di Tonino Bussu
Ha creato simpatie e consensi l’iniziativa de sa paradura di Gigi Sanna, cantante del gruppo de sos Istentales, ma anche attivo imprenditore agricolo di una fattoria didattica in quel di Baddemanna a Nuoro. Già il nome Istentales, la grande e meravigliosa costellazione autunnale di Orione, rievoca antichi miti greci, ma anche tradizioni pastorali sarde in quanto questa costellazione, chiamata Sos Baccheddos in Barbagia, era l’orologio notturno estivo per i pastori barbaricini e, quando si presentava sulla volta celeste, preceduta poco prima da su Gurdone, le Pleiadi, avvertiva che era il momento di riportare il gregge all’ovile dopo il pascolo notturno de su chenadorzu. Quindi Orione, sos Baccheddos, sos Istentales, diventano oggi con Gigi Sanna il simbolo dell’antica solidarietà pastorale senza burocrazia che in poco tempo riescono a creare, a parare un gregge per donarlo ai fratelli pastori abruzzesi colpiti dal terremoto. Una forma di solidarietà comunitaria in vigore nella società pastorale fino agli anni sessanta, che affonda le sue radici nei secoli passati quando in casi di estrema necessità personale non vi erano aiuti pubblici e si rischiava la fame e la miseria. Numerosi sono i racconti di troppas de pastores, gruppi di pastori, che si prendono l’impegno di andare da un ovile ad un altro e chiedere una , due o più pecore, a seconda dei casi, per ricostruire il gregge del Tal dei Tali perché o gli era stato distrutto da una calamità naturale, o gli era stato rubato o perchè, dopo vari anni di prigione, non aveva più nulla e quindi era opportuno metterlo nelle condizioni di riprendere a lavorare. Ecco quindi i termini in lingua sarda per indicare questa antica pratica di sa ponidura, come dice spesso Gonario Pinna nella sua opera ‘Il pastore sardo e la Giustizia’, da ponner, mettere a disposizione una pecora o altro capo di bestiame. L’altro termine è sa paradura, da parare cioè formare, creare, parare pacos pecos de bestiamene, formare un piccolo gregge di pecore o di armenti o maiali ecc. Si dice anche su paru, per indicare un genere, specie di bestie, su paru de sa berbeghe, ma in certi casi, soprattutto quando si intende condannare l’azione riprovevole di una persona, si dice anche su paru ‘e su tontu o de s’isterzare! Comuni sono espressioni come : e ite li cheries facher a su par’e su maccu! E per indicare il massimo del disprezzo nei confronti di una persona o di una bestia invece che paru su dice parìle, o parìle malu! Quindi sa paradura da parare. Mi raccontava un pastore barbaricino in quel di Bosa che negli Anni Sessanta aveva donato almeno dieci pecore per aiutare un amico a ricrearsi il gregge, mentre per un altro pastore del Montiferru avevano lo stesso fatto sas berbeghes de dimanda. Nei primi Anni Venti del secolo scorso una violenta calamità naturale aveva tra l’altro incenerito il gregge di un pastore di Ollolai, certo Giovanni Lostia mi sembra, e allora, anche su indicazione del Consiglio Comunale, come risulta da una delibera del tempo, i pastori ollolaesi hanno portato nel suo ovile ognuno una pecora viva e in cambio si son presi una pecora morta e nel giro di qualche giorno gli hanno ricostruito il gregge , l’an torrau a parare sa gama, sa roba, salvandolo dalla disperazione più nera. Istituti come sa ponidura o paradura o berbeghes de dimanda dovrebbero essere contemplati negli statuti comunali perché sono una pratica che permette di esprimere la solidarietà viva, diretta e soprattutto veloce, senza perdersi in lungaggini burocratiche. Abbiamo tentato negli anni scorsi di mettere in qualche statuto comunale tracce, arrastos delle nostre migliori tradizioni comunitarie come la figura de s’omin’e mesu o appunto de sa paradura, ma la modernità e la legislazione statale non lascia spazio a scelte coraggiose e identitarie di questo tipo che, per alcuni che predicano la superficiale sardità da cartolina, è solo vecchiume. Per fortuna invece tali istituti sopravvivono nelle iniziative di persone e gruppi che infischiandosene delle leggi danno risposte, come in questo caso, che sostituiscono quelle statali o regionali che spesso o non arrivano o arrivano in ritardo, nonostante siano normate da leggi ben precise nella loro stesura. Sarebbe opportuno che la Regione, considerato l’attenzione e la sensibilità dell’Assessore all’Agricoltura per questo evento, si muovesse nella direzione di recuperare questi istituti comunitari che hanno una grande e immediata efficacia, purchè siano sganciati dalla burocrazia.
Grazie mille! Al prossimo! Buon lavoro!