di Gianni Cilocco
Il tesoro costituito dalla Sardegna, caratterizzata da varietà naturali uniche al mondo e da una molteplicità di testimonianze di un passato plurimillenario, pare particolarmente adeguato ad essere presentato come un dono d’amore ed uno specchio del sé di un emigrato o di un figlio di genitori nati sull’Isola. E come un vero e proprio omaggio sentimentale; la sua “trasmissione” può passare attraverso le parole unite alla stimolazione dei cinque sensi, dai quali trasuda l’insita passione per la terra dei padri. Da qui la ragione per una divulgazione dell’identità regionale e delle realtà isolane attraverso, da un lato, i gusti ed i profumi dei prodotti tipici, nonché la possibilità di toccare con mano i manufatti locali; da un altro lato altrettanto idonea si delinea essere l’ausilio di immagini e colori e l’ascolto di musiche e di suoni autoctoni. In riferimento a questa seconda tipologia di mezzi, ideale si è presentata la proiezione di filmati e diapositive. Si segnala, nella specie, il documentario edito da Master Film ed intitolato Sardegna Isola parco, prodotto dal regista sardo Davide Mocci, noto ed apprezzato per la propria collaborazione alla trasmissione RAI “Geo&Geo”. Il relativo filmato, sintesi d’immagini che si articola attraverso una narrazione ad inconfondibile voce di Claudio Capone, passa per la presentazione di bellezze naturali incomparabili ed antichi manufatti e vestigia di siti umani, dalle nevi del Gennargentu nella stagione invernale alle pietre del villaggio nuragico di Tiscali, da incantevoli calette, meravigliosi fondali marini ed imponenti falesie rocciose di Capo Caccia al sito archeologico di Tharros, senza dimenticare il maestoso canyon di Su Gorroppu, le ricche lagune isolane e le lande della Giara di Gesturi, note, quest’ultime, per i conosciuti cavallini selvatici. A questa proiezione si è aggiunta la riproduzione filmata d’immagini di emblematici eventi fondamentali del calendario isolano, in primis la solennità di Sant’Efisio ed in secondo luogo la Sartiglia di Oristano. La prima festa, celebrata a Cagliari ogni 1° Maggio, costituisce, con molta probabilità, la più radicata ed imponente delle manifestazioni tradizionali della Sardegna, attraverso la quale, da oltre tre secoli, annualmente e senza soluzioni di continuità, si rinnova il patto duraturo che lega il Santo alla città sarda che a lui si appellò e fece voto nel corso della peste del 1656, nonché durante il tentativo di occupazione francese dell’inverno 1792 – 1793. Fortemente caratterizzata dal racconto agiografico, nella quale il santo viene descritto come soldato romano martirizzato sotto l’imperatore Diocleziano presso Nora, meta di arrivo del celeberrimo corteo in costume che, muove da Cagliari, la manifestazione vede la realizzazione di una processione che si snoda lungo le strade del capoluogo e che procede sul lungomare, passando per le località di Giorgino, di Sarroch e di Pula, per poi tornare, al quarto giorno, presso la chiesa di partenza, edificata laddove la tradizione colloca il carcere del santo durante la persecuzione. Sant’Efisio, patrono dell’intera Isola, è soggetto nel quale i Sardi si identificano, e nella relativa festa annuale, la quale trova il suo fulcro nella citata processione, si coniugano elementi essenziali della cultura locale con aspetti, forme, colori, suoni e profumi di religiosità e tradizione popolare, paralleli a quelli canonici, che veicolano ancora oggi contenuti tipici e motivi sempre nuovi, che rendono l’evento uguale e diverso, anno dopo anno. La Sartiglia di Oristano, invece, consiste, in sintesi, in una giostra equestre che vede il connubio della ricchezza dei costumi, dei colori e dei suoni della storia isolana, la quale trova celebrazione annuale durante il Carnevale. Essa pare trarre origine, secondo la tradizione, in una lungimirante intuizione del canonico Giovanni Dessì del febbraio 1543, il quale, al fine di scongiurare le continue sanguinose risse che avvenivano nel reciproco odio fra Arborensi e soldati aragonesi, propose l’istituzione di questa manifestazione, contribuendo così, contemporaneamente, alla cristianizzazione della Sardegna nella rimozione delle violenze consumate nel contesto di ancora vivi e diffusi riti arcaici di propiziazione dell’annata agraria, consistenti, per lo più, in sacrifici di sangue. Raccontare la propria Isola, patria di nascita o terra del cuore, orgoglio dell’origine e radice della propria anima, può quindi essere un’emozione sempre forte ed, al contempo, nuova sia per il narratore sia per l’uditorio, specie se curioso e fertile come un gruppo di ragazzi di scuola media, dotato di un invidiabile entusiasmo dovuto alla giovane età ed alle fantasie alimentate dall’attesa di una futura gita in una terra che qualcuno ha teorizzato corrispondere al mitico continente di Atlantide. Ed in questo modo tale canale narrativo, toccando le reciproche corde sensibili che conducono agli animi, può costituire un “luogo” di memoria e di incontro tra generazioni diverse e terre separate dalla distanza geografica