di Massimiliano Perlato
L’avevamo sentita telefonicamente qualche giorno prima di recarsi a Venezia per partecipare alla finale del “Premio Campiello”. Le abbiamo fatto i complimenti e a lei è giunto simbolicamente l’in bocca al lupo di tutti gli emigrati sardi. Michela, ci ha voluto ringraziare dichiarando: “con tutti voi alle spalle, mi sento fortissima!”: Oggi, ci piace pensare, dopo aver conseguito il Premio Letterario più prestigioso in Italia (equivale al Sanremo musicale?), di averle portato un po’ di fortuna. Michela Murgia, con “Accabadora” edito da Einaudi, ha vinto il Premio Campiello 2010, giunto 48 esima edizione. La scrittrice con 119 voti su 300 ha battuto gli altri 4 finalisti: Antonio Pennacchi (già vincitore del Premio Strega) con “Canale Mussolini”, Mondadori (73 voti); Subito dopo si è piazzato Gianrico Carofiglio con “Le perfezioni provvisorie”, Sellerio (62 voti), seguito da Gad Lerner con “Scintille”, Feltrinelli (21 voti) e da Laura Pariani con “Milano è una selva oscura”, Einaudi (13 voti). La 38enne di Cabras espressamente non ha voluto dedicare il suo trionfo alla sua terra d’origine, ma a Sakineh, la donna iraniana che rischia di morire lapidata,” perché è una donna forte che sta lottando”.
L’abbiamo seguita tutti nella notte su Rai Uno nella Gran Finale presso il Teatro La Fenice a Venezia, in una trasmissione condotta da Bruno Vespa tenendo acceso il pc per dare subito la notizia su “Tottus in Pari” e porgendo uno sguardo alla sua pagina di face book che si procrastinava minuto dopo minuto di un numero impressionante di commenti e di congratulazioni. “Cosa mi porterà il Campiello? Questo libro, esprime il mio sguardo precario sul mondo. E’ un doppio sguardo, sulle cose serie e su quelle divertenti. Forse è segno di schizofrenia o di eclettismo” le sue prime parole in diretta tivù. Accabadora in sardo è colei che finisce. Nel titolo c’e già tutta la storia del romanzo della Murgia. Maria, bambina, vive in casa dell’anziana sarta Bonaria Urrai e tutti sanno a Soreni che, pur non essendo parenti, la piccola è destinata diventare la sua erede. Se dapprima Maria è spaventata dalle uscite notturne della vecchia vestita di nero, infine capirà che la sua è una conoscenza quasi millenaria delle cose della vita e della morte. Il suo compito è quello di entrare nelle case per portare una morte pietosa: il gesto finale e amorevole dell’accabadora, l’ultima madre.
Personalmente, mi sento legato a Michela, seppur in modo discreto e defilato: per certi versi siamo stati “colleghi” quando entrambi collaboravamo attivamente a “L’Arborense”, il giornale della diocesi di Oristano egregiamente diretto da don Giuseppe Pani, dove io mi occupo di emigrazione sarda. E’ lì che l’ho conosciuta in una “rimpatriata” estiva di qualche anno fa fra tutti coloro che collaboravano alla testata.
Poi, il percorso di Michela è stato straordinariamente in ascesa, divenendo oggi, una delle scrittrici più apprezzabili del panorama nazionale. Michela, nel suo primo libro “Il mondo deve sapere”, originariamente concepito come un blog (altra affinità pensando a www.tottusinpari.blog.tiscali.it), ha descritto satiricamente la realtà degli operatori telemarketing all’interno del call center di una importante multinazionale , mettendo in luce le condizioni di sfruttamento economico e manipolazione psicologica a cui sono sottoposti i lavoratori precari di questo settore. Il libro, nato da una sua personale esperienza all’interno della Kirby, è diventato l’opera teatrale di David Emmer e ha ispirato la sceneggiatura cinematografica del film “Tutta la vita davanti” di Paolo Virzì. Di formazione cattolica, ha seguito studi teologi ed è stata per diversi anni insegnante di religione presso varie scuole medie superiori; è stata inoltre educatrice ed animatrice nell’ Azione Cattolica, ricoprendo il ruolo di Referente Regionale del settore Giovani per svariati anni. Ha ideato uno spettacolo teatrale rappresentato nella piana di Loreto al termine di un pellegrinaggio nel 2004 a cui ha assistito anche Papa Giovanni Paolo II. Il suo secondo libro, “Viaggio in Sardegna”, un paio d’anni fa, sono riuscito a farlo presentare per la prima volta in un circolo degli emigrati sardi: all’AMIS di Cinisello Balsamo guidato da Carla Cividini. Questa pubblicazione di Michela è la vicenda di un cammino attraverso la Sardegna più nascosta, quella condita di conflitti e contraddizioni tipicamente isolane diviso in undici capitoli – racconti, perché come dice Michela, “i numeri tondi si addicono solo alle cose che si possono capire fino in fondo, è non è certo il caso della nostra isola”. La Murgia fa risaltare le emozioni inconsce che lo hanno qualificato e congegnato. Un viaggio eseguito in prima persona mescolando l’impulso al ragionamento che a prescindere dal titolo, non si può certo considerare una guida geografica: un tragitto che passa attraverso il pensiero, l’atteggiamento, lo sguardo. Una Sardegna enunciata per i sardi, fuori da ogni convenzione. Un periodo davvero eccezionale per la scrittrice di Cabras, che con “Accabadora” ha fatto incetta di riconoscimenti in giro per l’Italia, partendo dal “Dessì” di Villacidro in Sardegna nel 2009, a quelli d’inizio 2010 come a Mondello, Cuneo o ad Alassio. Ricordo come chiudemmo quel convegno a Cinisello Balsamo nel 2008, dissi: “Di lei si sentirà parlare ancora in futuro. E tanto”. A due anni di distanza cosa si può aggiungere ancora sulle potenzialità di scrittrice di Michela? Restiamo in attesa della sua nuova opera facendole nel contempo i complimenti per la sua intraprendente carriera.