Un importante giornale nazionale, riportando la notizia in prima pagina, ha intitolato "La rivincita del cemento". Basta questo, forse, a dare la misura delle diverse chiavi di lettura che si possono dare dell’approvazione (con 39 voti favorevoli e 20 contrari) del disegno di legge recante il titolo "Disposizioni per il sostegno dell’economia mediante il rilancio del settore edilizio", ma più noto come "Piano Casa" per la Sardegna. Si è trattato di un mese di confronto d’aula molto duro che ha aperto, spaccature anche all’interno della maggioranza, e che ha plasticamente messo in evidenza, qualora ce ne fosse stato bisogno, uno dei punti di maggior distanza tra il centrodestra ed il centrosinistra in Sardegna: il rapporto tra sviluppo e territorio. Il Presidente Cappellacci (in sintonia con Confindustria) parla di un provvedimento che "permetterà di accendere una fiammella per il rilancio dell’economia dell’Isola" difendendosi dalle accuse di cementificazione lanciate dal centrosinistra ed anzi rilanciando la palla in campo avverso, ricordando le tante "intese" approvate dalla Giunta Soru. E mentre l’assessore all’Urbanistica Asunis afferma che la legge darà ai sardi "risposte che consentono di superare un momento di massima drammaticità", l’opposizione denuncia i pesanti condizionamenti degli interessi di alcuni gruppi di potere, paventando un danno enorme all’economia dell’isola, consegnata "alla sola speculazione edilizia". Il provvedimento, articolato in sedici articoli, contiene molti aspetti che hanno animato il dibattito tra le parti. Ad esempio, l’articolo 2 concede un incremento fino al 10% per gli edifici a uso residenziale situati nei 300 metri dalla linea della battigia, ma senza sopraelevazione, previo parere della commissione per il paesaggio istituita dall’articolo 7. Oltre i 300 metri, l’articolo 2 dispone che gli indici massimi di edificabilità possano essere fino al 20% per le case uni-bifamiliari e plurifamiliari e fino al 30% se l’incremento volumetrico sia accompagnato da interventi di demolizione e ricostruzione (articolo 5) in base ai canoni del risparmio energetico. Gli stessi interventi sono ammessi nei centri storici per gli edifici costruiti meno di cinquant’anni fa. Vengono previsti premi anche per le aziende agricole (articolo 3): nei 300 metri, fino al 10% per gli ampliamenti di attività escludendo le abitazioni; oltre i 300 metri, fino al 20%, cioè 10 per le attività e un altro 10% per le abitazioni. All’art. 11, viene previsto l’aggiornamento e la revisione del Piano paesaggistico da parte della Giunta (l’Anci protesta perché i Comuni saranno solamente "sentiti"). L’art. 13 prevede la possibilità di aumentare le volumetrie degli alberghi fino al 35%. Inoltre, gli hotel che hanno già aumentato la cubatura sfruttando la legge 23 del 1993 potranno ottenere il 10% di volumetria in più. L’articolo 15 prevede il recupero dei sottotetti a fini abitativi, ma dovranno essere alti almeno 2,40 metri. Tutti gli ampliamenti sono ammissibili su edifici realizzati entro marzo 2009, sempre che siano muniti di titolo abilitativo e che, infine, entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge sia stato depositato il loro accatastamento. Gli interventi esterni alla fascia dei 300 metri e ai centri storici (assoggettati a concessione edilizia dei Comuni) dovranno essere accompagnati dalla dichiarazione di inizio attività (Dia). Contestualmente all’approvazione del provvedimento, l’aula ha approvato all’unanimità (in un raro momento di accordo) un ordine del giorno bipartisan contro la realizzazione di parchi eolici sulle coste sarde. Si chiede al governatore Cappellacci di opporsi alla concessione demaniale trentennale nell’Oristanese e a eventuali altre iniziative analoghe. Sfrondato il dibattito dalle venature ideologiche, è chiaro che il nocciolo dello scontro è il destino delle coste dell’isola. Quanti milioni di nuovi metri cubi verranno riversati sulle nostre coste? In che modo ne modificheranno il profilo? Non si rischia di bruciare, in poco tempo, l’inestimabile valore ambientale che tanta parte gioca nel successo turistico della Sardegna? Il confronto rischia di spostarsi dal piano politico a quello giudiziario. Secondo l’opposizione infatti la norma approvata viola le leggi nazionali, a partire dal Codice Urbani, e pertanto sarà impugnabile da parte di qualunque cittadino ritenga lesi i suoi interessi. Insomma, la vicenda appare tutt’altro che conclusa. Ma già dalle prossime settimane si potranno toccare con mano gli effetti del provvedimento approvato.
Roberto Scema
UNA FIGURA ECCEZIONALE … PER COME SCRIVE … PER COME E’
MICHELA MURGIA, UN PERSONAGGIO IN GRANDISSIMA ASCESA
A Cassina dé Pecchi, diciassette chilometri da Milano, fortunatamente ci si arriva con la metropolitana. Per inciso questi Pecchi da cui il nome, erano conti fiorentini che se la comprarono nel tredicesimo secolo, le api d’oro del loro stemma (i pecchi) sono ancora stampigliate in quello odierno del paese. Arrivare al piccolo teatro della Martesana, dove ho fatto da "coordinatore" per la presentazione del libro "Accabbadora" di Michela Murgia, fresco vincitore del premio Dessì, è impresa più ardua. Me lo conferma Michela stessa che arriva giusto cinque minuti prima dell’ora canonica d’inizio, il che ci permette di nulla concordare riguardo a come la serata evolverà, facendo dell’improvvisazione il miglior catalizzatore di una spontaneità che sempre dovrebbe caratterizzare questo tipo di eventi. Che diversamente tenderebbero a somigliare ad una svendita urlata di pentolame, tipo Vanna Marchi, per intenderci. In realtà il pericolo è più torico che reale, che l’autrice di cui parleremo è persona del tutto eccezionale, per come scrive e per come è. Le metto in mano la "Gazzetta del Sulcis"di un anno fa dove scrissi del suo "Il mondo deve sapere", il libro che le ha spalancato le porte dell’editoria che conta: da allora per Einaudi, prima nella "ET Geografie" ha pubblicato un "Viaggio in Sardegna", poi per la più prestigiosa collana degli "Struzzi" eunadiani uno scritto in un’antologia dall’improbabile titolo "Questo terribile intricato mondo" (proviene a quanto pare da una frase contenuta in un vecchio discorso di Enrico Berlinguer) e, buon ultimo, questo suo "Accabadora", che nel Dessì ha bruciato sul filo di lana i libri di scrittori quali Raffaele Nigro e Giorgio Vasta. A S. Giovanni in Sinis, frazione marina del comune
di Cabras, dove Michela è nata (nel ’72) vado da una vita (ospite di un’amica milanese innamorata della Sardegna). C’è chi nasce alle falde di Montevecchio (non che io mi lamenti) e chi scorazza fin dall’asilo tra le spiagge di quarzo multicolore di "Is aruttas", "Maimoni", "Mari Ermi". Io dico che un po’ di quel sole che si rifrange sui granelli metasilitici che carezzano il mare cobalto del Sinis le è rimasto nel brillio dello sguardo, traditore di un’intelligenza superiore, mi permetto di dire, da strega, visto i libri ammalianti che sa scrivere. Ho letto in una sua intervista (internet docet) che non sopporta i giornalisti che le chiedono quanto di autobiografico ci sia nei suoi scritti, ma mi tocca correre il rischio visto che nella dedica del suo libro ultimo si legge:"A mia madre. Tutt’e due". E allora Michela ci dice che sì, anche lei è "fill’ e anima", come la Maria Listri del libro. Che in realtà è di questo particolare rapporto vuole parlare soprattutto. Il fatto poi che Bonaria Urrai, che sceglie la piccola Maria, orfana di padre, quarta femmina di una famiglia povera, a vivere con sé, come figlia d’ anima, sia anche una "accabadora", è un elemento ulteriore, significante ma non caratterizzante in assoluto per lo stendersi della trama. Il titolo stesso del libro doveva essere provvisorio ma, come dice Michela, nulla di più definitivo delle cose provvisorie: quelli dell’Einaudi se ne sono innamorati, per il suono di mantra che ricorda. Nella trattativa finale in cui l’autore ha una limitata autonomia di contrattazione, lei è riuscita a strappare un’altra opzione che, in questi tempi italioti in cui la libertà di stampa viene coartata da una abnorme concentrazione di mezzi mediatici di proprietà di un unico editore che, alla faccia della democrazia egualitaria, ha scelto di "entrare in politica", seppure per salvarci dal pericolo comunista,le ha permesso che neppure una riga del libro venisse, non dico censurata, ma minimamente mutata. Che poi codesto editore (il più ricco d’Italia), di cui non faccio il nome per il diritto alla privacy, si arricchisca viepiù vendendo i libri di Michela, e siamo già alla nona edizione, è uno di quei paradossi da cui non si riesce ad uscire. Finora. Gli è che ogni scrittore che voglia farsi leggere, cosa che tutti li caratterizza ontologicamente, deve passare per queste forche caudine, pena la marginalità a cui è condannato diversamente. E Michela Murgia, ci tiene a ribadirlo, non scrive libri sardisti per soli sardi, scrive vivaddio per tutti. Non siamo interamente d’accordo sull’esistenza certa di questa figura nel portato storico sardo. Io mi rifaccio alla tesi che la dott.essa Maria Antonella Arras ha scritto per il suo master in bioetica nell’università di Torino (anno 2007-2008):"Riti e credenze di fine vita nella tradizione popolare sarda". In essa si può leggere come: "…in Sardegna è sempre esistita una cultura di empatia con la morte, una sorte di "tanatologia culturale" che in ogni tempo ha condizionato la vita della sua gente". E la figura dell’accabadora ne esce ammantata di una sua veridicità, che non le viene solo dai racconti della tradizione. Michela dice aver fiducia degli antropologi con cui ha parlato e che negano esserci decisive prove storiche al riguardo. Come che sia solo in un contesto sardo una figura femminile che, accettata dalla comunità, si dispone a "finire la vita"di un moribondo, che protrae la sua agonia dolorosamente, può acquistare patente di plausibilità. E Bonaria Urrai è accabadora in grazia di come Michela la fa muovere ed operare. E parlare anche. Con Nicola Bastìu: "…hanno detto che non guarirò…mi devono portare via la gamba…morirò". "Non morirai, ti porteranno solo via una gamba". "E’ lo stesso, forse che un cavallo non è morto se si azzoppa? O lo accudiscono a biada da storpio?". "Tu non sei un cavallo Nicola". "Appunto che non sono un cavallo, mi merito di più che portare tutta la vita il lutto di me stesso"." Non saresti né il primo né l’ultimo". " Piuttosto mi ammazzo". Dovreste leggere anche il libro di Giovanni Murineddu ("L’agabbadora",ed.Il Filo 2007) che tratta il medesimo argomento per gustare appieno, per contrasto, l’intensità di scrittura del libro della Murgia. Che tra l’altro sa anche parlare come un libro stampato, anzi meglio, capace com’è di condire con l’ironia concetti di vita che si sente meditati e ripensati criticamente. E la platea di stasera ne è deliziata e commossa, di questo suo dire e raccontare. Di questo suo fare "outing" dichiarandosi sardista nell’anima per sempre, rivendicando nell’albero deradicato d’Arborea la vera bandiera sarda, pur riconoscendo al vessillo dei quattro mori una valenza simbolica oramai acclarata. Dice di aver sposato un bergamasco per dare un contributo suo al ravvedimento del popolo padano, quello partorito dall’inventiva del suo inossidabile guru, senatore per antonomasia. Non crede che esista un popolo sardo se non che per condivisione di valori e credenze, mai per isolamento o particolarità etnica. E io che lo vado invece cercando da anni, invano! Nell’antologia che ho citato prima ogni autore, ci dice, ha avuto lo stesso compenso, le sue quattro paginette sono state pagate quanto le quaranta di Alberto Asor Rosa, le ha titolate:"Altre madri" (e sarà un caso che voglia scrivere sempre di madri al plurale?). Perché leggere, aspettare ogni libro che avrà la bontà di regalarci? Sentite cosa è capace di dire:"… Dopo i trent’anni… se ancora figlio deve essere, non può più essere maschio. Sarà femmina e non avrà occhi facili. Vorrà sapere…mi chiederà chi è e chi siamo, e le mie risposte non uccideranno le sue domande…non si addormenterà con i cartoni animati, no. Io le canterò una ninna nanna per stare sveglia, una ninna nanna per non chiudere gli occhi, perché abbiamo già dormito tanto e troppo, mentre altri plasmavano i nostri sogni in incubi di realtà".
Sergio Portas
A 40 ANNI DALLA MORTE, COMMEMORATO ANTONIO PIGLIARU
INIZIATIVA DEL CIRCOLO "LOGUDORO" DI PAVIA
Nel pomeriggio del 24 ottobre, presso la sede sociale, il Circolo culturale sardo "Logudoro" di Pavia, in collaborazione con la Regione Sardegna-Assessorato del Lavoro e con la Federazione delle Associazioni Sarde in Italia (FASI), ha organizzato un convegno sulla "ricerca di Antonio Pigliaru sulla vendetta barbaricina", dedicato alla memoria del grande filosofo sardo a 40 anni dalla morte (era nato a Orune nel 1922, è morto a Sassari nel 1969). Il presidente del circolo, Gesuino Piga, ha dato lettura di alcuni messaggi di saluto delle autorità locali e sarde (tra cui quelli dell’assessore del Lavoro ad interim della Regione Sardegna, il presidente della Giunta Ugo Cappellacci, e del sindaco di Oru
ne, Francesca Zidda, impossibilitata a essere presente per gravi motivi familiari) e, con commozione, dell’ampio scritto che la vedova del filosofo, Rina Fancellu, ha voluto indirizzare ai partecipanti alla manifestazione di Pavia. Ha scritto la vedova Pigliaru: "Antonio era un uomo buono; col suo ottimismo cristiano del cuore, prima ancora che della volontà, argomentava sul significato di bontà, convinto come era che chi è intelligente è necessariamente buono e viceversa". Il prof. Amedeo Giovanni Conte, dell’ Accademia Nazionale dei Lincei, docente di Filosofia del Diritto nell’Università di Pavia, ha detto di aver incontrato un’unica volta Pigliaru, a Roma nel 1964, quando il giovane (42 anni) studioso sardo gli era già noto per fama e di essere rimasto colpito dal suo inquieto, febbrile fervore di ricerche, specie per la sua codificazione delle norme della vendetta barbaricina (1959). Conte ha chiarito che l’idea di codificare regole tramandate oralmente era già avvenuta in Germania e Albania ma che nuova, e squisitamente filosofica, è stata l’impresa di Pigliaru: affermare la giuridicità delle norme della vendetta barbaricina. Gesuino Piga, presidente del "Logudoro", ha svolto un’ampia relazione in cui ha illustrato sia le vicende biografiche di Pigliaru sia le tesi più importanti del suo lavoro sul codice della vendetta barbaricina ("L’offesa deve essere vendicata"; "Un’azione determinata è offensiva quando l’evento da cui dipende l’esistenza di essa offesa è preveduto e voluto allo scopo di ledere l’altrui dignità e onorabilità"; "Il danno patrimoniale in quanto tale non costituisce offesa né motivo sufficiente di vendetta"; "La vendetta deve essere proporzionata, prudente e progressiva"; "La vendetta deve essere esercitata entro ragionevoli limiti di tempo, ad eccezione dell’offesa del sangue che mai cade in prescrizione"). Purtroppo, per ragioni di salute, non ha potuto essere presente al convegno di Pavia il prof. Benedetto Meloni, docente della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Cagliari. Riportiamo il suo giudizio pubblicato nell’introduzione a una recente riedizione del "Codice della vendetta barbaricina" (Il Maestrale, 2006): "’La vendetta barbaricina come ordinamento giuridico’ costituisce un’indagine di antropologia giuridica e di etnografia di comunità. Come argomento assume quello della vendetta, ma finisce per anticipare un tema oggi centrale nel dibattito delle scienze sociali: la regolazione sociale, ossia gli aspetti informali delle strutture di relazione, le componenti latenti e l’insieme delle regole non scritte che governano le relazioni tra gli individui all’interno di una società locale, che sono cruciali nel funzionamento di questa società. Tutto ciò è quello che Pigliaru chiama ordinamento giuridico". Salvatore Tola, pubblicista, autore del volume "Gli anni di ‘Ichnusa’: la rivista di Antonio Pigliaru nella Sardegna della rinascita" (1994), ha messo in evidenza il ruolo propulsivo svolto in campo culturale dalla rivista cui Pigliaru ha legato il suo nome anche se il primo numero, uscito il 27 novembre del 1949, aveva come direttore Salvatore Piras. I 56 numeri della rivista, che fu pubblicata per 15 anni fino al 1964, recano la testimonianza del profondo rinnovamento intellettuale, culturale e politico che Pigliaru riuscì ad imprimere, con il suo gruppo di lavoro e con il complesso delle sue intense iniziative, nel tessuto di una società chiusa: compito impegnativo che avrebbe scoraggiato chiunque, non quel pensatore e organizzatore culturale inesausto che è stato, nonostante la salute cagionevole, Antonio Pigliaru. Oltre che da una folta rappresentanza di soci l’incontro è stato seguito da autorevoli personalità scientifiche: per l’Università di Pavia il prof. Carlo Grassi, che pubblicò un contributo sulla tubercolosi sull’ultimo numero di "Ichnusa" (dal 1962 al 1969 è stato docente di Tisiologia e Malattie dell’Apparato Respiratorio nell’ Università di Sassari; oggi è professore emerito di malattie respiratorie nell’Università di Pavia), l’ex rettore Alberto Gigli Berzolari, il prof. Renato Garibaldi (che è stato anche senatore), i proff. Antonio Faucitano e Giovanni Spanu, il ricercatore di Filosofia del Diritto Stefano Colloca; per l’Università Statale di Milano due dottorandi in Filosofia del Diritto: Olimpia Giuliana Loddo e Jakub Martewicz (di origine polacca). La FASI era rappresentata dal presidente onorario Filippo Soggiu.
Paolo Pulina
GRANDE GIORNATA A MAR DE PLATA PER IL CIRCOLO "GRAZIA DELEDDA"
IL XXII ANNIVERSARIO DEL CIRCOLO DEGLI EMIGRATI SARDI
La prima domenica di ottobre si è celebrato in un prestigioso Hotel di Mar del Plata il 22º Aniversario del Circolo Sardo "Grazia Deledda" con un pranzo al quale ha partecipato, il console dell’Italia Fausto Panebianco che ha avuto straordinarie parole per l’Istituzione degli emigrati sardi, autorità municipali, soci ed amici dell’Associazione. Nell’occasione abbiamo reso omaggio ai soci deceduto e festeggiato i soci più longevi: le signore Sara Zanier e Nina Deidda. Queste di seguito sono state le mie parole introduttive all’incontro: Voglio condividere con voi l’onore che significa per me presidenziare un altro anno questo nostro circolo che sviluppa un intenso programma per la diffusione dalla cultura sarda in tutte le sue manifestazioni. Ai convenuti all’incontro di Mar de Plata, ho avuto modo di parlare della storia della nostra isola. La conclusione della giornata si è avuta con il coro "Assembli del Mare" diretto da Damián Viamonte a cui è stata poi regalata una spilla d’oro per ricordare questo 22 º Aniversario del Circolo Sardo Grazia Deledda.
Loredana Manca
IMMAGINI DI UN SECOLO DI LAVORO NELLE INDUSTRIE DEL PIEMONTE
INIZIATIVA DEL CIRCOLO "SANT’EFISIO" DI TORINO
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«Guardate ogni fot
ografia anche con gli occhi del cuore per ritrovare una parte di vita che ci appartiene come sardi e come emigrati». L’invito è di Angelo Loddo, presidente del Circolo Culturale Sardo Associazione "Sant’Efisio" di Torino che si è prodigato per far portare in Sardegna, a Cagliari, la mostra "Piemonte Industria" che testimonia un secolo di lavoro in fotografia. A cavallo degli anni ’60 decine di migliaia di lavoratori sardi lasciarono l’Isola in cerca di lavoro con destinazione il Nord Italia, e in particolare le regioni del cosiddetto "triangolo industriale" Lombardia, Liguria e Piemonte, regioni e città che pullulavano di fabbriche e di industrie appunto e che potevano assorbire mano d’opera proveniente dal Sud povero e derelitto. Con il tempo e con la loro laboriosità gli emigrati sardi sono riusciti a farsi prima accettare da quelle comunità inserendosi in quella dura realtà e oggi sono parte integrante di quel tessuto sociale e culturale. A testimoniare questo legame diventato sempre più stretto e profondo c’è ora questa mostra "Piemonte Industria" voluta dalla Regione Piemonte, dal Comune di Cagliari e dal Circolo Culturale sardo "Associazione Sant’Efisio" per ricordare quei tempi – un secolo di lavoro industriale – con cento foto che sono state estrapolate dagli archivi delle più prestigiose aziende italiane. A cominciare dalla Fiat, la Telecom, la Rai, la Alessi, la Bialetti, la De Agostini, la Lavazza, la Martini e Rossi, la Menabrea, la Paglieri, la Ponti, la Alenia Spazio, la Vinavil, la Pininfarina, la Zegna e tante altre ancora, che hanno contribuito allo sviluppo e al "boom" economico dell’Italia e ad accrescerne il prestigio in campo internazionale. La mostra, curata da Nicolò Biddau, è giunta a Cagliari dopo uno straordinario successo in Italia e all’Estero, e non poteva trovare collocazione più prestigiosa e più suggestiva che quella del Castello di San Michele di Cagliari, un luogo da dove si gode il più spettacolare panorama della città e dintorni, prima di addentrarsi nella realtà industriale del Piemonte attraverso le splendide foto. La mostra è stata inaugurata ufficialmente il 18 settembre (ed è rimasta aperta fino al 1° novembre) dall’Assessore alla Cultura del Comune di Cagliari, Giorgio Pellegrini, il quale ha sottolineato l’importanza dell’evento culturale che rende sempre più stretti i legami tra Sardegna e Piemonte, ringraziando per la collaborazione il presidente dell’Associazione Immigrati sardi Sant’Efisio di Torino, Angelo Loddo, che ha fatto da tramite con la Regione Piemonte, e in particolare con l’Assessorato al Welfare, Lavoro, Immigrazione ed Emigrazione. Loddo ha ringraziato il Comune del Cagliari, il sindaco e l’Assessore Pellegrini, che hanno concesso gli splendidi spazi del Castello di San Michele per ospitare la mostra. «Dopo aver portato in questi ultimi anni il "made in Sardegna" in Piemonte nelle numerose manifestazioni che ho realizzato a Torino per far conoscere questa splendida terra che mi ha dato le origini ed in cui mi ritrovo con sempre grande affetto – ha detto Loddo con un pizzico di commozione – sono molto orgoglioso di portare in Sardegna una mostra che parla delle industrie piemontesi di ieri e di oggi.In molte di queste aziende – ha proseguito Loddo – noi emigrati sardi abbiamo lavorato e con il nostro lavoro abbiamo collaborato e contribuito allo sviluppo delle industrie e dell’economia del Piemonte che è diventata la nostra seconda Patria. Se poi riflettiamo che questa mostra è stata realizzata da un sardo-piemontese, come Nicolò Biddau, comprendiamo quanto questo rappresenti una sintesi dei rapporti che uniscono, al di là del mare, queste nostre Regioni. E dico nostre -ha sottolineato il presidente dell’Associazione S. Efisio – perché in ogni manifestazione da me realizzata ho sempre trattato il tema dei "Sardo- Piemontesi", proprio a significare che noi possediamo due identità che sono ormai perfettamente integrate fra loro. Tanti di noi sono partiti negli anni del boom economico, e non solo, per il Nord, scegliendo il Piemonte forse per una segreta affinità di carattere, e lì hanno trovato lavoro in fabbrica. Certo non avevamo il cielo e il clima della Sardegna – ha detto Loddo – ma abbiamo trovato il lavoro che ci avrebbe permesso di formare una famiglia, di crescere dei figli, ma senza dimenticare mai il paese da cui eravamo partiti. Lo dico per esperienza personale, ma anche per ciò che sento raccontare dai più dei 700 iscritti del mio Circolo: tutti hanno una storia simile alle spalle da raccontare, come una "favola", e tutti vorrebbero essere qui oggi per riappropriarsi di una parte della loro vita descritta da queste splendide fotografie, e per questo vi invito a guardare ogni fotografia anche con gli occhi del cuore, per ritrovare una parte di vita che ci appartiene come sardi e come emigrati». Loddo ha quindi rivolto un caloroso ringraziamento alle autorità sarde e piemontesi che hanno permesso di realizzare questa mostra e in particolare l’Assessore all’Emigrazione Teresa Angela Migliasso che ha finanziato l’iniziativa, e i suoi preziosi collaboratori, «con i quali – ha sottolineato Loddo – esiste da anni un dialogo proficuo, amichevole e costruttivo che ha sviluppato interscambi di idee, grazie anche alla mia presenza nella Consulta Regionale dell’Emigrazione, come componente dell’Ufficio di Presidenza».
Antonello De Candia
LA SARDEGNA PROTAGONISTA A VIENNA
OLTRE IL MEDITERRANEO
Vienna non è più una meta lontana per i sardi, ma una realtà prossima. Dal 30 aprile 2010 la compagnia aerea Niki Fly inaugurerà la rotta Cagliari-Vienna. Lo ha annunciato Vincenzo Mareddu, presidente della Sogaer, la Società di Gestione dell’aeroporto di Cagliari, nel corso della conferenza stampa che ha aperto la manifestazione "Oltre il Mediterraneo: colori, sapori, cultura e tradizioni della Sardegna", organizzata dall’associazione Sardinia Living sotto il patrocinio dell’ambasciata d’Italia a Vienna in collaborazione con gli assessorati regionali al Turismo, alla Cultura, al Lavoro e all’Agricoltura, della president
e del Consiglio regionale e del comune di Cagliari. Presenti all’incontro diverse autorità che hanno preso parte alla tre giorni: l’assessore regionale al Turismo e vicepresidente della Regione sarda, Sebastiano Sannittu, il vicesindaco di Vienna, Otto Schwetz, il sindaco di Cagliari, Emilio Floris, il direttore dell’ENIT Austria (Ente Nazionale Turismo Italia) Gaetano Manzo e il direttore dell’ICE a Vienna (Istituto nazionale per il Commercio Estero), Antonio Ventresca. Una manifestazione importante, in vista dello sbocco di nuovi orizzonti commerciali e turistici per la Sardegna in Austria, dove attualmente esiste una vera e propria comunità sarda. A Vienna, infatti, si contano solo 500 presenze di sardi, duemila nell’intera Austria. La maggior parte di loro sono imprenditori, impiegati nel mondo dell’enogastronomia. Il progetto "Oltre il Mediterraneo: colori sapori e tradizioni della Sardegna" è stato voluto fortemente dal presidente dell’associazione, Venanzio Corrias e da Paola Piroddi, con la partecipazione del presidente dell’associazione Sardi Vienna Saint Remy, Paolo Corrias. Per tre giorni nello splendido scenario del castello di Schönbrunn si sono vissuti e respirati i colori e i sapori dell’Isola. È nato così un connubio particolare tra la bellezza dei luoghi che hanno ospitato l’evento e il paesaggio mediterraneo sardo. Le aziende isolane si sono presentate nella capitale austriaca con i loro prodotti d’eccellenza e i viennesi hanno potuto in questo modo scoprire toccando con mano una Sardegna a loro ancora sconosciuta. È il motivo per il quale nelle sale di quella che fu un tempo la residenza estiva della principessa Sissi è stato creato un percorso espositivo ad hoc. La mostra "La Sardegna a Schönbrunn", nella sala Maria Teresa, è stata divisa in cinque sezioni. Ad accogliere il visitatore all’ingresso dell’esposizione, il giardino con cui è stato riprodotto il tipico paesaggio mediterraneo sardo e che è stato donato alla città di Vienna. La flora sarda, con le tipiche specie botaniche (dal mirto al lentisco, dal rosmarino al corbezzolo, fino all’arancio amaro) e le rocce di granito, trasportate in Austria per l’occasione, hanno accompagnato gli ospiti nello spazio dedicato all’artigianato, con le ceramiche e gli abiti tradizionali del nord e del sud dell’Isola, per l’allestimento di Pietro Frau, dai gioielli del maestro di filigrana Galdino Saba, che ha già ricevuto una importante proposta di collaborazione come insegnante di oreficeria e filigrana in Austria, alle creazioni esposte da Pierandrea Carta, orafo a Cagliari da tre generazioni. E ancora, il castello viennese è stato la location ideale per due importanti workshop. Il primo, organizzato in collaborazione con l’associazione "Anima" di Cagliari e con l’I.C.E. di Vienna e dedicato all’enogastronomia, e il secondo, rivolto al turismo, progettato in collaborazione con la Sogaer e con l’ENIT. Il sommelier e enogastronomo Angelo Concas ha così presentato le aziende sarde agli imprenditori austriaci, mentre nello spazio destinato al turismo si sono incontrati imprenditori, ma anche tour operator e alcuni responsabili di compagnie aeree. Ma "Oltre il Mediterraneo" è stata anche un’occasione importante per il consolidamento dei rapporti diplomatici tra la Sardegna e Vienna. "Dobbiamo fare tesoro di questa esperienza austriaca", ha detto il sindaco di Cagliari Emilio Floris all’ambasciatore Massimo Spinetti, durante la visita all’ambasciata italiana a Vienna. Nella stessa mattina Don Vincenzo Fois, parroco della chiesa cagliaritana di Sant’Agostino, ha celebrato la messa in una delle chiese più antiche di Vienna, la Minoritenkirche, funzione resa ancora più suggestiva dall’esibizione dei tenores di Bitti, che hanno intonato gli antichi canti in lingua sarda. Alla cerimonia è seguito, all’interno della cappella votiva della chiesa, un momento di grande partecipazione da parte del primo cittadino cagliaritano Emilio Floris e di sua figlia, la consigliera regionale Rosanna Floris, commossi alla scoperta della targa e durante la consegna del premio Saint Remy Grandi cagliaritani Prima edizione 2009, in memoria del padre e del nonno, il professor Mario Floris. Nella serata conclusiva dell’evento, infine, sulla passerella allestita nel giardino d’inverno, l’Orangerie, spazio alla moda con le creazioni delle sorelle Piredda, le quattro stiliste cagliaritane note per gli splendidi abiti e gli scialli che racchiudono, spiegano loro, «tutta l’energia, la tradizione e la creatività della nostra Isola». La kermesse è stata preceduta dall’esibizione dei Tenores di Bitti "Remunnu ‘e Locu" e dai canti dei Tenoreddus. Una scommessa che è stata vinta e che, sono certi gli organizzatori, ha centrato quello che era l’obiettivo principale: collegare la Sardegna all’Austria attraverso la promozione turistica, con la prospettiva dell’apertura di nuovi e proficui mercati.
Luciana Satta
SARDI EMIGRATI ALLA CONQUISTA DELL’AUSTRIA
A VIENNA, IL CIRCOLO "SAINT REMY"
"La collaborazione con gli austriaci ha portato ottimi risultati, primo fra tutti l’importante accordo con la compagnia aerea Niki Fly". È soddisfatto della tre giorni "Oltre il Mediterraneo" il presidente dell’associazione sardi a Vienna Saint Remy, Paolo Corrias. L’Associazione, autogestita e riconosciuta legalmente dalle autorità austriache e dall’ambasciata italiana a Vienna, è nata nel maggio del 2002. Da allora sono stati fatti significativi passi in avanti. Un impegno intenso, quello del primo circolo sardo in Austria (che annovera 98 soci, di cui 55 sardi e 43 di altre regioni italiane e straniere), che nei sette anni di attività ha portato avanti diverse e importanti iniziative culturali, prima fra tutte la realizzazione del giornale di informazione sugli eventi che coinvolgono i sardi nella capitale austriaca, trimestrale redatto e stampato dall’anno della fondazione. Non si possono dimenticare, poi, gli altri progetti interessanti svolti sinora, come la commemorazione della memoria di De Gasperi nel 2004, alla quale partecipò Pier Ferdinando Casini; il Requiem Salieri nell’antica chiesa viennese di Minoritenkirche, in memoria degli italiani che persero la vita a Nassiriya, la conferenza dedicata alla chiesa di Sant’Agostino di Cagliari e quella dedicata all’artista Pinuccio Sciola e, ancora, la rassegna del cinema sardo del 2006. Nello stesso anno si è arrivati anche al gemellaggio con l’Associazione Regionale dei sardi in Friuli, presidente Giorgio Mannu. E proprio in occasione del settimo anno dalla sua fondazione, il centro culturale Saint Remy ha promosso per questo settembre, nell’ambito della manifestazione "Oltre il Mediterraneo", la prima edizione del premio Saint Remy "Grandi Cagliaritani", alla memoria del professor Mario Floris e consegnato dal presidente Corrias al sindaco del capoluogo sardo, Emilio Floris. Tutto questo in linea con gli scopi che l’Associazione si propone sin dalla sua nascita, dalla promozione di iniziative per tutelare il diritto degli emigrati sardi, alla diffusione della conoscenza della cultura e delle tradizioni sarde e dei suoi prodotti, fino all’assistenza dei sardi nelle pratiche sociali.
Luciana Satta
CONVEGNO DEL "GENNARGENTU" DI NICHELINO AL TEATRO SUPERGA
SARDEGNA IN POESIA
Un luogo suggestivo ha fatto da cornice ad un grande appuntamento predisposto dal circolo "Gennargentu" di Nichelino alle porte di Torino. La prima rassegna di poeti sardi ha visto l’adesione di diversi rimatori pervenuti dall’isola al cospetto del sodalizio condotto da Salvatore Fois. Dopo i convenevoli introduttivi del Presidente del circolo e delle autorità locali come il sindaco (Giuseppe Catizone), il vice sindaco (Filippo D’Aveni), l’assessore alla cultura (Carmen Bonino) e l’assessore ai grandi eventi (Michele Pansini) del comune di Nichelino, è stata la volta del poeti. Giovanni Piga, scrive nella variante nuorese della lingua sarda. Nato a Nuoro, ha edificato il riconoscimento letterario "Barbagia", biennale di poesia e prosa in lingua sarda. Ha conseguito numerose approvazioni per la poesia, la narrativa e il teatro sia in Sardegna che nella Penisola. Anna Cristina Serra, scrive nella variante campidanese della lingua sarda. Nata a Cagliari, ha preso parte a concorsi letterari aggiudicandosi il "Premio Ozieri" per ben due volte. Le sue liriche sono tradotte in tedesco, inglese e galiziano. Gianfranco Garrucciu, elabora in gallurese e più specificatamente nel tempiese che fu di Don Baignu Pes. Nato a Tempio, dal 2000 ha partecipato a differenti concorsi di poesia sarda (ha vinto anch’egli il "Premio Ozieri" e il "Romangia"). Antonello Bazzu, scrive in sassarese e nella variabile del logudorese. Nato a Sassari, da sempre insieme alla fotografia ha coltivato la passione per la poesia. Anche per lui un "Premio Ozieri". I versi isolani si sono intercalati alle musiche del coro "Gabriel" di Tempio. Il repertorio del Coro, tutore delle antiche polifonie di tradizione orale sarda, è rinomato ed apprezzato sia in Italia che in diverse nazioni dell’Europa. Il Coro si distingue per una serie di attività che si snodano attraverso la pubblicazione di diversi cd sui più grandi eventi culturali regionali, quali la "Cavalcata Sarda", la festa del Redentore, la Festa di "Sa Ferula" ed iniziative folkloristiche di Tempio. Massimiliano Perlato
IN TOURNEE NELLA BRITISH COLUMBIA IN CANADA
SUCCESSO PER I TENORES DI NEONELI
Stavolta i Tenores di Neoneli hanno varcato l’oceano Atlantico per andare ad esibirsi in Canada. È come tutte le volte che il coro del Barigadu parte in tournèe è stato un successo di pubblico e di critica. Ad accompagnare i cantori dell’alto Oristanese, i polistrumentisti Orlando ed Eliseo Mascia, rispettivamente padre e figlio, che da Maracalagonis esportano anch’essi la loro musica in ogni dove. La tournée canadese, è stata realizzata grazie alla collaborazione con l’Istituto Italiano di Vancouver, diretto dalla cagliaritana Alberta Lai. Il quartetto del Barigadu (Nicola Loi, Ivo Marras, Angelo Piras e Tonino Cau appunto, portavoce dell’ensemble), hanno iniziato le loro esibizioni a Mission, nella British Columbia, non distante da Vancouver, città nella parte occidentale del grande stato nordamericano. All’International Folk Festival di Mission, giunto alla 22ª edizione, i Tenores di Neoneli, hanno portato in scena lo spettacolo "Majas Sardas" (Magie sarde), la cui filosofia poggia sulla lettura delle varie possibilità musicali consentite dagli strumenti della nostra tradizione popolare. In Majas Sardas è stato proposto in Canada uno spettacolo in cui si potesse leggere un percorso temporale, che partendo dalle voci del tenore, arrivasse agli altri strumenti della nostra tradizione, che comprendono anche il triangolo diatonico, i tamburi sardi, lo scacciapensieri , sa cann’isperrada, sa bena cun corru e diversi altri. Questi strumenti ancestrali e autoctoni della Sardegna, hanno costituito una piccola ma gustosa mostra itinerante, che ha suscitato molta curiosità, nel vedere le dimostrazioni offerte al pubblico, oltre che dai quattro tenori, anche da Orlando ed Eliseo Mascia, che da parecchi anni raccolgono consensi a qualsiasi latitudine, sia che si esibiscano con il quartetto del Barigadu, sia che si propongano con un proprio repertorio. Il pubblico della grande nazione del Nord America ha potuto ascoltare una musica magicamente arrivata fino a noi in maniera del tutto inalterata. Lo spettacolo è stato strutturato in modo tale che i canti del coro, a cappella e accompagnato dal duo Mascia, fosse basato su testi scelti ad hoc, principalmente composti dai Tenores su tematiche d’attualità. Mentre a Vancouver, frontiera canadese dell’oceano Pacifico, lo spettacolo è stato ospitato presso la "Casa Friulana" e si è concluso con una standing ovation e ballo sardo finale.
Marcello Atzeni
PRESENTATO AL "SU NURAGHE" DI BIELLA DEL DOCUMENTARIO "SARDEGNA ISOLA PARCO"
UN PEZZO DI QUESTA MAGICA ISOLA
È molto emozionante per me tornare in questo Circolo dopo tanti anni, almeno venti, credo. Emozionante, bello e, allo stesso tempo, molto triste, perché tra di noi, purtroppo, non c’è più mio padre. È stato uno dei fondatori di questo Circolo, l’ha amato e ha dedicato il suo tempo libero per la sua creazione, avvenuta proprio nei giorni della mia nascita. È stato proprio il legame con la terra d’origine, la voglia di portarsi sempre nel cuore un pezzo di questa magica Isola che è la Sardegna, a far nascere il desiderio di avere un posto dove sentirsi sempre a casa. Per lavoro viaggiava molto e girando il mondo era sempre orgoglioso di trovare in un paese straniero un circolo sardo, un cuore sardo che batteva nei posti più lontani. Io sono solo mezza sarda, l’altra mia metà è biellese e, purtroppo, in Sardegna ci sono stata poco, solo per le vacanze estive. Ma è una terra meravigliosa, ricca di un fascino selvaggio e misterioso che ti cattura. A rubarti il cuore non sono, secondo me, solo le classiche mete di vacanza piene di turisti, ma le meravigli
e che scopri ad ogni angolo, i posti "normali", lontano dalle guide turistiche. È lì, fra le maestose dune accumulate da forti venti di maestrale, il mare limpido e cristallino, il paesaggio che si modifica ad ogni curva, che la Sardegna ti fa innamorare. Il documentario intitolato "Sardegna Isola Parco" è un magnifico esempio di questa Sardegna ancora troppo poco conosciuta, una Sardegna ricca di natura, pulsante di vita e di storia. Il film mostra alcune tra le più suggestive località dell’isola e si snoda tra meraviglie naturali e antichissime creazioni dell’uomo, un contrasto magico ed irresistibile, che ci stupisce per la sua imponenza e per la sua semplicità. Riscopriamo insieme al regista i magici colori della natura attraverso le immagini del Parco del Gennargentu, ripreso nello splendore della stagione primaverile e, per contrasto, nel corso del freddo inverno, imbiancato dalle abbondanti nevicate. Il maestoso canyon di su Gorroppu ci regala, invece, una rappresentazione della forza, della grandiosità, dell’imponenza della natura. Con le sue strette ad altissime pareti rocciose, è un monumento naturale per eccellenza, un concentrato di ambiente selvaggio e primordiale. Per concludere questa prima parte del viaggio passiamo attraverso la gola di Tiscali con il suo antico villaggio nuragico che risale a più di tremila di anni fa. Ci spostiamo quindi ad esplorare i tratti costieri, molto caratteristici, tra i più belli del Mediterraneo, le cale e i fondali marini, resi spettacolari da un mare trasparente, il golfo di Orosei. Passiamo poi a visitare alcune grotte di mare come quella di Alghero dove nel promontorio di Capo Caccia si trova una vera perla della natura, la Grotta di Nettuno, una di quelle meraviglie che affascinano e lasciano un ricordo indelebile in coloro che hanno la possibilità di conoscerla e la grotta, ancora viva, di Su Murmuri scavata nel Tacco di Ulassai. Il nostro viaggio prosegue nel territorio del Sinis alla scoperta prima del parco del Montiferru-Sinis, caratterizzato da un grande sistema di dune e da una miriade di stagni salmastri che ci regalano un paesaggio di una bellezza incontaminata e suggestiva, con l’alternanza degli immobili specchi d’acqua e dei piatti terreni coltivati, poi dell’antica città di Tharros, fondata in epoca fenicia, del Museo della Tecnologia Contadina a Santulussurgiu, e delle numerose lagune dell’area marina protetta del Sinis, ricchissime di specie avicole protette. Il silenzio quasi irreale del parco della giara di Gesturi soprannominato "Isola nell’Isola", per le sue caratteristiche uniche morfologiche, della flora e della fauna, che la rendono un luogo magico; con i suoi meravigliosi scenari naturali e gli ultimi cavallini selvatici di tutto il Continente Europeo fanno da chiusura al nostro piccolo viaggio.
Cristina Cocco
DUE MORTI E OLTRE 4MILA ETTARI DI CAMPAGNE ANDATE IN FUMO
INCENDI IN SARDEGNA, UN ANNO DA DIMENTICARE
Campagna antincendio: il 2009 è stato l’anno più difficile. Il bilancio conta 2 morti, diversi infortuni, e danni al patrimonio ambientale molto consistenti. In totale 4200 gli ettari inceneriti, di cui 1043 di bosco e 613 di pascolo. Ben 279 i fuochi. Lo hanno denunciato, nel corso di una conferenza stampa, il comandante provinciale del Corpo Forestale e vigilanza territoriale Gavino Diana e il responsabile regionale dell’Ente Foreste e protezione civile ingegner Paolo Botti. Tutto ciò anche quando l’apparato di lotta contro gli incendi ha mantenuto la composizione e la distribuzione territoriale degli anni passati, con alcuni adattamenti a livello locale. Come l’impiego di alcune squadre di vigilanza notturna nei siti strategici. «Rispetto al 2008 è stato potenziato il contingente del Corpo forestale in prontezza operativa – ha spiegato Gavino Diana. Le condizioni metereologiche hanno favorito la crescita della vegetazione e di conseguenza i rischi d’incendio e le difficoltà operative. Nonostante l’attivazione dei nuclei di pronto intervento nelle aree del Nuorese, Baronia, Marghine, Mandrolisai, 24 ore su 24, insieme alla collaborazione dei barracelli, dei volontari, nuclei del Corpo Forestale, elicotteri regionali e della protezione civile e i vigili del fuoco, l’estate è stata davvero difficile. L’apparato, per quanto consistente ed efficiente, da solo non basta. La struttura, infatti, può andare in tilt, come è successo nel 2007, per una sola circostanza sfavorevole. Il peggio lo si è registrato nei giorni 23, 24 e 25 luglio, quando si sono sviluppati in tutta l’isola ben 141 incendi, di cui 90 nella sola giornata del 23. L’apparato è entrato in crisi proprio in quei frangenti. Soprattutto perché è stata data la priorità agli interventi tesi ad evitare la perdita di vita umane. In quegli stessi giorni in provincia di Nuoro sono scoppiati 21 incendi, di cui 8 il 23 luglio, 5 il 24 e 8 il 25, costringendo tutti a lavorare senza interruzione». Se si escludono i 3 giorni d’inferno, l’andamento della campagna antincendio non è stata diversa dalla media degli ultimi anni. La maggior parte della superficie percorsa dalle fiamme e i danni più gravi sono venuti dal fuoco concentrato nelle giornate ad alto rischio o nelle ore notturne. L’ingegner Botti ha illustrato l’attività riferita alla campagna di prevenzione e messa in sicurezza, come protezione civile, di 40 comuni da maggio a giugno. Meno di 600 gli ettari dell’Ente Foreste, su un totale regionale di 220.000, quelli percorsi dagli incendi. In provincia 71 le squadre impiegate nella lotta attiva, per un totale di 300 unità impiegate nei soccorsi.
NON DECOLLANO I RIBASSI DELLE TARIFFE IN "CONTINUITA’"
AEREI, LO SCONTO E’ UN MIRAGGIO
Il ministero dei Trasporti aveva dato il benestare agli sconti sulle tariffe, ma il provvedimento non è stato ancora recepito. Tempi sempre più lunghi sull’abbattimento delle tariffe aeree della continuità territoriale. Gli annunciati sconti, rispettivamente di 9 e 8 euro sulle rotte per Milano e Roma, dovuti al ribasso del costo del carburante, non si sono ancora tradotti in realtà. E mentre la benzina e il diesel stanno riprendendo quota, si cerca di capire quale sia l’intoppo che ferma la procedura. Il deputato Mauro Pili, ha anche proposto un’interrogazione chiedendo l’intervento urgente del Governo sulla questione. All’inizio di ottobre la commissione di valutazione del ministero dei Trasporti aveva dato parere positivo allo sconto, facendo così calare da 59 a 50 euro il costo di un biglietto, al netto delle tasse aeroportuali, per Milano e da 49 a 41 euro quella per Roma. Il decreto ministeriale sulla continuità (il numero 103 dell’agosto 2008), infatti, prevede che in caso di una variazione del 5% nella media trimestrale del costo car
burante, la tariffa debba essere rivista. Il problema sembra essere la procedura. Secondo il bando, da poco rinnovato per un altro anno, a dover provvedere all’adeguamento delle tariffe è il ministero dei Trasporti, in base ad un’istruttoria Enac, sentita la Regione. Interpellato sulla questione, l’Ente per l’aviazione civile ha fatto un nuovo calcolo per il trimestre maggio-luglio 2009. Le tariffe, visto l’aumento del carburante di oltre 2 euro, arriverebbero «a 41 euro per le tratte da o per Roma e a 51 euro da o per Milano». L’Enac poi ha precisato che «informerà direttamente i vettori della misura dell’adeguamento tariffario da applicarsi con una decorrenza a 10 giorni dalla data di ricevimento della stessa comunicazione, non appena da parte della Regione Sardegna e del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti si avrà la condivisione del verbale della riunione nella quale sono state definite le modifiche tariffarie». Ma proprio l’esecutivo sardo sottolinea di aver provveduto alla segnalazione circa quattro mesi fa ma da allora niente è cambiato. L’Enac sembra ripartire da zero eppure la valutazione dei primi di ottobre del commissione di valutazione dei Trasporti sembrava essere andata oltre. Dal canto loro le compagnie dicono di non aver ricevuto comunicazioni: «Per essere efficace l’adeguamento tariffario devono passare 15 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta europea», fanno sapere da Alitalia, «ma per ora non se ne sa niente». Uno slittamento continuo di trimestre in trimestre che si ripercuote sulle tasche dei sardi. «È una situazione insostenibile», dice Mauro Pili che, insieme ai parlamentari Bruno Murgia, Settimo Nizzi, Carmelo Porcu e Paolo Vella, ha presentato un’interrogazione urgente al ministro dei Trasporti, «visto che una decisione assunta da un’apposita verifica aveva ridotto il costo e nulla è ancora cambiato». Il mancato adeguamento delle tariffe «è una regalia alle compagnie aeree e uno scippo quotidiano ai sardi», si legge nel documento. Il Governo deve intervenire «con decisione, attuando con urgenza una rimodulazione delle tariffe ma anche le regole della continuità territoriale che appaiono sempre più inadeguate». Annalisa Bernardini
E’ REALTA’ IL MUSEO AD ARMUNGIA
RICORDANDO EMILIO LUSSU
È diventato una realtà ad Armungia il Museo storico "Emilio e Joyce Lussu". Sono stati tanti i visitatori arrivati anche dal litorale del Sarrabus. Grande la curiosità anche attorno alle numerose manifestazioni culturali di contorno che hanno caratterizzato l’estate appena finita ad Armungia. "Il museo – ha detto il sindaco Antonio Quartu – si pone l’obiettivo di dialogare con la storia del Novecento attraverso il ruolo che Emilio e Joyce Lussu vi hanno avuto, figure chiave della vicenda democratica e antifascista del nostro paese. Attraverso un suggestivo percorso, fatto di immagini, storie, opere e documenti, il museo si propone di ripercorrerne la vita, le esperienze, il pensiero e il legame che i coniugi Lussu ebbero con persone e luoghi della comunità armungese». Il museo è stato aperto all’interno della Casa del Segretario, importante edificio padronale del primo Novecento, recentemente oggetto di un intervento di recupero e valorizzazione. La struttura va ad aggiungersi al Museo Etnografico, alla "Bottega del Fabbro" e al Nuraghe, che nel loro insieme costituiscono il Sistema museale di Armungia. Un percorso fatto di storia all’interno di uno dei Comuni più piccoli della Sardegna dove Emilio Lussu e la sua storia fanno ancora mito anche tra i giovani. Per tutto il mese di agosto il Comune ha proposto tutta una serie di appuntamenti culturali che sono riusciti a calamitare anche l’interesse dei turisti che hanno affollato le non lontane coste del Sarrabus. Armungia è questo, un paese che si spopola, che diventa sempre più piccolo. Oggi conta poco più di 500 abitanti. Ma la sua cultura, le sue tradizioni e le sue storie, grazie anche al mito di un personaggio straordinario come Emilio Lussu, riescono ancora a farlo vivere, pulsare, gioire anche per i tanti turisti che ogni estate arrivano dal litorale. Come detto il museo Lussu è stato ricavato nella Casa del segretario. Alcune sale verranno dedicate alla realizzazione di mostre temporanee, in occasione delle Estati armungesi. Durante questa estate è stato anche presentato il primo volume "Emilio Lussu – Tutte le opere: da Armungia al sardismo 1890-1926" a cura di Gian Giacomo Ortu e Poste italiane, annullo filatelico Museo "Emilio Lussu". Per l’occasione è stata inaugurata anche una mostra fotografica dal titolo: "1971, Emilio, la sua famiglia, la sua casa, la sua Armungia".
Lia Serreli
CRESCONO GLI ADERENTI ALLA "CARTA DI ZURI" MENTRE PEGGIORA LA SITUAZIONE IN SARDEGNA
EMERGENZA POVERTA’
Nel piazzale della Chiesa di San Pietro di Zuri, le Associazioni firmatarie della omonima "Carta" per la lotta alle povertà si sono riunite nuovamente per proseguire l’opera di sensibilizzazione nei confronti dei giovani, soprattutto del mondo della scuola e dell’informazione. Oltre a tutti i rappresentanti delle Associazioni che hanno redatto la Carta di Zuri, ACLI, Caritas Diocesana di Cagliari, CGIL, CISL, UIL, Coldiretti, Dialogo e Rinnovamento e la Pastorale del Lavoro, al raduno hanno partecipato i rappresentanti della stampa sarda, guidati dal Presidente dell’Ordine dei giornalisti Filippo Peretti, della Scuola, con il Direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale Armando Pietrella ed una significativa rappresentanza di studenti, provenienti dalle otto Province sarde. Dalla prima giornata della solidarietà per la povertà del 2004, è stato puntualizzato da don Pietro Borrotzu, delegato regionale della Pastorale del lavoro, durante l’introduzione della manifestazione, è aumentato il numero delle realtà associative coinvolte nella denuncia delle cause della povertà e dell’ingiustizia ed è cresciuta la convinzione che esistono e si devono costruire le risposte per garantire a tutti un lavoro ed una vita dignitosa. Il raduno di Zuri è stata anche un’occasione per fare un bilancio sull’attività svolta ed una verifica sui risultati sin qui registrati. E’ cresciuto, senz’altro, il convincimento, da parte della politica, sull’esistenza della povertà e sulla necessità di mettere a disposizione
le risorse per cercare di invertire la tendenza di una progressiva crescita delle povertà. Purtroppo i fatti non sono molto incoraggianti, le povertà sono in aumento dal punto di vista dei numeri e dei problemi. La percentuale delle famiglie che si trova in situazione di povertà è attestata al 19,4%, un quarto della popolazione, quasi quattro volte superiore alla media del settentrione d’Italia, dove la percentuale è poco al di sotto del 5%, molto distante anche dall’11% che rappresenta la media nazionale. Purtroppo, la situazione è ulteriormente peggiorata, è aumentata la disoccupazione e le misure a disposizione per combatterla sono inadeguate. Secondo gli ultimi dati dell’ISTAT la Sardegna ha perso nell’arco di un anno 33 mila posti di lavoro, con una variazione negativa del 5,4%, contro lo 0,9% a livello nazionale ed l’1,8% del Mezzogiorno. "Si tratta di un’emorragia difficile tamponare, ha precisato don Pietro Borrotzu, un’emergenza che sta producendo frustrazioni e scoramento generalizzato." Infatti, i dati sulla disoccupazione incidono palesemente sull’aumento della povertà e le opportunità di cambiamento sono molto scarse. Ormai, si parla sempre più di "emergenza fame". Il 4,4% delle famiglie, circa tre milioni di persone, vive sotto la soglia di povertà alimentare. La Sardegna è ai vertici della classifica, con il 10% delle famiglie in difficoltà. Una situazione questa che richiede un intervento tempestivo e efficace. La presenza del mondo della scuola a Zuri rappresenta un segno importantissimo di volontà e di lotta per correggere l’infelice tendenza, dal momento che il mondo della scuola rappresenta un luogo privilegiato per la formazione e la crescita. Durante gli interventi, che si sono susseguiti a Zuri, è stata molto apprezzata la scelta dell’Unione Europea di dedicare l’anno 2010 alla "lotta alla povertà e all”esclusione sociale" perché sottolinea l’urgenza di intervenire e la necessità di predisporre iniziative concrete a carattere mondiale e locale. La manifestazione si è conclusa con la cerimonia di consegna, ai rappresentanti degli studenti delle scuole delle otto province, ed ai rappresentanti della stampa, de "sa bertula", il simbolo della vita e del lavoro, contenente il pane sardo della solidarietà, il vino, la carta di Zuri ed il documento contro le povertà. Infine, è stato messo a dimora un albero di ulivo, come simbolo della speranza e della solidarietà tra le persone ed i popoli.
Sergio Concas
LA LISTA STILATA DA LEGAMBIENTE SULLE CITTA’ PIU’ ECOSOSTENIBILI D’ITALIA
CAGLIARI TRA LE PRIME TRENTA
E’ Verbania la città più ecosostenibile d’Italia. Lo dice il sedicesimo rapporto di ‘Ecosistema urbano’, l’indagine condotta da Legambiente e Ambiente Italia. Il centro del Lago Maggiore raccoglie il testimone di Belluno che aveva vinto le due edizioni precedenti. Tra le prime dieci città ci sono nove centri del nord. Sono Verbania, Belluno, Parma, Bolzano, Siena, Trento, a pari merito con Savona, La Spezia, Bologna, Gorizia. Malissimo il sud con Catania che si colloca all’ultimo posto. Tra le prime trenta, nella lista stilata dal rapporto di Legambiente, si collocano otto città del Centro e, in questa fascia, sud e isole sono rappresentate dalla sola Cagliari, al ventinovesimo posto. Sopra la media italiana il sud piazza anche Salerno (34esima, Campobasso 39esima, Potenza 40esima, Matera 42esima, Chieti 43esima, Sassari 49esima). Non mancano eccellenze nelle singole classifiche: Matera risulta prima per consumi elettrici domestici ridotti, basse quantità di ossido d’azoto nell’aria e di rifiuti prodotti. Sconfortanti risultati per la Sicilia che ha sei città nelle ultime dieci: Messina, Enna, Trapani, Caltanisetta, Agrigento e Catania. Frosinone, che lo scorso anno era ultima in assoluto, quest’anno è quart’ultima (centesima) e ha il peggior piazzamento delle città del Centro, mentre l’ultima del nord è Imperia. Milano, tra le quattro aree metropolitane (insieme a Roma, Torino e Napoli), è quella che si colloca più in alto (46esimo posto). Il capoluogo lombardo cresce positivamente per la qualità dei trasporti pubblici, i consumi idrici, elettrici e il carburante. Roma si colloca al 62esimo posto, Torino al 77esimo, Napoli all’89esimo posto con il peggior piazzamento tra i capoluoghi campani.
TESTIMONIANZA DI UNA FAMIGLIA DI TONARA CHE HA VISSUTO L’ESPERIENZA DIRETTA DEL TERREMOTO
IL LADRO CHE RUBA IL DOMANI
Un giorno e un’ora che gli abitanti dell’Aquila non dimenticheranno tanto presto. Ventidue secondi che hanno sconvolto la vita di oltre 70mila persone. Ventidue secondi che mi tornano in mente non solo tutti i giorni e tutte le notti, ma anche ogni qualvolta che entro in un posto un po’ buio, sia esso una galleria dell’autostrada o semplicemente in camera da letto quando è ora di dormire. Che incubo quel 6 aprile, le scosse che continuano per tutta la notte, le persone che piangono, la luce che non c’è, i cellulari che non funzionano e non puoi avere notizie della figlia sposata, lampi che vanno al contrario, nascono dalla terra e si scaricano per aria illuminando quella notte di paura. Ma la paura vera, quella che spaventa tutti è il gas, quel gas che respiri, che ti fa tossire e non ti fa respirare ed immagini da un momento all’altro esploda bruciando tutti. All’alba ci rendiamo conto che una portentosa macchina dei soccorsi è già all’opera, come se tutti sapessero da tempo ciò che doveva succedere. Una domanda ci perseguita: possibile che solo noi non sapevamo nulla? Che ingenui, anche noi avremmo dovuto saperlo, erano mesi che quelle scosse ci perseguitavano, che ci avevano abituato a saltellare sulla sedia ogni volta che sentivamo i mobili scricchiolare. E quella notte intorno alle 23 la prima scossa forte che spaventa non poco. Intorno all’1 e 30 un’altra scossa ancora più forte della precedente. Tutti fuori, chiacchieriamo un po’ tra i vicini per rincuorarci a vicenda ma poi alle 2 e 30 tutti a letto. Forse il terremoto era quello e quindi potevamo star tranquilli, era tutto finito. Mai errore fu più grande. Alle 3 e 32 un rumore improvviso, raggelante ed assordante come un forte tuono entra in casa nostra come fosse un ladro. Un ladro che ci ruba il domani. Ci svegliamo di soprassalto: tutto intorno a noi si muove. Il letto sbatte da una parete all’altra e non ci permette di scendere. E’ buio, la porta è lì ma non riusciamo ad arrivarci. Ogni passo che facciamo ci troviamo sempre allo stesso posto. Poi riusciamo ad arrivare alle scale, siamo scalzi e sentiamo sotto ai piedi i cocci dei vasi ed i vetri dei quadri che abbellivano le rampe della scala. Finalmente siamo fuori, sopra di noi un cielo stellato e buio ed un silenzio assordante. Improvvisamente un nuovo boato. Questa volta non &e
grave; il terremoto ma la splendida Cattedrale di Collemaggio che perde la sua battaglia e ci fa assistere al crollo della cupola sollevando un’enorme nuvola bianca di polvere. Intorno a noi solo puzza di gas, polvere e distruzione. Gente che inizia a realizzare il dramma e che piange per un parente od un amico che non trova o per una vita di lavoro finita in 22 secondi interminabili. E’ ancora buio e una nuova scossa ed un nuovo boato ci assalgono. Ci stringiamo in un silenzioso panico e girandoci verso casa, la vediamo lottare anche per noi. Resiste al sisma colpo su colpo: se ce la fa lei, possiamo farcela tutti, perché avremmo qualcosa da cui ripartire. Questa è la frase che riusciamo a dire. Una cosa che non aveva sfiorato nessuno era il pensare di non poter rientrare in casa appena finite le scosse. Cosa che purtroppo è divenuta realtà alle prime luci di un’alba che illumina una realtà più grande del nostro immaginare. La casa ha tenuto ma le pareti sono tutte lesionate. Non basterebbe un libro per parlare di quella notte, del corri corri in città alla ricerca di amici e parenti, del frenetico scavare a mani nude alla ricerca di un lamento che senti ma non vedi ma soprattutto del ritrovamento delle prime vittime. Una realtà che stringe il cuore. In mezzo a questo inferno la cosa più importante diventa il cellulare: bisogna assolutamente sentire le figlie e capire come stanno. Trovo un’incredibile solidarietà, oltre ad i familiari, che preoccupati chiamano in continuazione, quella di tanti amici di una vita. Una solidarietà che mi fa piangere in continuazione. Il vero terremoto per noi arriva comunque giorni dopo, quando ci si rende conto che non potendo più entrare in casa, l’unico tetto è la macchina. Non siamo più dei ragazzi, tutt’intorno a noi la neve sui monti è ancora fresca e di notte fa molto freddo. Le gambe non riescono a stendersi. La soluzione anche se temporanea ce l’ha data l’unione delle nostre famiglie sarde: una di Tonara (Antonio Zucca) ed una di Narcao (Zedda – Tendina), incrociate con una famiglia dell’Aquila (Marino Rossi). In tutto 18 persone di cui 2 ultraottantenni e 4 bambini sotto i 6 anni. Bambini sempre terrorizzati che non si staccano mai un attimo dai genitori, vincolandoli anche dal punto di vista lavorativo. Un problema non da poco se si pensa che un padre lavora con una ditta di camion addetto alla rimozione macerie; l’altro ha una azienda agricola con tanti animali da accudire giornalmente. C’è un negozio di famiglia distrutto dal quale recuperare almeno il materiale giacente. Mia figlia lavora per il 118 ed il marito come elettricista in ospedale. Oggi c’è bisogno di tutti. Intanto comprato un bel po’ di legname e dei grandi teli di plastica ci siamo costruiti un tetto dove stare tutti insieme e dove poter cucinare. C’è un continuo via vai di volontari che vengono da tutta Italia e ci offrono tutto quanto serve per la sopravvivenza. Il grosso problema sono i bambini ed i nonni: abbiamo le case in Sardegna e vorremmo mandarli al sicuro. Nonostante questa terribile prova che ci è toccata, la vita continua e come sempre sapremo rialzarci e camminare di nuovo con le nostre gambe. Principalmente perché nel marzo 2010, mia figlia che aspetta un bimbo, mi farà diventare nonno. Antonio Zucca
UN PENSIERO DALLA FINLANDIA SULLA SITUAZIONE DELLA STAMPA IN ITALIA
IN RICORDO DI FABIO MARIA CRIVELLI
La scomparsa di Fabio Maria Crivelli non rappresenta nulla per le nuove generazioni, quelle di Internet, dei cellulari e della indifferenza verso la scuola. Altresì è lontana da un certo giornalismo di oggi, tutto improntato alla ricerca di ridicoli scoop che ben si addicono all’Italia odierna. Crivelli era un liberale. Un vero liberale. Qualità rara in via di estinzione, inimmaginabile nei tempi attuali. Oltre a questo, era un Direttore carismatico, altra virtù che non puoi inventarti da grande, ma devi possedere fin dalla giovane età. Ma specialmente, apparteneva ad un altro tipo di giornalismo: più ragionato, più meditato, più responsabile, più sofferto. E anche più disincantato, perchè aveva la forza di descrivere i fatti senza molte opinioni, che venivano lasciate all’intelligenza del lettore. Era il giornalismo del "Terrapieno", come lo chiamavamo noi studenti allorchè transitavamo in quella zona cagliaritana quando, al calar della sera, quel grande caseggiato illuminato a giorno, quel via-vai di persone che si intravedevano dall’esterno e quegli enormi cilindri cartacei davano l’idea di un giornale impostato e realizzato "col sudore delle proprie mani". Un quotidiano che rappresentava in pieno l’intera Isola. Altra Cagliari, altri periodi e specialmente altra mentalità giornalistica. Crivelli ci descrisse le varie vicissitudini della Sardegna da quegli anni cinquanta in poi, come si evince rileggendo suoi articoli del tempo. Erano editoriali attenti e precisi nell’analisi della realtà isolana, senza fronzoli, dando spazio e penna alle diversi posizioni, con all’apparenza un moderato pessimismo di fondo, quasi fosse consapevole che il destino della Sardegna si incanalasse in maniera non positiva in una direzione senza sbocchi, in un tunnel infinito, stante anche il carattere e i comportamenti di noi sardi, sempre in prima fila a reclamare diritti, ad esigere favori, senza partecipare attivamente alla soluzione dei problemi. Fu quello il periodo in cui l’Isola espresse i suoi migliori politici, e Crivelli fu attento a descrivere i vari stadi di questa successione. Alla stregua di Piero Ottone nel Corriere della Sera, diede spazio e colse l’evolversi del Partito Comunista Italiano di Enrico Berlinguer; nel contempo, accettò con precisione la metamorfosi della Democrazia Cristiana che, da confessionale, si trasformava in un partito laico con tradizioni cattoliche, come era giustificato dall’ideologia di De Gasperi. Uno sguardo a trecentosessantagradi, come esigevano quei periodi di grandi trasformazioni e come era interesse per le esigenze della società. Dubito fortemente che Crivelli fosse soddisfatto dell’Italia odierna e specialmente della stampa odierna. L’Italia di oggi è tutta improntata nel motto "l’un contro l’altro armati", e anche i giornali non sfuggono a questo teorema. Tutt’altro. Chi, come il sottoscritto che risiede in un paese straniero, la Finlandia, rimane periodicamente colpito in negativo allorchè rientra nell’Isola per brevissimi periodi. La rassegnazione risulta l’aspetto più evidente. Ma anche la stampa italiana è cambiata in peggio, questo è fuori discussione. Non esistono più i Direttori carismatici come Crivelli, ma specialmente è scomparso un certo giornalismo equidistante. L’Unione Sarda dei tempi suddetti si è trasformato, alla pari degli altri, in un giornale fazioso e settario, pronto a descrivere i veri e presunti errori o torti della parte avversa e assai restio ad analizzare anche le più evidenti disfunzioni della lista e dei politici cui fa riferimento. E’ lo specchio dei tempi, che ha questo comune denominatore, all’insegna della malsana tradizione che in Italia si vive oggi solo di "pane e politica". Una brutta china, non c’è che dire, che annualmente, ed è avvenuto anche da poco, Freedom House e Reporter senza frontiere evidenziano senza alcuna re
mora. Fabio Maria Crivelli non si sarebbe avventurato in questa direzione perchè come già detto era un vero liberale. In Finlandia i giornali conservatori non lesinano critiche a ripetizione anche nei riguardi di quelli che dovrebbero essere i partiti di rappresentanza: non per niente il paese scandinavo è al secondo posto nel mondo per quanto attiene alla libertà di stampa. Duole quindi constatare come l’Unione Sarda, alla pari di tutta la stampa, segua una direzione tutta improntata nella critica esclusiva verso la parte avversa. E’ naturale sia così, perchè il senso della contrapposizione più accesa è la quotidianità della società italiana. La Sardegna attuale è, a ben pensarci, non assai dissimile da quella che ci descrisse Crivelli. Le problematiche e le difficoltà sono sempre le stesse. L’emigrazione è una costante che non si è mai interrotta. siamo purtroppo destinati a proseguire verso questo "destino". E Crivelli lo descrisse con infinita saggezza, senza enfasi e parole inutili e ad effetto.
Mario Sconamila
Carissimi, leggo sempre Tottus in Pari e volevo comunicarvi che il 28 novembre sarò a Como, invitata dal circolo "Sardegna". Penso che ci si potrebbe anche incontrare in quell’occasione. Vi ricordo con molto affetto. Per ora salutatemi tutti quanti … ma veramente tutti.
Romina Congera
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