NAVE DEI VELENI PRONTA ALLO SBARCO IN SARDEGNA. SCARICHERA' TONNELLATE DI RIFIUTI NELLA ZONA INDUSTRIALE DI PORTO TORRES

veduta aerea della zona industriale di Porto Torres

veduta aerea della zona industriale di Porto Torres


ricerca redazionale

Porto Torres aspetta la nave dei veleni. È questione di giorni, forse di ore, ma l’arrivo di un vascello che scaricherà tonnellate di fok, un residuo ottenuto dalla lavorazione dell’acetilene, sembra cosa certa. Il fok è un olio dal quale non si può ottenere nulla. Uno scarto, un rifiuto, l’ennesimo che verrebbe versato nei container che stanno ai piedi di quel mostro che è il Petrolchimico di Porto Torres. In attesa, forse, di essere stoccato altrove. Da giorni, sulle banchine maleodoranti del porto non si parla d’altro. Quella grossa condotta lunga più di un chilometro costruita in fretta per consentire al cargo di smaltire il proprio carico, tra la gente del posto ha dato nell’occhio. Le squadre di operai al lavoro anche nei fine settimana non sono passate inosservate. Sabato e domenica, si è lavorato alacremente come quando si ha una scadenza alle porte. E la notizia di una nuova nave dei veleni che da tre mesi attraversa il Mediterraneo in cerca di qualcuno che si prenda il suo scarto, è girata in fretta. Tutti dicono che la nave, dopo una lunga ricerca, abbia trovato il suo porto sicuro: il deposito del Petrolchimico. Da quel momento il vascello ha ormeggiato nella costa siciliana, in attesa che gli operai terminassero la costruzione di quel condotto che consentirà di eseguire le manovre in maniera più comoda. Sembrerebbe uno scarico di routine, ma la gente dell’area industriale di Porto Torres, delle operazioni di routine non si fida troppo e vuole saperne di più. In una mattina di sole d’ottobre, intorno a una darsena, la gente parla, ma con cautela. Le frasi si interrompono ed è vietato fare nomi: i padroni del Petrolchimico qui fanno ancora paura.  Quest’area è off limits: le autorità dicono che è in corso un disastro ambientale. Le persone qui non devono starci, non possono vivere, né lavorare. Perché respirare quest’aria fetida, dove l’odore di benzene resta addosso, ora non si può più. Da ventiquattr’ore, questo quadrato di cemento che circonda il molo è diventato pericoloso. Gli imprenditori che negli ultimi trent’anni hanno aperto le proprie attività e quello stabilimento chimico lo hanno visto nascere sotto i loro occhi, ora devono andare via. Chiudere bottega e trasferirsi altrove, ma nessuno ha detto loro dove. Cantieri navali, officine, depositi di rimessaggio, da due giorni sono fuori legge. Eppure questo tanfo di benzina che sale su da quella pozza d’acqua che acqua non è, loro lo sentono da anni. Il liquido nero verdastro che sta al posto del mare fluttua sul cemento e lascia un residuo scuro. L’aria è acida e la puzza di quello che ora è ufficialmente veleno, toglie il respiro, si incolla alla pelle. Ma chi lavora qui, ormai non lo sente più. Si sono abituati a tutto. Negli ultimi anni hanno dovuto fare i conti con il sogno svanito del polo industriale, con i danni che quella produzione ha provocato alle loro terre e alla loro salute. Hanno riposto tutta la loro fiducia nei tecnici che periodicamente eseguivano il monitoraggio dell’ambiente in cui vivevano e lavoravano. Ora che quel disastro ambientale lo vedono tutti, loro pretendono delle risposte. Alla notizia di una nuova nave che potrebbe portare nelle loro case altro veleno, vogliono saperne di più.

 

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