di Roberta Murroni
Buenos Aires. Inizia proprio qui il viaggio alla scoperta di una sardità d’oltremare: perché c’è, esiste ed è tangibile. Molti ne hanno scritto,discusso, di questa emigrazione senza confini terrestri; tanto è stato detto e fatto : centinaia di circoli sardi dislocati in tutto il globo, per cercare di ritrovare un po’ di quell’isola e di se stessi, ovunque il destino ci abbia portati. Buenos Aires, un sogno per me. Una laurea in tasca, pochi sogni ma decisi e una buona intenzione: trovare i sulcitani emigrati in Argentina. Sarebbe troppo difficile partire da Cortoghiana, il paese in cui ho vissuto 19 anni (ora, purtroppo o per fortuna non si sa, vivo a Milano,ma sono una pendolare). Inizio così da Carbonia; e qualcosa trovo. Nonostante il sindaco Tore Cherchi mi dica, nel Settembre 2009, che “Non è possibile che lei trovi qualcosa su Carbonia; è troppo giovane e da quello che so dopo la costruzione- saprà bene che Carbonia è una città fascista- nessuno è emigrato in Argentina”. E qui, subito, ho storto il naso. Ho storto il naso perchè, essendoci in Argentina comunità carlofortine ed anche qualche iglesiente, non c’era motivo perché qualcuno da Carbonia non emigrasse in Argentina o in America Latina; ma il sindaco è stato irremovibile. Tuttavia, sedendo e mirando impolverati registri dell’archivio del Comune, e la famigerata SERIE XIII, qualcosa ho scoperto. Due nomi, due cognome: fratello e sorella emigrati in Argentina. Si tratta della famiglia Gaviano, a tutt’oggi residente a Buenos Aires. Però, due persone mi sembravano veramente troppo poche. E così, un giorno, parlando con Margarita Tavera, figlia del cavaliere Cosimo Tavera, ex presidente del circolo sardo, scopro che una signora di Carbonia c’è, in questa Buenos Aires; vive qui da 40 anni e ha anche aperto una attività. E poi, cercando qua e la su internet, scopro che in Brasile, più esattamente a Rio de Janeiro, vive una donna, molto bella e molto famosa, che da Carbonia è partita quando era una bambina, ed ora è attrice e produttrice cinematografica. Col vostro permesso, vi porterò a conoscere Buenos Aires e Rio de Janeiro, e vi farò incontrare queste nostre concittadine che, da lontano, ci ascoltano e camminano con noi. La sardità non svanisce a causa della distanza.
ELENA NULCHIS. Buenos Aires, quartiere Palermo Soho, uno dei più belli della città. Accompagnata dalla mia amica Teresa Fantasia,emigrata sarda di Pattada residente a Buenos Aires da più di cinquanta anni, mi reco in Gurruchaga e Costa Rica, molto vicino a Plaza Cortazar, una delle più famose del quartiere insieme a Plaza Serrano. E’ un piccolo edificio bianco, ben curato, con una bella insegna che dice ” Sa Giara” e un cavallino a mo’ di decorazione. Incontro una giovane donna, mi dice che la se?ora no está, di tornare due giorni dopo. Così, due giorni dopo, sempre con Teresa, sono di nuovo lì. Mi trovo davanti una donna di statura media, dai capelli rossi e l’incarnato sottile. Le dico che sono li per un’intervista per la mia tesi di laurea, che sono di Carbonia. Arrossisce, ci fa accomodare offrendoci un caffè (argentino, non italiano, ma ugualmente ottimo) e inizia, timidamente, ad accennarmi qualcosa di sé, in spagnolo e un italiano stentato.
Elena Nulchis è nata il 15 Giugno 1948 a Carbonia, ma il padre era nativo di Sassari e la madre di Gesturi. Per motivi di lavoro, come molti all’epoca, si era dovuto recare a Carbonia per lavorare in miniera, e aveva portato con se tutta la famiglia. Nel 1952, i genitori decidono di partire per l’Argentina: Elena non ricorda quindi nulla della sua infanzia in Sardegna, aveva solo tre anni quando è andata via, ma ha mantenuto forti legami con la famiglia della madre, che risiede tutt’ora a Gesturi, e si è per questo recata parecchie volte in visita ai parenti. La famiglia del padre, invece, emigrò in toto. Elena, all’inizio timida, si lascia andare ad un lungo racconto, abbastanza sofferto. “Come tutti gli immigrati, io credo, i miei genitori sentirono lo sradicamento dalla loro terra, e lo sentirono veramente molto forte; io ero piccola e al momento non lo sentì tanto perché era come se io alla fine fossi cresciuta e vissuta sempre in Argentina. Ho preso qualche abitudine argentina, ma è più forte quella sarda, perché in casa sempre si mantennero quelle abitudini, quei modi di vivere, cucinare. Parlo di me personalmente, credo che mai si riesca veramente a integrarsi con la terra che ti ospita: sei come divisa, il cuore è da una parte ma per la necessità ti trovi a vivere in un altro luogo. Però, ecco, a noi gli argentini ci hanno accolto molto molto bene, non ho avuto alcun problema nemmeno a scuola o all’università, dove mi sono laureata come nutrizionista; tuttavia, dentro, lo sradicamento si sente. Mi ricordo mia madre, io ero piccola, seduta in una sedia, in una parte oscura della casa, piangeva. Lei era l’unica della sua famiglia ad essere emigrata e durante il tragitto la barca rischiò l’affondamento.. Dio ha voluto che arrivammo, e così con tutta la nostra forza, ci siamo. Noi siamo grandi lavoratori, la cultura del lavoro è stata fondamentale nella mia famiglia, basta vedere cosa ha dovuto fare mio padre per il lavoro, ha lasciato la Sardegna per andare dall’altra parte del mondo.. però ecco, se mi chiedi se mi sento totalmente sarda, non lo so. Sono sarda, però ho vissuto qui, ho la mia famiglia qui, quindi sono anche argentina. Ho visto mia madre soffrire molto, lasciò la madre e la sorella; tornò due volte in Sardegna, per fortuna dopo venticinque anni poté tornare ma era normale, tutti gli emigrati di quel tempo partivano sapendo di non tornare mai più a vivere nel paese d’origine, ed è molto triste per una donna sapere di non poter vedere più la sua mamma. Non siamo venuti perché ci piaceva l’Argentina, non sapevamo nulla, si venne per necessità di lavoro perché in Italia in quell’epoca non c’era nessuna possibilità; mio padre lavorava nel campo delle costruzioni, mentre in Sardegna era minatore e contadino; mia madre invece era casalinga e noi, cinque figli. Mi sono sposata, con un argentino discendente di spagnoli, e abbiamo avuto due figli, maschio e femmina, e sono nonna. I miei figli sono a conoscenza della mia cultura e del mio amore per la Sardegna, mio figlio lavora con me nel mio ristorante e dice sempre Io sono sardo!. Il ristorante è un piccolo angolo di Sardegna che ho ricreato volutamente nella casa in cui ho vissuto quando ero piccola. Mi era sempre piaciuto molto cucinare, conoscere la cucina europea, ed ero e sono nutrizionista; quando il quartiere è diventato commerciale, ho deciso di cogliere l’occasione, anche perché nel 2002 vennero delle delegazioni sarde,e io seguii un corso per piccola imprenditoria. Necessitavo uno stimolo morale dalla mia terra,un segno e questo corso mi diede la forza. E adesso sono qui, cuciniamo cibi sardi e realizziamo dolci sardi, con le ricette di mia mamma; però sono specializzata in pasta ripiena, sopratutto culurgiones”. E di Carbonia, ripete: “ Non la ricordo,e non ci sono mai tornata. Però mi piacerebbe conoscerla..” ; sorride, mi chiede di descrivergliela: ci metto un po’ di tempo, non voglio deludere me stessa ne le sue aspettative. Ci salutiamo con una promessa: le invierò qualche libro di cucina sarda.
ROSSANA GHESSA Il mio incontro con Rossana Ghessa è stato causale: digitando su GOOGLE le parole “Brasile” e “Carbonia” ho trovato la biografia di questa donna che, successivamente, sono riuscita a intervistare via e-mail. Rossana parla ancora italiano, anche se alcuni errori mostrano l’influenza del portoghese. Nasce il 24 Gennaio 1943 a Carbonia, dove i genitori si erano trasferiti per motivi di lavoro; nel 1950, quando Rossana ha appena sette anni, tutta la famiglia si trasferisce in Brasile “Siamo emigrati per conto di mio cognato, aveva uno zio che fece una richiesta che venissero tutti in Brasile, siamo sbarcati a San Paulo e siamo rimasti lì, ma io ora vivo a Rio de Janeiro”. Qui, iniziò per la famiglia Ghessa una nuova vita: “Il mio babbo, che a Carbonia era minatore, ha lavorato come giardiniere, perché no ha mai imparato a parlare il portoghese. Lui non tornò mai in Italia. Solo la mia mamma, dopo la morte di mio padre andò a Italia e ci restò un anno. Mia sorella il marito e i 3 figli nati in Brasile, dopo 5 anni tornarono in Italia. Mia sorella si chiama Ersilia e vive a Capoterra, vado sempre a trovare lei e anche i miei zii, sono tutti a Capoterra e lì ho molti parenti”. Rossana ha mantenuto stretti rapporti con la sua terra, così da tornare spesso in visita, ma quando le chiedo se lei, invece, è mai tornata proprio a Carbonia, mi dice: “A Carbonia sono solo nata, ma mi farebbe molto piacere conoscerla”. In Brasile, Rossana non è una persona qualunque. Fin da giovanissima ha studiato danze e recitazione; “Finita la scuola media cominciai le Belle Arti. Ancora molto giovane cominciai a lavorare come attrice e per questo motivo ho smesso di studiare, però ho fatto molti corsi liberi, come canto, danza classica, dizione e tanti altri, sempre direzionati al mio mestiere”, ci dice, e d’altra parte anche su internet le informazioni su di lei abbondano. Ora, è una produttrice cinematografica ed assieme al marito, Durval Garcia, possiede la casa di produzione Verona Filmes. La coppia ha un figlio, “si chiama ROMOLO; la moglie Paula sta aspettando il primogenito, cosi presto diventerò nonna.”. E’ giusto che Carbonia sappia che una sua figlia, ancora una volta, ha saputo rendersi grande e portare glorioso il nome della città.
Complimenti Roberta hai fatto un bellissimo lavoro ,sono felicissima di averti consciuta e fiera della tua amicizia , è stato un piacere immenso avere te e Chiara come ospiti alla radio per ben due volte ,e nel mio piccolo darti una mano nella tua ricerca.
un abbraccio Teresa
Complimenti Roberta
Devo publicitare queste testo anche nel mio Blog Sardega Sa terra Mia. in Portuguese
Abbraccio
Lucinha Dettori – Brasile
teresa,esprimere l’affet6to che ho per te è difficile..sei una donna meravigliosa e io ti porto nel mio cuore!!!
Grazie per questa storia…
Io cerco il fratello di mia nonna che era minatore, si chiamava Giovanni Nulchis, credo nato a Giave (SS)… Un bel giorno è sparito e non si è saputo più nulla.