di Angelo Morittu
A giudicare dalle loro straordinarie quanto misconosciute imprese gli antichi Shardana sarebbero dunque l’anello mancante tra l’Homo Sapiens Tnts e l’Homo Sapiens Sapiens Shrdn (Puru Omine Sardu Selezionadu Bassu). Tempo fa conversavo amabilmente con un amico sull’origine della bandiera sarda dei quattro mori, quando questi, molto sicuro di se, mi informò che già sulla celeberrima stele di Nora era presente il nostro beneamato vessillo moro-crociato. Per quanto fossimo entrambi totalmente ignoranti sulle scritture antiche osservammo per ore la foto della stele ma non riuscimmo a trovare traccia del glorioso stemma, l’epigrafia non è roba per tonti. Dopo alcuni mesi tornando sull’argomento chiarimmo l’equivoco: non trattavasi della stele di Nora ma di quella di Nola, praticamente sconosciuta ai più, dove un inequivocabile guerriero Shardana sventola una bandiera con croce blu in campo bianco e quattro scarabocchi neri nei cantoni. Ma chi sono questi Shardana? La prima volta che ne lessi fu sulla “Storia della Sardegna” di tziu Mundeddu Carta-Raspi in termini tutto sommato plausibili sia pur con notevoli interrogativi aperti dallo stesso autore. Oggi l’epopea Shardana è in pieno delirio espansivo e compulsivo, non più e non solo provetti navigatori e audaci predoni in terraferma ma, come il prezzemolo, presenti in tutte le fasi salienti della Civiltà Umana. Tutto sembrerebbe iniziare quando Abramo, il papà nobile di tutti gli Ebrei, abbandona la mitica UR capitale sumera in disgrazia, ma in verità non si capisce se i Shardana sono della stessa etnia del vecchio o semplici accompagnatori prezzolati e opportunamente circoncisi. Da allora questi Shardana che, più che popoli di mare, erano barcaioli d’acqua dolce infestano i mari di mezzo mondo, o meglio di tutto il mondo conosciuto: dalle coste del Libano, in Libia, a Marsiglia e oltre le Colonne d’Ercole in Gran Bretagna e Scandinavia e finanche in Marocco, Senegal e Zimbabwe. Ma dove potevano approdare i nostri eroi se non nella Sardegna Felix? All’inizio, prudentemente, venivano indicati solo come fondatori di alcune fiorentissime città-stato costiere, mentre il resto dell’isola era popolato dai nuragici costruttori di torri in pietra.
Le recenti acquisizioni, invece, sembrerebbero indicare nei Shardana non solo gli infaticabili costruttori dei nuraghi, ma anche delle “pajare” pugliesi, passando per i grandi templi ebraici, i murazzi di Cnosso fino ad arrivare al Grande Zimbabwe africano. Le loro officine meccaniche forgiavano a ritmi indiavolati armi metalliche di tutti i tipi: asce semplici e doppie, lance, spade, pugnali e comodi coltelli a serramanico, e corna acuminate da avvitare sugli elmi in bronzo massiccio. Insomma tutta la storia inizia con i Shardana ben conosciuti anche dagli egizi che li assoldano come truppe d’elite, e come tali naturalmente portate anche a complotti, congiure e colpi di stato. E fu così, imprevedibilmente, che i nostri terribili guerrieri si offrirono come scorta armata al popolo d’Israele schiavo in Egitto quando, con Mosè in capo, decise di fuggire alla ricerca della Terra Promessa, questo reparto militare così indomito, sfuggito a terribili cataclismi, un paio di diluvi universali e pure ad un metorite di dimensioni assurde, assistette quindi anche al prodigio della rottura delle acque del Mar Rosso. Il vagabondaggio sulle dune del Sinai durò quarant’anni, davvero un brutto contrappasso per un popolo che in mare non perdeva mai la bussola, abituato a menar le mani ridotto alla stretta convivenza con un popolo errante in un perenne recitar di salmi e preghiere. Nel frattempo, in Sardegna, costruivano nuragoni sempre più grandi, mentre in Grecia fecondavano le fanciulle doriche che partorivano la civiltà greca, in Turchia distruggevano Troia e saccheggiavano immense ricchezze dalle miniere sudafricane, non prima di averle circondate con possenti fortificazioni in pietra per difendersi dagli indigeni di colore. Nel tempo libero, nemmeno a dirlo, praticavano il loro sport preferito consistente nello straziare moltitudini di esseri umani con orrido sa(r)dismo e grandissime risate sardoniche. I meno abili con le armi scolpivano statue nella tenera roccia del Sinis, tingevano drappi, tessevano il bisso e cantavano stornelli a tenore. Reduci di guerra e pensionati tenevano costosissimi master di commercio navale e scrittura creativa ai Fenici, popolo mollusco ma assai danaroso. Non è dato sapere perché, se tutto il mondo è di origine Shardana, la loro eredità sia terminata tutta in Sardegna, dobbiamo esserne fieri e orgogliosi, siamo o no il popolo più costantemente resistente al mondo?
Io un commento lo lasciai tempo fa ma pubblicate solo quello che volete voi. ora però seganlo un abuso. la foto che pubblicate è di porprietà di leonardo Melis… non lascerò più commenti, ma segnalerò a chi di dovere
leonardo
Tanto tempo fa, io non ero ancora nato, ma sono rimasti degli scritti, mi pare che un certo Socrate, anch’egli d’origine shardana, vista l’iniziale, se la prendeva con certa gente che definiva ” retorica “.
Quest’ultimi, pur di ottenere consensi per puro desiderio di prevaricazione, non lesinavano termini forbiti e chiari giochi di parole.
I retorici in seguito, trasferitesi a quanto pare anche in territorio romano, presero il nome di ” ruffiani ” ovvero di coloro che, pur rimanendo di fede retorica, continuavano la professione al fianco d’un potente che provvedeva lautamente al suo sostentamento. Tutto alla luce del sole.
Pare che questi esemplari siano giunti sino a noi, ed in cospicuo numero. Tra i più noti abbiamo alcuni giornalisti televisivi, direttori di famosi quotidiani e reietti della società che hanno comunque trovato un posticino al fianco di qualche potente politico.
Si badi bene, non c’è nulla di illegale nell’intraprendere questa carriera. Non è mica vietato utilizzare quanto di meglio la nostra lingua, sarda o italiana, si presta e ci offre, anche se al servizio di qualcun altro .
Chi pretende di sedersi sulla poltrona della critica, e ne possiede anche i numeri, deve fare il proprio dovere, quindi criticare. Solo che a molti piacerebbe che la critica fosse propria… e se cosi non è… almeno sapere da che parte si sta
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