di Paolo Pulina
Antonio Francesco (“Cicciu”) Scanu Uleri nacque il 6 luglio 1926 a Ploaghe, in una famiglia che aveva aperto una sartoria nello stesso domicilio dove viveva, mettendo a frutto le competenze di sarto e di orologiaio che il padre aveva acquisito lontano dalla Sardegna, combattendo per la difesa dei confini della patria durante la 1ª Guerra Mondiale.
La famiglia materna Uleri-Sechi aveva il soprannome di “Tres limbas” per la facilità che avevano tutte le sorelle nel parlare a lungo tempo senza sosta (come se avessero non una ma tre lingue).
Terzo di sei figli (il maggiore dei quali morì a pochi mesi dalla nascita), fin da piccolo volle essere autodidatta, dimostrando un grande interesse per lo studio. A 10 anni vinse un concorso tra i ragazzi di tutta la Sardegna in materia di conoscenze religiose, che prevedeva come premio quello di prendere parte a una udienza di Papa Pio XI a Roma, con gli altri finalisti di tutta Italia.
Terminata la scuola elementare a Ploaghe, continuò gli studi medi e superiori nel Seminario di Sassari, anche se, a causa della 2ª Guerra Mondiale, non arrivò a completarli. Giocò come portiere per alcuni anni nella squadra locale di calcio “Plubium”.
Entrò in polizia e compì il servizio militare in Campania, effettuando l’addestramento ad Avellino nel 1948.
In seguito continuò in continente la sua attività di poliziotto, specializzandosi nel campo di attività della polizia scientifica. Nel 1952 fu destinato al Commissariato di Sassari, ma nel 1955 ritornò in continente, in Lombardia, dove cominciò a coltivare una grande passione per la fotografía.
Nel 1957 conobbe a Roma la sua futura moglie, Salvadora Casanova, di nazionalità spagnola, con la quale ebbe poi corrispondenza in castigliano, appreso da autodidatta. Nel 1958 si recò per la prima volta a Barcellona, dove si stabilì definitivamente nel 1961. Lavorò per molti anni presso la Carlo Erba, industria farmaceutica di capitale italiano.
Il 26 gennaio 1963 si sposa con Salvadora (Dorita) a Ploaghe, in una cerimonia officiata da Mons. Spada, seguita da una celebrazione tipicamente ploaghese. Nel 1964 nasce l’unica sua figlia, Lourdes. Ogni anno, nel mese di agosto, tutta la famiglia intraprende un viaggio di due giorni da Barcellona, per poter passare le vacanze nella terra e con i familiari e parenti di “Cicciu”.
A Barcellona collabora ad attività di diffusione della cultura e della lingua sarda; è amico di quelli che, una volta finita la dittatura franchista, difendono la cultura e la lingua catalana; partecipa anche a iniziative di divulgazione dell’ algherese.
Dal 1981 impiega il tempo libero nella trascrizione dei documenti dell’ Archivio Parrocchiale di Ploaghe, e nel 1983, andato in pensione, si iscrive alla Facoltà di Filologia dell’Università di Barcellona. Frequenta i primi tre corsi di Filologia Catalana ma nel 1986, considerando che l’Università non gli può dare maggiori conoscenze di quelle che può procurarsi da autodidatta, si impegna nello studio della lingua sarda, in particolare della sua variante logudorese settentrionale, e comincia così le sue ricerche sulla lingua sarda come si parla a Ploaghe.
Ed ecco: “It’est Piage?” (Poesie su Ploaghe e la lingua sarda) e “Plovacae” (Studi e ricerche fino al 1983). Del 1986 è “Sa limba sarda e su faeddu de Piage” scritto in sardo, con grafia italiana.
Nel 1987 inizia la raccolta di documenti “Piage dai s’antigidade a hoe” in sardo con grafia italiana:1ª parte: Inizi della vita a Ploaghe; 2ª parte: Il periodo nuragico; 3ª parte: I Fenici.
Successivamente provvede ad altri studi in sardo, sempre con grafia italiana: “Gli Etruschi e altre cose” (1988); “Le chiese e il cimitero vecchio di Ploaghe” (1988); “Cartagine e i punici in Sardegna” (1989); “La prima invasione romana” (1990); “Commentari al volume ‘Le chiese e istituzioni di Ploaghe’ pubblicato da mons. Gavino Spanedda” (1990).
Nel 1991 continua le sue ricerche (“Il clero di Ploaghe”; “I candelieri di Ploaghe”; “La Baronia di Ploaghe”; “Toponomastica e sviluppo degli edifici del popolo”) e prosegue la trascrizione di documenti dell’ Archivio Parrocchiale di Ploaghe.
Nel 1992 si dedica a: “Studio della situazione della Sardegna sotto il dominio romano”;
“ ‘Provaca’ versus ‘Plubium’ ”; “Studi sugli effetti pratici della romanizzazione”; “La lingua sarda”.
Nel 1993 inizia quella che è da lui presentata come “grafia di autore”. È il primo tentativo di riproduzione scritta del logudorese settentrionale con tutte le sue caratteristiche grafiche e fonetiche.
Secondo questi criteri trascrive e amplia il testo intitolato “Sa limba sarda e su faeddu de Piage”, ovvero come “La lingua sarda come si parla a Ploaghe”.
Utilizza questa “grafia di autore” anche nei seguenti studi: “Forza paris: la seconda invasione militare romana della Sardegna”; “Il Ferragosto ploaghese”; “I Candelieri, una vergogna?”.
Del 1994 è la ricerca dal titolo “Le due facce di un popolo. Considerazioni sopra l’evoluzione esterna e interna di Ploaghe”. Nello studio “Limba o Limboina” raccoglie opinioni a favore o contro il disegno di legge regionale sulla lingua sarda. Nello stesso anno conduce una analisi critico-letteraria della raccolta di poesie di Lorenzo Ilieschi di Ploaghe intitolata “Campanas a repiccu” (1994).
Nel 1995 realizza uno studio su “Le chiese proprie e il condaghe di San Michele di Salvennor”.
Dotatosi di un personal computer, realizza un tentativo di riproduzione informatizzata della grafia adottata per la scrittura della lingua sarda logudorese nello studio “La poesia del Rettore Salvatore Cossu” (Chiaramonti 1799 – Ploaghe 1868).
Uomo di profonde convinzioni religiose, anche a seguito della malattia della figlia Lourdes, nel novembre del 1995 si cimenta nella sfida personale di procurare la traduzione in lingua sarda del Messale Romano e delle Sacre Scritture (Antico e Nuovo Testamento) terminandola nel luglio 1999, e offrendo il suo lavoro, contenuto in 8 volumi e in un CD-rom, all’ Archivio della Parrocchia di S. Pietro Apostolo di Ploaghe durante una cerimonia pubblica che ha luogo il 22 agosto 1999.
Continua la collaborazione ad attività di diffusione della cultura sarda in Catalogna, e mantiene rapporti quotidiani, per telefono o via internet, con i suoi amici e familiari in Sardegna.
Nell’ottobre del 2000 collabora alla costituzione della “Associazione dei Sardi di Spagna” rispondendo alla chiamata del prof. Raffaele Melis Pilloni. Partecipa ad alcune iniziative promosse da questo circolo di emigrati sardi, e allo stesso tempo cerca di avere contatti con le autorità ecclesiastiche competenti per diffondere la sua traduzione in sardo sia del Messale Romano sia della Bibbia, però la particolare situazione linguistica della Sardegna non sembra interessare molto a queste autorità.
Con i nipoti Adriano (1991) e Paola (1995), quando erano piccoli, parlava e cantava in sardo mentre con la figlia Lourdes, 30 anni prima, non parlava né in italiano, perché non gli veniva spontaneo, né in sardo.
L’ ultimo viaggio a Ploaghe lo effettua nell’agosto 2003 quando era già malato, accompagnato dal nipote Adriano che allora aveva 12 anni.
Si sottopone a una operazione nel 2002, ma non vince la lotta contro la malattia: muore a Barcellona, a 78 anni, il 31 luglio 2004.
“Cicciu” Scanu rinunciò per amore alla sua terra, però non alla sua lingua e cultura, della quale mai si dimenticò e alla quale dedicò totalmente gli ultimi 20 anni della sua vita.
Fedele ai suoi familiari e amici, sempre tenne lo sguardo rivolto verso la Sardegna, e in particolare verso il paese che lo vide nascere: Ploaghe.