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Quando il suono dei campanacci si è diffuso nell’aria quasi irrespirabile e appiccicosa del torrido pomeriggio cinese, gli immensi spazi deserti (le migliaia, oltre 500mila ogni giorno, di visitatori dell’Expo erano al riparo sotto enormi tensostrutture rinfrescate da acqua gelata pressurizzata) inondati da un sole implacabile si sono improvvisamente trasformati in enormi formicai. Gente, tanta gente ha cominciato a correre nei viali. Con la borraccia dell’acqua o del the in mano. Una corsa verso quel suono sconosciuto, che forse rievocava momenti magici, ricordi di un’infanzia trascorsa nelle campagne e ormai relegata in un angolo del cuore, sopraffatta da una quotidiana frenesia senza tempo e senza spazio. Il suono di quei campanacci è riuscito a risvegliare coscienze ormai assuefatte ad altri rumori, per certi versi insopportabili ma che fanno parte del vivere quotidiano in quell’angolo di Cina che sta assorbendo gli stili di vita occidentali. Il suono dei campanacci come quello del pifferaio magico: un richiamo al quale era impossibile resistere. Sono arrivati a centinaia. Di corsa, trafelati, per vedere i «Mamuthones e Issohadores» di Mamoiada che si esibivano nella loro antica e suggestiva danza nel piazzale del padiglione italiano all’Expo di Shanghai. Tutti armati di macchine fotografiche e telecamere. Tutti perplessi e allo stesso tempo affascinati da quegli uomini danzanti, con una maschera nera sul viso ed enormi campanacci sulle spalle. E poi gli uomini vestiti di rosso, con le maschere bianche sul viso, che lanciavano una corda tra la gente per catturare le ragazze, alle quali poi per farsi perdonare donavano un abbraccio e un ciondolo con la tradizionale maschera di Mamoiada. La Sardegna si è presentata così, a Shanghai, nella vetrina più importante del mondo, che al termine del periodo espositivo, a fine ottobre, sarà visitata da oltre 70 milioni di persone. Insieme a Mamuthones e Issohadores c’erano anche le magiche launeddas e l’organetto ad accompagnare le danze del gruppo folk «Villanova» di Cagliari. Quello del gruppo di Mamoiada è stato un richiamo fortissimo per il padiglione italiano che nella settimana riservata alla Sardegna ha fatto registrare il picco massimo dei visitatori con punte di 45mila persone al giorno, contro le 32-35mila quotidiane. La Sardegna era al primo piano dello splendido padiglione Italia, allestito con tutte le eccellenze e le bellezze storico-architettoniche. Nello spazio espositivo isolano c’era al centro una Sardegna in cartongesso e intorno scorrevano le immagini dell’isola: il mare cristallino, la natura incontaminata, cavallini della Giara e asinelli bianchi dell’Asinara, montagne, i colori forti delle quattro stagioni. La gente, migliaia di visitatori, restava affascinata, quasi incredula davanti a tanto splendore. Forse la Sardegna avrebbe potuto stupire ancora di più e diventare oggetto del desiderio ancora più forte, se la promozione dell’isola e delle sue eccellenze, sotto tutti i punti di vista, fosse stata sostenuta con maggiore convinzione. Ma soltanto a Shanghai ci si è resi conto in quale stazione si era arrivati e, soprattutto, l’importanza di salire su quel treno che stava passando di corsa e che non si poteva perdere. Perchè portava nel futuro, che significa l’ingresso in un mercato ancora tutto da scoprire e da conquistare. Come ha fatto finora, quasi in sordina ma neppure tanto, la Federalberghi-Confturismo della Confcommercio di Sassari. È stato proprio grazie allo spiraglio aperto dal presidente di Federalberghi, Giorgio Macciocu (coadiuvato da tutta l’associazione e che in Cina si è avvalso della competenza e professionalità del professor Antonio Usai della facoltà di Economia dell’università di Sassari), se la Sardegna ha trovato a Shanghai porte quasi spalancate. Attraverso le quali è entrata anche la Regione, rappresentata dall’assessore all’Ambiente, Giuliano Uras, e da alcuni esperti funzionari dell’assessorato al Turismo. Che hanno sopperito con professionalità alle assenze istituzionali: quella dell’assessore al Turismo, innanzitutto, ma anche del presidente Ugo Cappellacci. C’era molta attesa a Shanghai per la delegazione sarda, le municipalità di Lu Wan e di Shanghai, che rappresentano qualcosa come 20 milioni di anime (tanti sono gli abitanti censiti, ma in realtà sono molti di più) di quell’area della Cina in forte espansione economica, avrebbero voluto incontrare gli amministratori sardi e affrontare argomenti di forte interesse per l’asfittica economia isolana. Si sono dovuti accontentare di parlare con l’assessore Uras, che comunque è riuscito ad aprire interessanti canali sul fronte dell’agricoltura e del turimo, e con i rappresentanti della Confcommercio del Nord Sardegna. Per accogliere la delegazione sarda si sono mobilitati anche il console generale d’Italia a Shanghai, Massimo Roscigno, e la rappresentante italiana del Consolato di Lu Wan, che hanno fatto gli onori di casa, insieme al responsabile del padiglione italiano all’Expo, Beniamino Quintieri, durante gli incontri con il ministro del Turismo cinese, Dao Shu Ming, e il governatore di Lu Wan, Jan Xiao Long. Le autorità cinesi hanno confermato il canale privilegiato già aperto con la delegazione sassarese, partecipando alle diverse iniziative all’interno del padiglione, culminate con una cena sarda a base di malloreddus al sugo e porcetto arrosto innaffiati da quei vini bianchi e rossi sardi che stanno timidamente cominciando a farsi largo nell’immenso e complicato mercato cinese. Il governatore e le autorità di Shanghai non sono mai mancati agli altri appuntamenti con la Sardegna: dalla degustazione di vini e oli sardi a cura di Laore, alle sfilate di moda di due stilisti di Nuoro (Gaja atelier) e San Gavino Monreale (Creazioni Zigno), fino alla presentazione delle eccellenze tecnologiche di Polaris. E la conferma di quanto la Sardegna piaccia in Cina è arrivata dagli spazi dedicati sui giornali di Shanghai (con tirature da brividi vicine al milione di copie) alle varie iniziative, con grandi fotografie per l’esibizione di Mamuthones e Issohadores e di una splendida ragazza con il costume di Cagliari. Spazi di rilievo sono stati riservati anche al «Wedding rose», il matrimonio cinese, l’idea della Federalberghi-Confcommercio che aveva aperto le porte della Cina, molto popolare e particolarmente ambita dagli sposini, visto che l’avventura delle quattro coppie di Shanghai venute in Sardegna per il loro viaggio di nozze è stata diffusa su tutte le tv e sui giornali. Adesso c’è una corsa per conquistare l’ambito viaggio attraverso la società Huay Hay, che ha stretto forti legami commerciali con imprenditori sardi. E la cerimonia è stata fatta addirittura all’interno dell’Expo con gli sposini che indossavano i tradizionali costumi cinesi.