di Carmen Abis
“Voglio una scuola che sia all’altezza delle mie aspettative”. Questo è l’urlo inascoltato lanciato da migliaia di studenti, che ritornano sui banchi di scuola, dopo le lunghe vacanze estive. Nel frattempo la campanella suonerà in tempi diversi nella nostra Italia, ogni regione, in autonomia, deciderà il proprio calendario, mentre l’avvio del nuovo anno è già segnato dalle proteste dei precari per le mancate riconferme, dalle polemiche per lo stato di degrado degli edifici scolastici, dalla mancanza di aule e laboratori, dall’assenza di palestre, dal sovraffollamento delle classi, dagli stipendi degli insegnanti sempre troppo bassi rispetto alla media europea. Una fotografia sulla “salute” della scuola italiana sempre più uguale a se stessa negli anni, ma soprattutto inadeguata, incapace di fornire una risposta ai “soliti” problemi, che ogni settembre, puntualmente, sono riproposti e dimenticati, quasi che un anno sia insufficiente per elaborare e valutare delle strategie risolutive, determinando una progressiva fuga degli studenti verso le scuole private. Le numerose statistiche e indagini, dalla spesa pubblica nella scuola, alla spesa media per studente, dal numero di ore di insegnamento , al salario medio dei docenti, supportano il malcontento dei tanti interessi contrapposti che ruotano attorno alla scuola, molto spesso autoreferenziali, e collocano l’Italia agli ultimi posti dei paesi industrializzati per quanto riguarda la spesa per l’istruzione. Intanto si dimentica che la scuola deve assolvere essenzialmente ad una missione: educare, formare, “servire” i bambini e i ragazzi per prepararli a guidare la comunità. E, se facessimo sentire la loro voce? Quali sono le loro aspettative? Da uno studio promosso da Comunicazione Perbene, associazione non profit, condotto su 1.600 studenti di scuola media e superiore scaturisce l’immagine dei nostri ragazzi, inchiodati sui banchi di scuola per ore e ore, ma con poco o scarso rendimento, che odiano le materie che studiano, non sopportano le interrogazioni e i compiti in classe e vorrebbero le nuove tecnologie per rendere lo studio meno noioso e più divertente. Gli studenti non si sentono a proprio agio tra i banchi di scuola (73%), chi lo considera un luogo di tortura (21%), e chi non ha un buon rapporto con il proprio insegnante e sogna professori stile Robbie Williams nel film “L’attimo sfuggente” (63%). Sembrerebbe che abbiamo cresciuto una generazione di annoiati e demotivati, ma ad analizzare la situazione appare chiaro che le loro esigenze sono rimaste inascoltate da anni: questi ragazzi sono diversi dai loro genitori e dai loro nonni, sebbene si cerchi di plasmarli a loro immagine e somiglianza, dimenticando che la funzione educativa ci chiama ad accompagnarli verso l’autonomia e l’indipendenza favorendo lo sviluppo delle loro attitudini e del talento. Li abbiamo cresciuti, attenti a fornire loro mille stimoli, per poi proporre delle didattiche che sembrano essere eterne ed insuperabili, e in un periodo di crisi come quello attuale, quanto sarebbero auspicabili i cambiamenti. I programmi sono troppo “antichi” (56%), i metodi d’insegnamento noiosi e tradizionali (49%). Alcuni ragazzi suggeriscono di imitare i loro colleghi inglesi, che utilizzano lo smartphone, i-pad, e-book in sostituzione dei libri cartacei, alleggerendo il bilancio familiare, per la felicità dei genitori, l’ambiente e le librerie della casa appesantite da testi che non possono essere riutilizzati dai fratelli, perché nel frattempo è stata cambiata una virgola. I new media renderebbero le materie, sebbene uguali, però facilmente assimilabili, oltre che migliorare il rapporto con i colleghi, ma soprattutto con gli insegnanti. Provate a immaginare come i nostri figli si appassionerebbero alla matematica o al latino se fossero utilizzati i video games!! Non solo, Platone e Aristotele diventerebbero i loro eroi.