di Massimiliano Perlato
Vabbe’, insomma, nessuno è perfetto. Voglio dire: dalla Corea del Nord in quanto nazione prendo vigorosamente le distanze, non fosse altro per quel regime vagamente totalitario che l’affligge, o per quell’ostinato isolamento dalla comunità internazionale, o per quei campi di internamento per gli oppositori di cui ancora si vocifera, o per quella bizzarra mania di lanciare missili nel Pacifico o fare esperimenti nucleari o affondare navi altrui. Ma la spedizione ai Mondiali di calcio è l’unica vera storia che regga in questo clima di noia e trombette che si taglia con il coltello. E passi per il terzo portiere che in realtà è un centravanti, e passi per i quattro giocatori misteriosamente scomparsi dalla distinta prima della partita con il Brasile (“tutto a posto”, dicono. Io ho un brivido). Ma la cosa dei tifosi è fantastica. Sottolineo la grandezza dell’impianto concettuale. Cioè, hanno ingaggiato cento cinesi, gli hanno dato qualche soldo, vitto e alloggio, gli hanno dato magliette e trombette e gli hanno detto: “Ok, ora tifate Corea del NorD e non ditelo a nessuno”. Intanto in patria vedono le partite in differita di 17 ore, perché di notte sono vietate le trasmissioni televisive. Dev’essere un posto meraviglioso, la Corea del Nord. Se dopo le 23 spengono tutto, non avranno televendite, repliche e “Notti mondiali”. Quasi quasi le ferie le faccio a Pyongyang.