di Massimiliano Perlato (immagine di un leccio secolare)
Il parco, area tra le più suggestive e incontaminate dell’isola e d’Italia, ricade nei territori di Aritzo, Arzana, Baunei, Belvì, Desulo, Dorgali, Fonni, Gairo, Lodine, Meana Sardo, Oliena, Ollolai, Olzai, Orgosolo, Ovodda, Seui, Seulo, Sorgono, Talana, Tiana, Tonara, Urzulei, Ussassai, Villagrande-Strisaili. Comprende tre grandi sistemi: il Gennargentu ("porta d’argento"), imponente complesso di scisti paleozoici dalle pendici boscate e le cime steppose, che costituisce la massima elevazione dell’isola (Punta Lamarmora, 1834); il Supramonte, vastissimo altopiano di calcari e dolomie del mesozoico (Monte Corrasi, m 1463), ricco di acque sotterranee e caratterizzato da un paesaggio tormentato e selvaggio. Tra i siti più belli: il Supramonte di Oliena e la valle di Lanaittu; il Supramonte di Orgosolo, nel quale sopravvivono lecci ultrasecolari (Foresta Demaniale Montes); la sorgente carsica di Su Gologone, la più importante della Sardegna; il canyon di Su Gorroppu, il più profondo d’Italia e forse d’Europa, con pareti alte sino a 450 m; la dolina di Su Suercone, immenso inghiottitoio che include una stazione di tassi secolari, cavità e voragini; le grotte Su Bentu e Sa Oche, estese per circa 15 km; il golfo di Orosei, naturale appendice a mare del Supramonte, che si estende da Cala Gonone a Santa Maria Navarrese con scenografiche pareti calcaree a falesia, dove si aprono grotte (Bue Marino-Dorgali) ed incantevoli calette (Cala Luna-Dorgali). Il paesaggio vegetale del Gennargentu muta col salire di quota: alle pendici residuano lembi della lecceta che fino all’800 interessava l’intera montagna; più in alto sono presenti roverelle, aceri, ginepri, formazioni di agrifoglio e isolati tassi; sulle cime crescono erbe perenni ed arbusti prostrati, con preziosi endemismi e specie esclusive. Nel Supramonte dominano le foreste di leccio, autentici santuari della natura e mai tagliate in alcune località. Molto ricca la fauna, con specie endemiche esclusive della Sardegna: tra i mammiferi i mufloni, la cui popolazione è in ripresa, cervi sardi e daini reintrodotti, gatti selvatici, volpi e ghiri; l’avifauna annovera quasi cento specie nidificanti, tra cui il grifone, il falco della regina, l’aquila reale, l’astore, lo sparviero, la poiana; anfibi, rettili e insetti, con la rara farfalla Papilio Hospiton; importanti anche gli invertebrati degli ambienti di grotta e la foca monaca, che ha dato il nome alla Grotta del Bue Marino e i cui avvistamenti nelle acque del Golfo di Orosei sono sempre più rari. L’area del parco, in particolare il Supramonte di Oliena e il Lanaittu, conserva importanti siti archeologici: la grotta Corbeddu, che ha restituito i più antichi resti ossei della Sardegna (paleolitico inferiore); il villaggio nuragico del Monte Tiscali, quasi intatto nel profondo di una dolina, e quello di Sa Sedda ‘e Sos Carros, cui è annessa un’area sacra. Risalgono al neolitico i graffiti rupestri della grotta del Bue Marino-Dorgali, ma abbondano nel restante territorio i monumenti prenuragici (domus de janas, dolmen, menhir) e nuragici (nuraghi, villaggi, santuari, tombe dei giganti).