di Paolo Pulina
Il romanzo poliziesco “Lavoro ai fianchi”, pubblicato da Mondadori nel 1980 nella collana “Omnibus”, porta la firma di due autori: Marco Lombardo-Radice (nato a Roma nel 1949, laureato in Neuropsichiatria nell’Università di quella città) e Luigi Manconi (nato a Sassari nel 1948, laureato in Scienze politiche a Milano presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore). Entrambi sono stati militanti di “Lotta Continua” e arrotondano le loro entrate attraverso lavori di scrittura, specialmente per la casa editrice Savelli di Roma, dove sono attivi almeno dal 1976 come autori e curatori, in particolare, dei volumi apparsi nella collana “Il pane e le rose”.
Il primo firma come “Rocco” insieme ad “Antonia” (Lidia Ravera) il romanzo bestseller “Porci con le ali. Diario sessuo-politico di due adolescenti” (1976). Simone Dessì è invece lo pseudonimo scelto dal Manconi curatore di alcune antologie, pubblicate tra il 1976 e il 1977, di canzoni di cantautori degli anni ’60 (“C’era una volta una gatta”) e soprattutto di testi di impegno sociale (cantautori Bennato, Dalla, De Gregori, Guccini, Lolli, Venditti) e politico (cantautori Bertelli, Della Mea, Manfredi, Marini, Masi, Pietrangeli).
La prima opera di natura non politica non più firmata da Manconi con lo pseudonimo usato per la Savelli è “Un uomo solo: vita e opere di Fausto Coppi”, curato nel 1979 per il Piùlibri di Milano con Giorgio Casadio (con scritti e interventi di Andrea Carrea, Franco Di Ciolo, Nicola Gallerano, Antonio Ghirelli, Enrico Ghezzi, Lucio Lombardo-Radice, Francesco Moser, Anna Maria Rodari, Carmelo Samonà, Sergio Turone, un alto prelato; con una poesia inedita di Roberto Roversi e 27 documenti fotografici fuori testo).
Sia Marco Lombardo-Radice sia Manconi sicuramente possiedono notevoli doti naturali per la scrittura ma le hanno potute affinare in famiglie particolarmente attrezzate sul fronte dell’impegno sociale e culturale: il primo è figlio di Lucio Lombardo-Radice (Catania 1916- Bruxelles 1982, matematico, partigiano e pedagogo); il secondo è figlio di Gian Giacomo Manconi, importante dirigente della GIAC (Gioventù Italiana di Azione Cattolica) e di altre organizzazioni cattoliche (si veda Guido Rombi, “Chiesa e società a Sassari dal 1931 al 1961”, Vita e Pensiero – Università Cattolica, Milano, 2000).
Non molti sanno che era parente di Luigi anche Lorenzo Manconi (Florinas 1909-Sassari 1986), autore di un fortunato “Dizionario dei cognomi sardi” uscito postumo, che dal punto di vista professionale è stato uno dei pionieri della pubblicità in Italia. (È peraltro da notare che Lorenzo firmava i suoi libri sulla natia Florinas come R. Manconi).
Da bibliografo e documentalista ho indicato le basi dell’ esperienza editoriale che ha dato sicurezza ai due autori alle prese colla prova del nove in campo narrativo costituita dal primo romanzo per chiarire su quale background si è potuta impiantare l’elaborazione di un’opera complessa come “Lavoro ai fianchi”, che è stato definito, in occasione della sua recente ripubblicazione presso la casa editrice Il Maestrale, il primo esempio di “thriller politico italiano”.
Da sardo emigrato, rubando un po’ il mestiere al sociologo Manconi, vorrei aggiungere alcune altre considerazioni.
Le case editrici nazionali che contano, quando non riscontrano più un significativo interesse commerciale, si guardano bene dal ristampare le opere dei grandi scrittori sardi, anche quelle che hanno procurato cospicui guadagni.
Il fenomeno ha riguardato ad un certo punto anche Gramsci, di cui Einaudi non riusciva a vendere i “Quaderni del carcere”, ed è stato quindi necessario un appello ai lettori di buona volontà perché non lasciassero negli scaffali delle librerie il cofanetto con i quattro preziosi tomi di appunti gramsciani altrimenti destinati al macero. L’appello sembra aver avuto esito positivo.
Sono naturalmente benemerite le case editrici sarde che rimettono in circolazione queste opere “ripudiate” dai colossi editoriali ma le nuove edizioni isolane, per comprensibili motivi, non hanno la capacità penetrativa nel mercato che caratterizzava le stesse pubblicazioni targate Mondadori, Einaudi, Feltrinelli, ecc.
Questo fenomeno, negativo, che io definisco “regionalizzazione di ritorno”, non ha toccato mai la Deledda, i cui romanzi non credo che siano ristampati negli Oscar per onorare la memoria dell’unica letterata italiana premiata con il Nobel ma evidentemente perché si vendono (la modernità della prosa deleddiana non è posta più in dubbio neanche presso l’Università degli Studi di Pavia: ma non posso soffermarmi sull’argomento…). Ha però sicuramente riguardato le opere di Giuseppe Dessì (già Mondadori), di Salvatore Satta (già Adelphi), di Sergio Atzeni (già Mondadori e Sellerio).
Nel caso della ripresa da parte delle edizioni de Il Maestrale di questo romanzo di Luigi Manconi e di Marco Lombardo-Radice non parlerei di regionalizzazione di ritorno ma di benefica regionalizzazione di un’opera di fiction che difficilmente avrebbe potuto essere conosciuta (so che l’edizione Mondadori era da anni esaurita) ma soprattutto difficilmente avrebbe potuto essere apprezzata dai lettori sardi residenti ed emigrati, ai quali è giusto indicare in Sardegna e fuori della Sardegna (come facciamo qui noi oggi) titoli narrativi che parlano della Sardegna, anche se non parlano in sardo.
A quale scopo strumentale serve dal mio punto vista la lettura di questo romanzo?
A riportare al perimetro regionale, anzi ad un perimetro urbano (quello di Sassari, di Tathari mannu, per intenderci), alcuni elementi descrittivi (relativi al paesaggio e alle persone) che sono utili per costruire le linee di una guida letteraria appunto della nostra bella e amata Sassari.
Così come io, da “straniero”, ho compilato in trecento pagine la “Guida letteraria della provincia di Pavia”, mi piacerebbe che qualche forestiero desideroso di ambientarsi nella provincia di Sassari si impegnasse a fare una ricerca analoga per Sassari e dintorni. Le pagine con descrizioni di luoghi e figure di Sassari presenti nel libro possono affiancarsi “a buon diritto” a quelle che si trovano, per esempio, nei romanzi di Salvatore Mannuzzu (a cominciare da “Procedura”), che, come è noto, ha immesso Sassari nella geografia letteraria italiana.
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