RIPROPONIAMO L'INTERVISTA AL PROFESSOR ANTONIO DELOGU DELL'UNIVERSITA' DI SASSARI

il professor Antonio Delogu dell'Università di Sassari

il professor Antonio Delogu dell'Università di Sassari


di Mariella Cortès

 
«Credo che le Università sarde debbano oggi proporsi di far conoscere alle comunità dei nostri emigrati, diffuse oltre che nella maggior parte delle nazioni europee anche nell’America del Nord (Canada e Stati Uniti), nell’America del Sud (Argentina, soprattutto) e nelle città più importanti dell’Australia, i risultati delle ricerche che gli studiosi che vi operano producono da decenni sulla storia culturale isolana. Tra il Settecento e il Novecento, ad esempio, la Sardegna ha espresso intellettuali di grande prestigio su scala nazionale e europea: basti citare Domenico Alberto Azuni, Giovanni Maria Dettori (il maestro di Vincenzo Gioberti), Giovan Battista Tuveri, l’assai noto Antonio Gramsci, Antonio Pigliaru. Il problema da tener presente è che i nostri emigrati (soprattutto di seconda e terza generazione) sanno ben poco di questa storia, per molti versi avvincente». Parole del Professor Antonio Delogu (ordinario di  Filosofia morale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Sassari, da sempre impegnato nello studio dei momenti più significativi della storia del pensiero etico, politico, giuridico, filosofico sardo) che, a pochi giorni dall’assegnazione della delega rettorale per la formazione delle comunità sarde emigrate all’estero, così riassume la brillante intuizione del Rettore dell’Università degli Studi di Sassari, il prof. Attilio Mastino. La delega rettorale sulla formazione culturale delle comunità sarde all’estero si colloca in un momento d’oro per l’Università di Sassari, che grazie all’impegno del Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia, il Professor Aldo Maria Morace, sta anche attivando i corsi dell’Università per stranieri con sede ad Alghero: corsi che si propongono come luogo e momento d’eccellenza per gli studi sulla cultura e la storia italiane e sarde.  L’intento è quello di dislocare i corsi per stranieri in  sedi dal forte fascino paesaggistico e, allo stesso tempo, situati in posizioni geografiche in grado di facilitare gli spostamenti dei giovani che li frequenteranno. 

Professor Delogu, è la prima volta che l’Università di Sassari si occupa di instaurare rapporti con gli emigrati all’estero?

Di fatto si. Per la prima volta esiste una delega da parte del Rettore che si riferisce proprio alla formazione delle comunità sarde all’estero con l’attenzione rivolta soprattutto ai giovani sardi di seconda e terza generazione. Molti di loro frequentano le scuole superiori e le Università dello stato dove risiedono e, anche perciò, possono essere interessati alla conoscenza della storia della loro isola nei suoi molteplici aspetti.  

Quale sarà dunque il suo impegno?

In sintesi, si tratta dell’avvio e della realizzazione di una serie di progetti di formazione culturale, che verranno concordati con i presidenti dei Circoli e delle Federazioni dei sardi all’estero. I docenti dell’ Università sassarese  proporranno in Sardegna o all’estero seminari, incontri di studio, cicli di lezioni rivolti ai nostri emigrati.  

Soprattutto gli emigranti di seconda e terza generazione. Un modo per farli riappropriare delle proprie radici, quindi?

Certamente. L’intento è quello di dare loro delle conoscenze relative alla storia dell’Isola nei suoi vari aspetti:  antropologici, sociologici, etico-politici, giuridici, storico-sociali, letterari, scientifici. Gli emigrati, in particolare quelli  di seconda e terza generazione, si potranno riappropriare del ricco, complesso patrimonio culturale isolano di cui magari per accenni soltanto sentono parlare dai loro genitori: avendo studiato nelle scuole dei paesi d’emigrazione il loro ricordo della storia isolana rimane sfuocato. 

Quale sarà la “strategia operativa”?

I nostri docenti universitari terranno i corsi di formazione culturale sia nelle città sede dei circoli sardi all’estero, avviando anche significative collaborazioni con le Università di riferimento sia in centri della Sardegna che ben si prestano, dal punto logistico e da quello ambientale, ad ospitare i corsisti. Ma non  solo:  anche dei nostri studenti potrebbero seguire lo stage programmato in un proficuo scambio di esperienze con i loro conterranei.  

Di fatto, riallacciando i rapporti con i sardi all’estero si valorizza notevolmente anche il ruolo del circolo sardo… Certo. Il circolo potrebbe diventare un punto di riferimento culturale oltre che un punto di aggregazione. Quello che può conseguirne come  positivo risultato è dare ai nostri emigrati occasioni di conoscere oltre che (come sin’ora generalmente accade) il nostro patrimonio folkloristico,  anche quello più propriamente culturale: storico, letterario, scientifico, e quello dispiegato nelle varie scienze umane. Peraltro ciò consentirà di parlare dell’isola non come una realtà slegata dal  contesto europeo bensì come realtà fortemente inserita in una fitta rete di rapporti sviluppatisi  grazie a grandi nomi della storia culturale sarda: basti pensare a Domenico Alberto Azuni, fondatore del diritto internazionale marittimo, membro della commissione per il diritto commerciale istituita da Napoleone; e, ancora, a Giovanni Maria Angioy, al bittese Giorgio Asproni, uno dei protagonisti del movimento risorgimentale; al grande Giovanni Battista Tuveri che si pose al centro del dibattito etico-politico nell’Italia della seconda metà dell’Ottocento. In effetti, la Sardegna è sempre stata al centro degli scambi culturali del Mediterraneo. Un esempio per tutti: l’arrivo dei Gesuiti, di cui si ricorda quest’anno il quattrocentocinquantesimo anniversario, e la relativa fondazione dell’Università degli studi di Sassari.  

Quando si partirà ufficialmente?

Pensiamo già da questa estate. Magari cominciando proprio qui in Sardegna nelle città di Sassari, Alghero  e Bosa.  In fondo, sarebbe uno stage più che motivato! 

Gli stage durano al massimo una settimana, quindi.. e i costi?

Questi corsi saranno coordinati dalle Federazioni, dai Circoli sardi congiuntamente all’Università di Sassari. Si prevede l’impegno fattivo, concreto della Regione Sardegna, che nel programma triennale 2010-2012 ha inserito l’attuazione e il finanziamento di progetti atti a coinvolgere i giovani emigrati di seconda e terza in stage mirati alla loro formazione culturale. 

RIPROPONIAMO L’INTERVISTA AL PROFESSOR ANTONIO DELOGU DELL’UNIVERSITA’ DI SASSARI

COLLABORAZIONE ATTIVA FRA L’ATENEO E I CIRCOLI DEGLI EMIGRATI SARDI

«Credo che le Università sarde debbano oggi proporsi di far conoscere alle comunità dei nostri emigrati, diffuse oltre che nella maggior parte delle nazioni europee anche nell’America del Nord (Canada e Stati Uniti), nell’America del Sud (Argentina, soprattutto) e nelle città più importanti dell’Australia, i risultati delle ricerche che gli studiosi che vi operano producono da decenni sulla storia culturale isolana. Tra il Settecento e il Novecento, ad esempio, la Sardegna ha espresso intellettuali di grande prestigio su scala nazionale e europea: basti citare Domenico Alberto Azuni, Giovanni Maria Dettori (il maestro di Vincenzo Gioberti), Giovan Battista Tuveri, l’assai noto Antonio Gramsci, Antonio Pigliaru. Il problema da tener presente è che i nostri emigrati (soprattutto di seconda e terza generazione) sanno ben poco di questa storia, per molti versi avvincente». Parole del Professor Antonio Delogu (ordinario di  Filosofia morale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Sassari, da sempre impegnato nello studio dei momenti più significativi della storia del pensiero etico, politico, giuridico, filosofico sardo) che, a pochi giorni dall’assegnazione della delega rettorale per la formazione delle comunità sarde emigrate all’estero, così riassume la brillante intuizione del Rettore dell’Università degli Studi di Sassari, il prof. Attilio Mastino. La delega rettorale sulla formazione culturale delle comunità sarde all’estero si colloca in un momento d’oro per l’Università di Sassari, che grazie all’impegno del Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia, il Professor Aldo Maria Morace, sta anche attivando i corsi dell’Università per stranieri con sede ad Alghero: corsi che si propongono come luogo e momento d’eccellenza per gli studi sulla cultura e la storia italiane e sarde.  L’intento è quello di dislocare i corsi per stranieri in  sedi dal forte fascino paesaggistico e, allo stesso tempo, situati in posizioni geografiche in grado di facilitare gli spostamenti dei giovani che li frequenteranno. 

Professor Delogu, è la prima volta che l’Università di Sassari si occupa di instaurare rapporti con gli emigrati all’estero?

Di fatto si. Per la prima volta esiste una delega da parte del Rettore che si riferisce proprio alla formazione delle comunità sarde all’estero con l’attenzione rivolta soprattutto ai giovani sardi di seconda e terza generazione. Molti di loro frequentano le scuole superiori e le Università dello stato dove risiedono e, anche perciò, possono essere interessati alla conoscenza della storia della loro isola nei suoi molteplici aspetti.

Quale sarà dunque il suo impegno?

In sintesi, si tratta dell’avvio e della realizzazione di una serie di progetti di formazione culturale, che verranno concordati con i presidenti dei Circoli e delle Federazioni dei sardi all’estero. I docenti dell’ Università sassarese  proporranno in Sardegna o all’estero seminari, incontri di studio, cicli di lezioni rivolti ai nostri emigrati.

Soprattutto gli emigranti di seconda e terza generazione. Un modo per farli riappropriare delle proprie radici, quindi?

Certamente. L’intento è quello di dare loro delle conoscenze relative alla storia dell’Isola nei suoi vari aspetti:  antropologici, sociologici, etico-politici, giuridici, storico-sociali, letterari, scientifici. Gli emigrati, in particolare quelli  di seconda e terza generazione, si potranno riappropriare del ricco, complesso patrimonio culturale isolano di cui magari per accenni soltanto sentono parlare dai loro genitori: avendo studiato nelle scuole dei paesi d’emigrazione il loro ricordo della storia isolana rimane sfuocato.

Quale sarà la “strategia operativa”?

I nostri docenti universitari terranno i corsi di formazione culturale sia nelle città sede dei circoli sardi all’estero, avviando anche significative collaborazioni con le Università di riferimento sia in centri della Sardegna che ben si prestano, dal punto logistico e da quello ambientale, ad ospitare i corsisti. Ma non  solo:  anche dei nostri studenti potrebbero seguire lo stage programmato in un proficuo scambio di esperienze con i loro conterranei.

Di fatto, riallacciando i rapporti con i sardi all’estero si valorizza notevolmente anche il ruolo del circolo sardo… Certo. Il circolo potrebbe diventare un punto di riferimento culturale oltre che un punto di aggregazione. Quello che può conseguirne come  positivo risultato è dare ai nostri emigrati occasioni di conoscere oltre che (come sin’ora generalmente accade) il nostro patrimonio folkloristico,  anche quello più propriamente culturale: storico, letterario, scientifico, e quello dispiegato nelle varie scienze umane. Peraltro ciò consentirà di parlare dell’isola non come una realtà slegata dal  contesto europeo bensì come realtà fortemente inserita in una fitta rete di rapporti sviluppatisi  grazie a grandi nomi della storia culturale sarda: basti pensare a Domenico Alberto Azuni, fondatore del diritto internazionale marittimo, membro della commissione per il diritto commerciale istituita da Napoleone; e, ancora, a Giovanni Maria Angioy, al bittese Giorgio Asproni, uno dei protagonisti del movimento risorgimentale; al grande Giovanni Battista Tuveri che si pose al centro del dibattito etico-politico nell’Italia della seconda metà dell’Ottocento. In effetti, la Sardegna è sempre stata al centro degli scambi culturali del Mediterraneo. Un esempio per tutti: l’arrivo dei Gesuiti, di cui si ricorda quest’anno il quattrocentocinquantesimo anniversario, e la relativa fondazione dell’Università degli studi di Sassari.

Quando si partirà ufficialmente?

Pensiamo già da questa estate. Magari cominciando proprio qui in Sardegna nelle città di Sassari, Alghero  e Bosa.  In fondo, sarebbe uno stage più che motivato!

Gli stage durano al massimo una settimana, quindi.. e i costi?

Questi corsi saranno coordinati dalle Federazioni, dai Circoli sardi congiuntamente all’Università di Sassari. Si prevede l’impegno fattivo, concreto della Regione Sardegna, che nel programma triennale 2010-2012 ha inserito l’attuazione e il finanziamento di progetti atti a coinvolgere i giovani emigrati di seconda e terza in stage mirati alla loro formazione culturale.

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