “Canto a tenore” dei pastori dei Nuraghi è stato inserito dall’Unesco nella lista del Patrimonio Immateriale dell’Umanità. Le cronache raccontano perfino di Filippo Candio da Cagliari, primo italiano arrivato in finale al Wsop di Las Vegas, il top dei tornei di poker sportivo; e che dire della sua concittadina Cristiana Collu, illuminata direttrice del Man, il Museo di Arte della Provincia di Nuoro, dove ha appena attirato pulmann di studenti con una mostra su Fabrizio De Andrè? Grazia Deledda, Gavino Ledda, Salvatore Niffoi: di scrittori la Sardegna è terra ricca. Oggi uno dei più amati è Marcello Fois, autore per Il Maestrale della trilogia noir ambientata a Nuoro a fine ‘800 che ruota sull’avvocato Bustianu, ispirato al poeta Sebastiano Satta. Nato a Cagliari nel 1951 (“Ma solo per questioni logistiche: se si voleva partorire assistiti, l’unico ospedale era lì”, racconta), Fois vive pendolando tra Bologna e Nuoro, mantenendo “un contatto fisico estremo” con la sua terra. “Tutti noi sardi abbiamo in comune una doppia cittadinanza”, dice polemicamente: “Siamo una materia prima lavorata altrove che, dopo il successo, viene rivenduta in casa. Finalmente oggi siamo apprezzati anche fuori dalla Sardegna: ma questo riconoscimento ha avuto un prezzo altissimo”. Per guadagnarsi visibilità Fois ha scritto molto per cinema, radio e tv. Con un trucco: “Siamo dovuti diventare tutti giallisti”. A cominciare da Giorgio Todde, oculista a Cagliari, creatore dell’imbalsamatore-detective Efisio Marini (realmente esistito) a cui ha dedicato vari romanzi, fino a Elias Mandreu, pseudonimo di tre autori di Nuoro che scrivono in collettivo, di cui Il Maestrale ha pubblicato i gialli “Nero Riflesso” e “Dopotutto”.
Le scrittrici isolane, invece, raccontano storie di sentimenti profondi, di saghe familiari e radici con la terra. Come Milena Agus, definita “la Bovary sarda” per i suoi rapinosi set sullo sfondo dell’amata Cagliari (dove è molto attiva Aìsara, piccola casa editrice tutta al femminile). Anche Anna Maria Cossiga, antropologa, ha scelto di descrivere una Sardegna magica, in cui si partorisce dormendo (la bella scena iniziale di “Mirta”), tra le “janas”, i folletti del bosco e le erbe fatate. Eppure sulla “sardità” come corrente culturale che si fa sempre più impetuosa,Michela Murgia nutre dei dubbi: “In Sardegna c’è la stessa percentuale di creatività che altrove. Solo che oggi c’è più attenzione ai nostri lavori da parte di un’Italia etnocentrica che ha sempre considerato periferica la cultura delle sue isole”, dice. Con “Accabadora” lei della Sardegna ha portato alla luce una tradizione potente: quella del “fill ‘e anima”, sorta di adozione sulla parola per cui il bambino di una famiglia diventa “figlio di anima” di un’altra, da lui scelta. Rivela Murgia: “Anch’io sono una “fill ‘e anima”, avendo vissuto con mia madre e poi con mia zia, e ne vado fiera. Ho avuto la fortuna di vedere la mia condizione di figlia moltiplicata per due. E non è la figura dell’accabadora, colei che secondo la tradizione accelerava la fine dei moribondi, la novità del mio romanzo, bensì proprio il racconto di questa forma di famiglia, un formidabile ammortizzatore sociale oltre che affettivo”. Sarà dunque Elisabetta Canalis a presentare il Festival di Sanremo 2011. Avendo doppiato clamorosamente le sue conterranee colleghe veline Melissa Satta e Giorgia Palmas, bellezze more partite con lei all’assalto del video dai concorsi per Miss, ma restate al palo. Eli, invece, adesso vive in California con George: come Fois, è una sarda che pendola. Ma vuoi mettere? Si era presentata a Miss Italia nel 1996 anche Barbara Serra, 36 anni, che oggi conduce da Londra il notiziario in inglese di Al Jazeera International, la Cnn del mondo arabo. Nata Milano da papà di Decimomannu, dopo una tappa a Videolina, la tv dell’editore Nichi Grauso, a19 anni vola a Londra. Un contratto alla Bbc (“All’inizio portavo il tè delle 5, ha raccontato), e poi ai notiziari di Sky News e Channel Five. Oggi Serra vive a Londra e possiede una pagina cliccatissima su Facebook, con fans che la supportano da quando faceva la concorrente a “Blind date”, show commerciale dedicato agli appuntamenti al buio. Apparire, dunque. In ogni modo. Forse anche per riscattarsi dai propri complessi di periferia, come sostiene Murgia. E se è vero che, per carattere, il sardo è riservato e di poche parole, è vero altresì che, se poco poco alberga in lui una vena di esibizionismo, diventa incontenibile. Irrefrenabile. Un “picconatore” politico come Francesco Cossiga. O un comico surreale alla Benito Urgu, il cabarettista di Oristano, quello che piomba da Carlo Conti (“I migliori anni” su Rai Uno) al grido di “Ecco Sardokan, la Tigre della Magnesia!” e canta in barbaricino il suo “gambale twist” con la figlia che, specifica, “non è la Perla di Labuan, ma la Cozza di Olbia”. Ma il miglior talento comico del momento è Maria Giuseppina Cucciari da Macomer, in arte Geppi, molto politicamente scorretta negli strampalati sondaggi che sciorina a “Victor Victoria” su La7. Nel salotto-gineceo di Victoria Cabello, tra i gorgheggi di Arisa e i tarocchi di Melissa P, è tutto un “ciao Geppi” e “cara Vicky” molto frizzante. Geppi fa la zia rassicurante che dà i consigli, Vicky è quella sciroccata che non li segue. Ma le due sono unite come una pigna, e ferocissime con gli ospiti maschi. Un fumetto da paura, una canzone rock, svariati documentari, ben due film: dell’accabadora non ha parlato nessuno per anni e oggi è una “star” celebratissima. Perché? Forse che, come sostengono alcuni, in questi tempi bui che negano certezze si ricorre ai miti e al folclore per rilanciare con forza un’identità nazionale ritenuta speciale? Non certo per il regista Enrico Pau, già autore di “Pesi leggeri” e di “Jimmy della collina”. Se Francesco Tagliabue produce “L’ultima madre” dal bestseller della Murgia, Pau sta girando per la Kairòs Film proprio “L’accabadora”. Ma in versione moderna: la sua Annetta è giovane e vive a Cagliari, in un Campidano morbido e colorato come il Messico. “La nostra è una fuga dal nero e dall’aura di morte”, racconta Pau: “Una favola senza tempo che si svolge non tanto in Sardegna, quanto al Sud. Che, come insegnò Ernesto De Martino, è animato da un potere dell’immaginario profondissimo”.
* periodico “L’Espresso”