di Sergio Concas
La crisi finanziaria mondiale, penetrata nel settore dell’economia reale, continua a dispiegare i propri effetti devastanti sul versante del lavoro, dei redditi delle famiglie, dei consumi, della finanza, della sostenibilità economica di tutti i paesi coinvolti, con aggravi ulteriori per quei paesi, come il nostro, che non hanno provveduto a mettere in campo investimenti e progetti mirati per creare nuovo lavoro e nuovi redditi, a sostegno dei consumi. E’ opinione ormai diffusa, nonostante le continue rassicurazioni del Governo, che le conseguenze di questa crisi, non si siano ancora manifestate nella loro dimensione reale, in particolar modo in Italia, nel Mezzogiorno ed in Sardegna, dove oltre agli interventi sugli ammortizzatori sociali, in prevalenza “mobilità in deroga”, poco o niente è stato fatto per salvare quanto rimane dell’apparato produttivo sardo. In questo modo gli effetti della crisi hanno travolto in Sardegna interi settori, territori e popolazioni, nelle zone interne e nelle città, nelle campagne, nell’industria e nei servizi, causando l’aumento della povertà, della disoccupazione, soprattutto giovanile e femminile. In questo scenario, le politiche economiche messe in campo dal Governo sono risultate insufficienti ed inadeguate alla portata della crisi, ed è per questo che registriamo forti ritardi di ripresa nei confronti degli altri paesi dell’Unione Europea, così come dimostrano i dati dell’ultimo rapporto economico. Eppure, il Presidente del Consiglio dei Ministri, non tanto tempo fa, gongolava sulla presunta ripresa economica, la più efficace in campo europeo, poi risultata non vera dai dati ufficiali. Tali notizie, infatti, contrastavano con la situazione reale denunciata continuamente dai Sindacati e da quanti seguono con attenzione i problemi economici e sociali dei nostri territori. Il primo effetto è il progressivo impoverimento delle famiglie italiane. Per quanto riguarda la Sardegna l’incidenza della povertà relativa risulta pari al 21,4 per cento delle famiglie sarde, il doppio di quella nazionale e con un incremento rispetto all’anno precedente di due punti percentuali. La stessa indagine ISTAT sui consumi confermano il peggioramento delle condizioni delle famiglie sarde. Sull’occupazione continuiamo a registrare dati sempre più preoccupanti, cala l’occupazione e continua a salire la percentuale dei disoccupati. L’ultimo rapporto ISTAT analizza l’impatto della crisi sul sistema economico segnalando una flessione del 15,5 per cento nella nascita di realtà produttive e la Sardegna fa registrare un arretramento più consistente rispetto alla media nazionale. La flessione della nascita e l’aumento del tasso di mortalità delle imprese hanno messo a rischio in Italia oltre un milione di posti di lavoro. D’altronde, gli effetti della crisi, nei nostri territori, li abbiamo presenti giorno per giorno, essi si chiamano Keller, Ceramica Mediterranea, Eurallumina, Portovesme srl, e così via. Problemi che quotidianamente occupano ampi spazi della stampa isolana e nazionale, perché sostenuti, con grande continuità e determinazione dalle lotte dei lavoratori che stanno per perdere il lavoro e la possibilità di continuare a garantire una vita dignitosa alle proprie famiglie. E’ chiaro e lampante che la portata della crisi è stata sottovalutata da parte del Governo e non solo. Anche la Regione, che ha firmato accordi importanti con il Sindacato, si è disimpegnata lasciando che i problemi si aggravassero ancor più, dando priorità ai problemi di rimpasto della Giunta , come se i problemi di equilibrio tra i partiti di coalizione fossero più importanti dei lavoratori che perdono il lavoro o delle famiglie che precipitano nelle condizioni di reale povertà. Occorre dare continuità all’iniziativa sindacale ed essere conseguenti a quanto è emerso, con forza e determinazione, dalla manifestazione di Piazza Eleonora d’Arborea ad Oristano il 25 settembre scorso. Bisogna ricordare, inasprendo la lotta, al Governo ed alla Regione che i problemi del lavoro e della povertà devono trovare priorità rispetto ai problemi personali del Capo del Governo e del Presidente della Regione e dello stesso rapporto all’interno della coalizione di Governo.