Non abbiamo la pretesa di confrontarci con i colossi dell’informazione che impazzano in internet: non ci compete, e gli obiettivi sono chiaramente diversi. Il nostro non è un lavoro, non cerchiamo abbonamenti. Senza chiedere alcunché in cambio, offriamo volontà e passione per quel che facciamo, QUOTIDIANAMENTE! E’ giusto sottolinearlo, prendiamoci questo merito. Il treno di TOTTUS IN PARI continua la sua corsa, a volte veloce, altre con qualche difficoltà. Ma tant’è, l’obiettivo nostro è quello di trovare collaborazioni e consensi sulle tematiche a noi tanto care. Il nostro spirito è questo e ci va di sottolinearlo autorevolmente con accuratezza e parsimonia anche perché, forse, non tutti quelli che vivono il mondo dell’emigrazione sarda organizzata l’hanno compreso. E tanto meno, di conseguenza, comprendono il lavoro che c’è dietro. A tanti appuntamenti in questi anni abbiamo partecipato sulle tematiche dell’associazionismo dell’emigrazione sarda: dal cambio generazionale mancato alle difficoltà di far comprendere in Sardegna chi siamo e cosa facciamo. Mancanza di informazione, si è sempre detto. Non c’è rete in un momento in cui la rete, intesa come il web, spadroneggia. Nel nostro piccolo, visto il disinteresse totale dei grandi media isolani, abbiamo messo a disposizione un piccolo veicolo (come questo sito) che comunque si allaccia a tante piccole realtà informative che esistono nell’isola: dalla chioccia Messaggero Sardo, ai giornali delle realtà locali come Gazzetta del Sulcis e Gazzetta del Medio Campidano, alle realtà diocesane. Spostiamo su di loro le collaborazioni da tutto il mondo sulle iniziative nei circoli. Piccoli passetti in ogni direzione per imprimere il marchio dell’emigrazione sarda sin dove è possibile. Ma questa piccola riflessione è al fine di ringraziare tutti coloro che in internet hanno visitato http://www.tottusinpari.blog.tiscali.it/ (e prima del 2009, Tottus in Pari attraverso il sito http://www.circoloamis.it/) che ci ha permesso di superare le 50mila pagine lette. Un piccolo risultato che comunque ci da grande soddisfazione. E questi di seguito, sono i contatti rilevati (da quando abbiamo inserito undici mesi fa, il contatore che rileva le provenienze): 27.301 visite dall’Italia, 588 dagli Stati Uniti, 516 dall’Argentina, 501 dalla Francia, 425 dalla Germania, 286 dalla Svizzera, 277 dal Belgio, 87 dall’Australia, 68 dall’Inghilterra, 63 dalla Spagna, 56 dall’Irlanda, 55 dall’Olanda, 31 dalla Nuova Zelanda, 28 dal Canada, 26 dagli Emirati Arabi e Finlandia, 25 dalla Svezia, 24 dal Lussemburgo, 21 dall’Austria, 19 dal Perù, 18 dal Brasile, 16 dalla Scozia, 14 dall’Afghanistan, 10 dalla Norvegia. Sono 9 i collegamenti da Romania, Grecia, Algeria e Liechtenstein, 8 dalla Danimarca, 7 da Russia e Ungheria, 6 dal Principato di Monaco, 5 dal Portogallo e Ucraina, 4 da Cina, India, Tunisia, Kazakistan, Venezuela, Estonia, Moldavia e anche le Isole Far Oer, 3 da Bulgaria, Messico, Croazia, Senegal, Slovacchia, Qatar, Polonia, Turchia, Thailandia e Lettonia. Sono 2 le visite dal Benin, Slovenia, Costa d’Avorio, Nigeria, Giappone, Pakistan, Albania, Corea, Capo Verde, San Marino e persino dalla Città del Vaticano. Un collegamento infine, dalla Polinesia, Cile, Isole Samoa, Hong Kong, Libia, Colombia, Singapore, Montenegro, Ruanda, Malesia, Repubblica Ceca, Egitto, Kuwait, Malta ed El Salvador.
Valentina Telò, Massimiliano Perlato
A BERGAMO, STORIE DI MIGRAZIONE E DI VITA DA TUTTO IL MONDO
DONNE EMIGRANTI
Il Circolo Culturale Sardo "Maria Carta" di Bergamo con questa manifestazione dal titolo "DonnEmigranti" ha inteso proporre una riflessione sulla condizione della donna nel percorso legato ai fenomeni migratori che hanno interessato le più diverse popolazioni soprattutto negli ultimi cento anni. Sembra significativo che a proporre un’ iniziativa con tali contenuti sia un’associazione culturale sarda, in quanto nella storia della Sardegna il processo migratorio costituisce una delle pagine più importanti e dolorose, tanto che circa un terzo del popolo sardo si trova sparso per il mondo. Il ruolo della donna sarda in questo processo è sempre stato di primissimo piano, sia quando ha dovuto vivere in prima persona, da sola, l’esperienza migratoria, sia quando ne è stata protagonista insieme al proprio uomo o alla propria famiglia, sia quando è dovuta restare in Sardegna ad accudire i figli, mentre era il marito a partire, lasciandola in quello stato di solitudine definito di "vedova bianca". La manifestazione in programma ha voluto ripercorrere i sentieri di questa esperienza umana soprattutto attraverso la voce diretta di donne di nazionalità diverse, quanto più rappresentative e testimoni, per la loro storia personale e per la storia del loro popolo, di un fenomeno che da sempre segna, spesso dolorosamente e drammaticamente, la storia dell’umanità. La riflessione intende riguardare non soltanto i passaggi e le conseguenze di un percorso di vita quotidiana che parte dalla cultura d’origine per poi confrontarsi con la cultura di altri popoli e con altre realtà profondamente diverse e distanti, ma anche quella che si potrebbe definire "migrazione psicologica", vale a dire l’evoluzione più profonda, e forse più sofferta, che è avvenuta "dentro" la donna, nel suo mondo interiore. Il programma, oltre alla testimonianza diretta di donne Sarde e Bergamasche che hanno vissuto l’esperienza migratoria, ha visto la partecipazione di donne di altre nazionalità distintesi nei loro campi di attività (cultura, arte, imprenditoria…), nei quali hanno dovuto misurarsi partendo dalla loro condizione di "straniere", confrontandosi spesso duramente con realtà "diverse" spesso diffidenti se non ostili, e che hanno racconteranno la loro esperienza umana e di vita ripercorrendo le loro storie. Sono intervenuti: – Massimo Fabretti, Ente Bergamaschi nel mondo; – Tonino Mulas, FASI (Federazione Associazione Sarde in Italia). Gli interventi delle donne sono stati coordinati da Sabrina Loi. Hanno partecipato: Amanda Estrada (Colombia), Valeria Generoso (Bergamo – Svizzera), Anna Maria Sechi (Sardegna – Belgio), Naoual Razik (Marocco), Sarah Nkarichia (Kenia), Emilia Stoica (Romania), Ampy Delos Reyes (Filippine), Satoko Nagashima (Giappone), Candelaria Romero (Argentina), Federica Sposi (Italia). Intermezzo del soprano Martina Stecherova (Repubblica Ceca) accompagnata alla chitarra da Francesco Saiu. Chiusura con il concerto di Carla Denule.
Gavino Maieli
PROROGATO DI UN ANNO IL REGIME DI TARIFFE AEREE AGEVOLATE
E’ CONTINUITA’ TERRITORIALE ANCHE NEL 2010
E’ stata definita, dopo una serie di contatti avuti nelle ultime ore dal presidente della Regione Ugo Cappellacci con i vertici di Alitalia-AirOne e Meridiana-Eurofly, l’intesa che proroga di un anno il regime di tariffe aeree agevolate, in applicazione della legge sulla continuità territoriale. "Si è trattato di un percorso laborioso – ha spiegato l’assessore dei trasporti Liliana Lorettu, che nei giorni scorsi ha incontrato a Roma i dirigenti dei vettori aerei – che ha visto la Regione recitare un ruolo di mediazione importante sia per quanto riguarda la suddivisione e ripartizione delle tratte, sia per quanto riguarda la presenza, sui diversi stessi collegamenti, di vettori low-cost". Per un altro anno ancora quindi sarà garantito il mantenimento del numero dei voli a prezzo ridotto per tutte le tratte stabile dal decreto ministeriale, con l’impegno, assunto dalle compagnie aeree, di assicurare voli aggiuntivi nei periodi di maggior traffico.
PRESENTATO AL "SU NURAGHE" L’ULTIMO LIBRO DI MICHELA MURGIA
"ACCABADORA", UNIVERSALITA’ DI MODELLI TRADIZIONALI
Un solo personaggio per accompagnare i momenti di accesso e di uscita dalla vita: s’accabadora, l’ultima madre, levatrice vestita di bianco per aiutare a nascere e di nero nel momento del trapasso. Accenni all’antica ruota degli esposti di Biella e a quella attuale operante presso l’ospedale cittadino: in due anni quattro neonati abbandonati. Presenti facilitatori per l’elaborazione del lutto del Fondo "Edo Tempia", il centro per la prevenzione dei tumori di Biella.
Nelle sale del Circolo Culturale Sardo Su Nuraghe di Biella, Piero Pinna ha presentato "Accabadora", libro di Michela Murgia. Dopo il breve saluto di Battista Saiu, Presidente dell’Associazione dei Sardi di Biella, Biagio Picciau, Direttore della Biblioteca di Su Nuraghe, ha letto alcuni brani tratti da "Accabadora" e alcuni passi tratti dalle ultime pagine del romanzo. Come in antiche veglie, è stato un incontro in famiglia, in un certo senso intimo, secondo usanze e modelli universali che rimandano al tepore delle stalle del Piemonte contadino o al fresco delle sere nella Sardegna assolata, seduti sull’uscio di casa, riuniti ad ascoltare e meditare. Contos de foghile, "racconti del focolare" postmoderni, potremmo dire, per cercare di ricomporre l’infranto di una società individualista che sempre più difficilmente mette in relazione persone. Anche il primo freddo di stagione, attenuato dal soffio dei caloriferi appena avviati, ha favorito – ricreandolo – l’ambiente raccolto e sereno di amicizia solidale che caratterizza quest’angolo di Sardegna. Magistralmente, Piero Pinna ha presentato l’opera di Michela Murgia, catturando l’attenzione del pubblico per tutto il tempo della sua esposizione. Ha parlato di fillus de anima, figli dati in adozione, comparando l’opera delle giovane scrittrice sarda con "La chimera" di Sebastiano Vassalli (Einaudi 1990), mettendo in luce l’universalità di modelli tradizionali nell’allevare gli orfani, così come nel portare a termine le fasi finali dell’esistenza umana. Relativamente alle persone senza genitori, alcuni accenni hanno riguardato l’antica ruota degli esposti di Biella e quella nuova istituita appena due anni fa presso l’ospedale cittadino; quest’ultima ha già raccolto quattro neonati abbandonati. Le adozioni di oggi troncano i legami con i genitori mentre, in pasato, is fillus de anima tenevano vivi i rapporti con la famiglia di origine. Un solo personaggio per accompagnare i momenti di accesso e di uscita dalla vita: s’accabadora, l’ultima madre, levatrice vestita di bianco per aiutare a nascere e di nero nel momento del trapasso. Tra il pubblico, erano presenti alcuni facilitatori per l’elaborazione del lutto che operano presso il Fondo "Edo Tempia", il centro per la prevenzione dei tumori di Biella, interessati ai saperi della tradizione. Numerosi gli interventi; alcuni per confermare affermazioni presenti nel libro della Murgia; altri per fornire interessanti contributi di esperienze e di racconti tramandati oralmente; eccezionale il rimado testimoniale a uno degli attrezzi di s’accabadora: il mazzuolo di olivastro del peso di circa cinque chilogrammi. Nei casi difficili, infatti, si procedeva con la fumigazione per indurre lo stato di incoscienza, sia che si usasse il pesante mazzuolo, sia che la fine venisse decretata da un soffice cuscino. La serata si è conclusa con su cumbidu, il rinfresco con anicini di finocchio selvatico preparati dai Soci e vino rosato di Sardegna. Il libro "Accabadora", in vendita nelle principali librerie di Biella, è disponibile presso la Biblioteca Su Nuraghe.
Battista Saiu
TRE GIORNI DI SARDEGNA A PISA CON IL "GRAZIA DELEDDA"
IL PREMIO SPECIALE DI POESIA "TINUCCIO MANCA"
Tre giorni intensi dedicati alla Sardegna a Pisa, per merito di un attivo circolo "Grazia Deledda" ben diretto da Gianni Deias. Dal 23 al 25 ottobre, presso la Stazione Leopolda, ogni iniziativa è ruotata intorno al Premio Speciale di Poesia "Tinuccio Manca". L’introduzione alla tre giorni si è avuta con l’inaugurazione delle mostre: "Ricamo ispirato ai costumi sardi" a cura della dottoressa Gilda Cefariello Grosso e "Tessuti, trine e ricami – La Sardegna in filo" con fotografie di Enrico Querci. La chiusura della prima giornata si è avuta con lo spettacolo teatrale "Passare il mare", adattamento e regia di Patrizia Falcone, tratto dal libro di Rita Mastinu "Il tempo grande di Veneranda". Il clou delle giornate a Pisa, sabato 24 con il Premio di Poesia a cui sono intervenuti Giovanni Deias, presidente del circolo "grazia Deledda"; Titina Maccioni, Presidente del Consiglio Comunale di Pisa; Tonino Pischedda, sindaco di Pozzomaggiore; Silvia Panichi, Assessore alla Cultura del Comune di Pisa; Antoni
o Maria Pinna, Presidente del Premio Giorgio Pinna. Il pomeriggio di poesia è stato magistralmente presentato da Nicola Grande, con la consegna di Borse di Studio messe a disposizione dal circolo sardo pisano per neo laureati. Antonio Maria Pinna ha presentato in seguito, in anteprima, il libro di poesie sarde "Torrat sempre su sole". La serata si è conclusa con il concerto a tenores con il gruppo "Antoni Milia" di Orosei presentato da Tiziana Etzo. Compimento domenicale con la conferenza "La Sardegna Medievale" – Castelli, città e personaggi del Giudicato di Torres con la relazione di Francesco Ledda, storico dell’arte e Mariella Cortès.
Massimiliano Perlato
CONVEGNO CON I CIRCOLI DI MAGENTA, PARABIAGO E BAREGGIO
CAGLIARI SOTTERRANEA
Incontro culturale voluto da tre associazioni degli emigrati sardi in Lombardia, quali il "Grazia Deledda" di Magenta, il "Su Nuraghe" di Parabiago e "Amedeo Nazzari" di Bareggio, presso la Casa Giacobbe per parlare della Cagliari sotterranea". Sono intervenuti il dottor Marcello Polastri, giornalista, speleologo e fondatore del Gruppo Speleologico Cavità Cagliaritane e autore del libro che è stato presentato "Cagliari la città sotterranea". L’autore ci ha condotto attraverso la proiezione di suggestive immagini nel capoluogo della Sardegna. Lo speleologo Alessio Scalas ha raccontato leggende legate ai cunicoli sotterranei di Cagliari. Così come Angelo Pili, meglio conosciuto come "Su Professori", ha narrato con allegria e fantasia, aneddoti su Cagliari e dintorni.
Antonello Argiolas
LE "GIORNATE SARDE" DEL CIRCOLO "QUATTRO MORI" DI OSTIA
CONVEGNI E FOLKLORE ISOLANO
Per il settimo anno consecutivo, il circolo "Quattro Mori" di Ostia, ha organizzato "Le giornate sarde". Una tre giorni che si è svolta presso il Piazzale dell’Hotel Litus. Si è cominciato venerdì 23 ottobre con l’apertura degli stands di artigianato sardo. Di particolare rilevanza la mostra del pane di Anna Rita Fadda di Settimo San Pietro in provincia di Cagliari. Si è creato una sorta di museo del grano con la dimostrazione pratica del percorso del pane: dalla macinazione alla setacciatura e alla lavorazione finale. Ha fatto seguito di conseguenza, una conferenza denominata "Pane, pasta e zafferano" con le relazioni di Claudia Melis, responsabile scientifica "Museo del Grano – Studi ricerche ed esperienze"; della professoressa Graziella Pisu "grano e pane lunga storia di fatica e amore"; del dottor Fausto Caboni. La serata della prima giornata si è conclusa con l’esibizione del gruppo folk di Abbasanta e con la gara poetica a cui hanno partecipato Mario Masala, Bruno Agus (nella foto) e Giuseppe Porcu. Di rilievo per la giornata di sabato 24, la conferenza dedicata a San Giorgio, "un vescovo errante nella Sardegna dell’anno mille" a cura del dottor Mario Antonio Cubeddu, presidente della Fondazione San Giorgio Vescovo. Ha fatto seguito, la proiezione del documentario "Santu Jorgi, su mori" per la regia di Simone Contu con il coordinamento della dottoressa Maria Antonietta Schirru. Serata con l’esibizione dei gruppi folk di Abbasanta e Suelli e i tenores "Cunsertu Santu Torpè". Chiusura con il concerto di Maria Luisa Congiu. L’atto conclusivo della tre giorni si è avuto con la cerimonia della Santa Messa nella Chiesa "Regina Pacis" di Ostia, celebrata da Monsignor Candido Cubeddu.
Massimiliano Perlato
IL GRUPPO DIRETTO DA PINO MARTINI, DA MILANO ALLA SARDEGNA
"SA OGHE DE SU CORO" AL FESTIVAL DI TISSI
Non appena sbarcato dal continente, scendendo giù da Porto Torres, impaziente di rituffarmi nel tessuto del medio campidano natio, cento e cento volte, appena dopo Sassari, scorgevo quei segnali di luoghi che dicevano :Tissi-Ossi o Ossi-Tissi e sempre me ne rimaneva memoria come di una filastrocca per bimbi. Mai avrei immaginato che tale Giuseppe Cubeddu, suonatore d’organetto diatonico di maestria fuori di ogni norma (penso che riuscirebbe a far ballare su "ballu tundu" persino a me), imbattutosi in un "video" che sciorinava una prestazione de "Sa Oghe de su coro"nel basso milanese, formazione corale che sopporta anche la mia voce a mischiarsi in quelle dei sardi, figli di sardi, non sardi, che la compongono (tutto dirige Pino Martini Obinu), mi avrebbe risucchiato proprio a Tissi, in occasione del loro "festival" di 19 settembre u.s. Noi de "Sa Oghe" avremmo fatto da ospiti d’onore, nientemeno! Quelli dell’associazione culturale "Coro Ischentes de Tissi", al di là del loro nome (ischente vuol dire apprendista)avevano curato una regia molto composita che prevedeva la partecipazione anche del coro di Muros "Renato Loria",i "Sos de Santu Matteu" di Bono e, a fare da corollario a tanta musica cantata, anche il gruppo di danze mediovali "Giudicato di Torres" e due gruppi folk di danza: quelli di Bonnanaro e il "San Luigi"di Tissi. Buoni ultimi, ma dovre
ste sentirli come cantano, il coro "Piccole Note" di Tissi, una trentina di scatenatissimi, ultraprofessionali, bimbi dai tre ai dodici anni,che Laura Santucciu tiene a bada non si sa come, e vale dire che le ragazzine sono in stragrande maggioranza, per un repertorio che vanta "zecchino d’oro" e canzoni sarde, come le due che canteranno stasera: "Terra mia" e "Coros cantende". Capirete bene che una cronaca puntuale dell’avvenimento richiederebbe tutte le pagine della "Gazzetta", e forse non basterebbero a dare di conto dello svolgersi della serata tutta che, mercè l’opera di Giove pluvio, si è iniziata su di un palco per concludersi, dopo una prima innaffiata d’avvertimento, sotto le volte dell’ex mattatoio che, mi dice il sindaco di Tissi, è comunque destinato a divenire sede di un museo etnografico-archeologico. Maria Lucia Cocco di mestiere fa l’anatomopatologa (autopsie e robe così, se la incontrate fatevi raccontare di quando, da giovane medico, lavorava alla guardia medica di Orani e Orotelli), poi è mamma, e poi anche sindaco (sindachessa ha un suono che non mi piace). Mi fa avere un gran numero di pubblicazioni sul paese che amministra da quasi tre anni, grande fan di Soru Renato (il vicesindaco Salvatore Masia molto meno), fa derivare il voto di sinistra dei tissesi da una vocazione annosa di socialismo anarchico (la cooperativa agricola è del 1907), concorda con me che l’uscita dal berlusconismo che ci pervade deve prevedere tempi che si misurano in generazioni, sempre ammesso che si riesca a vincere la sfida culturale che, per ora, lo ha imposto al paese tutto. Stasera aprono la festa i padroni di casa di "Ischentes", ricordando uno dei loro, da poco scomparso, Mario Tilocca, che tanto ha dato alla costruzione del coro, il direttore del quale Pietro Sassu compone le canzoni che cantano ispirandosi ai poeti del luogo ma anche ai vari Bartolomeo Serra o Pietro Cherchi. Bianchi e neri come appaiono, coi bottoni d’oro e d’argento in filigrana al colletto della camicia candida, cominciano con "Sa Idda mia" e continuano con un’altra canzone che parla di uno sposo che va a chiedere la mano della sua bella a Usini. Non è dato sapere come finirà che quelli di Usini da queste parti passano per "imbriagones" (trad. per continentali:ubriaconi), mentre il tissese è faulasu (frabanciu, bugiardo)per antonomasia. Per chiudere il cerchio dei vicini di casa: l’abitante di Ossi è detto giogasu (lumaca). Il gruppo folk di danza di Bonnanaro segue con unu "Dillu" di pregio e continua con un "Ballu tundu" in cui la fisarmonica fatica a seguire il ritmo dei ballerini. Le gonne rosse e i veli bianchi di traforo si mischiano alle barritte nere che saltano a tempo, in un cielo sempre più pieno di lampi. Poi tocca ai "Santu Matteu" di Bono, che hanno una storia lunga dieci anni, coi loro corpetti a schiena rossa su un costume nero come la notte, la loro "Ninna nanna" da una poesia di Montanaru di Desulo non me la scordo fin che campo. Hanno una "voce solista", Franco Carta che spicca nel coro polifonico come la ciliegina su una torta sontuosa. Le sei ragazze mediovalmente vestite che eseguono tre danze fanno parte dell’associazione di Torres che tre anni fa ha iniziato una ricerca scientifica- archeologica- coreografica sul periodo medievale della loro città. Applausi fragorosi sottolineano poi l’esibizione del coro dei piccoli cantori,una macchia bianco-gialla e rosa di abiti per angeli che la Santucciu e Fabrizio Sanna si immaginano di dirigere, quando appare a tutti evidente essere loro a traino di tanta ingenua bellezza. Poi cantiamo noi de "Sa Oghe ‘e su Coro", emozionati come bimbi che rivedono la madre dopo due mesi che sono rimasti senza di lei una in colonia marina dove si mangia minestra a pranzo e a cena, un groppo alla gola che ti impasta la voce che si scioglie fortunatamente coi "Fantini sedilesos" di "Assandira" , migliora viepiù con una "cozzula " nuoresa, e si butta all’impazzata su unu "passu torrau cantau"in cui la parte femminile del coro si sgola a sparlare di tale "Antoi nostu"che però "tenisti oghe bella e attonada/como si cantas pares una craba" (senza traduzione). Susi, che però è fidanzata di Antonio ( non quello della canzone, uno dei nostri) e quindi va presa con il beneficio d’inventario, dice che siamo stati bravissimi. In realtà, dopo che la pioggia battente ha tutti sfrattati nell’ex mattatoio coperto, e quelli di Muros si sono messi in cerchio per cantare le loro canzoni, l’emozione ha riempito la sala come la nebbia che sale, la sera, dalle rive di un fiume. Lenta, inesorabile e coinvolgente la polifonia che riescono a produrre è di una qualità superiore, frutto di un lavoro iniziato negli anni novanta. Impareggiabili! Anche i ballerini di Tissi hanno dieci anni di attività alle spalle, coi loro costumi rutilanti di bottoni d’argento, le ragazze ne hanno dieci per braccio,offrono al pubblico che stipa il locale unu "ballu pesadu" che è tipico del paese e un "ballu a passu" del centro Sardegna, che hanno coreografie di stelle di mare e madrepore. Poi noi de "sa Oghe" facciamo altri tre pezzi, "Procurad’e moderare", un "Ballu furiosu" e un "Isettande", una canzone di Pino che è emblematica per sottolineare le (numerose) differenze che ci sono fra il nostro e gli altri cori che qui si sono esibiti. Nel nostro c’è la componente femminile, fondamentale per cantare in sussurrato un certo tipo di emozioni, d’amore, e in urlato per altre di protesta o politiche che siano. Siamo diversi. Cantiamo rivolti al pubblico, non in cerchio come i maschi degli altri cori sardi che si sono esibiti qui. Come gli "Ischentes" che chiudono la serata. Almeno per il pubblico, che fuori poi è tutto un mischiarsi di cantori e di voci che si inseguono l’un l’altro con un repertorio di canzoni che sono patrimonio di tutti, di tutti i sardi. Di cosa succeda quella notte, del vino nero bevuto a fiumi alternato a "filu ‘e ferru" di incerta provenienza, dolci di mandorle amare, canzoni che sfottono i cantori, fa tutto parte dell’ accoglienza che quelli di Tissi hanno avuto per i milanesi "emigrati". Che è anche condita di culurgiones e malloreddus, ma soprattutto di cuore grande come la Sardegna tutta e che nulla chiede in cambio, se non quando si parli o si pensi a Tissi, che ci si ricordi di loro. I più faulausus di tutto il Logudoro. E i più ospitali.
Sergio Portas
DIECI DIOCESI SARDE E NOVE TESTATE AUTOREFERENZIALI
EDITORIA E FEDE
Sono dieci i piccoli "regni" della Sardegna cattolica. Tre arcivescovi metropoliti (Cagliari, Oristano e Sassari), sette vescovi in altrettante diocesi suffraganee (Iglesias, Ales-Terralba, Nuoro, Ogliastra, Ozieri, Alghero-Bosa, Tempio-Ampurias), un ausiliare a Cagliari, ma anche dieci vicari generali, dieci curie, un piccolo esercito di un migliaio di sacerdoti (senza contare religiosi e religiose) a reggere 617 parrocchie. Dal clero sardo anche un nunzio (Angelo Becciu di Pattada, legato pontificio a Luanda in Angola), nessun cardinale. L’ultimo e unico,
Mario Francesco Pompedda, anche lui come Becciu della chiesa di Ozieri, fino al 2004 Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, si è spento a Roma nell’ottobre del 2006. Un’organizzazione complessa per una comunità – quella sarda – che, in terra di missione, Africa o America Latina, sarebbe una diocesi di media grandezza; dove la più grande delle diocesi, quella di Cagliari, sarebbe l’equivalente, in termini di territorio, di una parrocchia, spesso affidata e guidata da uno o due sacerdoti. Con poco meno di 600mila "anime", Cagliari conta 133 parrocchie (Oristano ne ha 85, Sassari 60); appena 30 quelle di Ozieri, 34 ne conta Lanusei, Nuoro e Tempio rispettivamente 46 e 47, Iglesias ne ha 64, Alghero-Bosa 61, Ales-Terralba 57. Piccoli numeri, ma storie e vicende secolari dietro ognuna di esse. Ecco perché, ogniqualvolta si è parlato di "razionalizzare" numero e suddivisione delle diocesi, in altre parole sopprimere e accorpare quelle minori, non se n’è mai fatto nulla. La crisi delle vocazioni, con il drastico ridimensionamento dei seminari, forse obbligherà a questa scelta. Applicando una disposizione divenuta ormai consuetudine su tutto il territorio, otto vescovi su dieci sono sardi, con la sola eccezione di Giuseppe Mani a Cagliari (dove, solo per stare agli ultimi decenni, si sono susseguiti Paolo Botto di Chiavari, l’emiliano Giuseppe Bonfiglioli, i cardinali Sebastiano Baggio e Giovanni Canestri, rispettivamente veneto e piemontese, con la parentesi del nuorese Ottorino Pietro Alberti) e Giacomo Lanzetti ad Alghero-Bosa. Dal clero isolano provengono Ignazio Sanna (Oristano), il francescano padre Paolo Atzei (Sassari), Antioco Piseddu (a Lanusei ininterrottamente dal 1981), Pietro Meloni (Nuoro), Sebastiano Sanguinetti (Tempio-Ampurias), Sergio Pintor a Ozieri, Giovanni Paolo Zedda a Iglesias e Giovanni Dettori ad Ales-Terralba. Così come dal presbiterio di Cagliari proviene l’ausiliare del capoluogo, Mosé Marcia. Cinque i vescovi emeriti, che hanno cioè lasciato il servizio pastorale attivo per raggiunti limiti di età, in genere al compimento del 75mo anno di età. È tornato alla sua Nuoro Ottorino Alberti, che continua a lavorare nella Congregazione per le Cause dei Santi, mentre Giovanni Melis, emerito di Nuoro, si è ritirato in un istituto religioso a Genoni. Cagliari forse detiene il record di città dei "cinque vescovi": oltre l’arcivescovo Mani e l’ausiliare Marcia, in città risiedono Antonino Orrù (emerito di Ales-Terralba, oggi presso le suore che gestiscono la Casa della Giovane in viale Sant’Avendrace), Tarcisio Pillolla (emerito di Iglesias, tornato alla sua abitazione di via dei Falletti, a Is Mirrionis) e Piergiuliano Tiddia (arcivescovo emerito di Oristano, casa a due passi dalla parrocchiale di San Lucifero). A Quartu Ninetto Vacca, emerito di Alghero-Bosa, diocesi dopo di lui affidata al piemontese Lanzetti, uno degli ausiliari di Severino Poletto, cardinale di Torino. Dieci diocesi che storicamente hanno sempre avuto difficoltà, spesso insormontabili, a "camminare insieme". Nonostante un organismo di sintesi – la Conferenza Episcopale Sarda – ciascuna "chiesa particolare" progetta e attua la sua pastorale in una visione quasi sempre localistica, chiusa e arroccata nelle sue mura e confini. "Ogni vescovo è papa nella sua diocesi", si ripete spesso nelle sacrestie e nei seminari. E in parte è proprio così. Una verifica, seppure parziale ma pure estremamente sintomatica, è data dalla presenza di nove testate giornalistiche di settimanali, periodici e bollettini diocesani (non ha periodico la diocesi di Alghero-Bosa). Anche il recente e – in gran parte – ancor poco attuato Concilio Plenario sardo aveva auspicato la creazione di un periodico regionale che facesse sintesi delle testate diocesane. Molti i tentativi, numerose le proposte, svariati i progetti. Ma tutto è rimasto lettera morta. Molti i limiti di questa frammentazione nell’informazione religiosa isolana. Rarissimi i casi di una redazione che meriti questo nome. Ancora dominante il volontariato, strumento morbidissimo per evitare confronti e verifiche di qualsiasi genere all’insegna dell’autoreferenzialità più spinta. Con la conseguenza che questi giornali sono, alla fine, i docilissimi house-organ della propria diocesi e poco più. Eccoli.
SULCIS IGLESIENTE OGGI È il settimanale della diocesi di Iglesias, diretto da Simone Franceschi. Fortemente voluto dal vescovo-giornalista Tarcisio Pillolla. Colore in copertina, spesso apertura dedicata a temi ecclesiali anche di natura mondiale (un’enciclica del Papa così come un documento della Conferenza Episcopale Italiana) con richiami "in prima" su eventi e commenti legati alla vita della diocesi. Sedici pagine suddivise nelle rubriche che variano dal Primo Piano alla cultura religiosa, alla Chiesa diocesana e al territorio.
VOCE DEL LOGUDORO Settimanale diocesano della diocesi di Ozieri, diretto da Gavino Leone, al 58mo anno di vita, dodici pagine con una "prima" a due colori molto ecumenica e internazionale. Molto discreta la presenza del vescovo Sergio Pintor, le sue rubriche spaziano dalla attualità e cultura alla Vita ecclesiale sino alla cronache dalla diocesi e dai paesi della chiesa locale con servizi e commenti che comprendono liturgia e catechesi ma anche cronache politiche e sportive.
NUOVO CAMMINO Periodico diocesano di informazione della Chiesa locale di Ales-Terralba. Diretto da Giovanni Pinna, è al suo 14mo anno di vita. Colore in prima, dove dominano i richiami alla politica e alla cronaca internazionale oltre che alla vita diocesana. Uno sforzo di informazione completa suddivisa nelle rubriche Primo Piano, Attualità, Società e Vita diocesana, Chiesa (spesso con la pubblicazione integrale di documenti o encicliche papali), Dai paesi, Cultura e Sport.
GALLURA&ANGLONA È il periodico della diocesi di Tempio-Ampurias fondato nel 1927. La sua pubblicazione ha conosciuto fasi alterne di crisi e rinascite legate anche alla sensibilità dei "pastori" che si sono susseguiti alla guida di questa diocesi. A dirigere il giornale è stato chiamato don Gianni Sini, sacerdote poliedrico e intraprendente. Interamente a colori nelle sue 16 pagine, vi si nota l’impronta di un vescovo moderno e culturalmente aperto come Sebastiano Sanguinetti. Le sue rubriche vanno dal Magistero della Chiesa e la catechesi, alla finestra internazionale e l’attualità, con interessanti aperture alla spiritualità e alla formazione, alla scuola e alla cultura, alle figure dei testimoni e alle cronache locali.
L’ORTOBENE Una quercia nel panorama dell’informazione religiosa della Sardegna, una "voce" che ogni settimana è una sorta di bussola per la Chiesa di Nuoro quando non, addirittura, l’unico specchio di un territorio altrimenti dimenticato e inascoltato. Sedici pagine per un settimanale giunto al suo 84mo anno di pu
bblicazione che in prima, spesso, accoglie l’editoriale del vescovo Meloni con richiami a quanto poi si sviluppa all’interno nelle sue rubriche In primo piano (con una grande attenzione alle vicende sociali e occupazionali del territorio), Scuola-Giovani, Vita ecclesiale, Dialogo aperto (arricchito dai contributi di laici e cattolici su temi di attualità, ricorrenze, eventi nazionali ed internazionali). Unica fra i periodici e settimanali diocesani l’intera pagina dedicata alle necrologie, a testimonianza di un radicamento e una fidelizzazione unica nel panorama editoriale ecclesiale in Sardegna.
LIBERTA’ È la testata della arcidiocesi di Sassari, formato A4, interamente a colori, che ha di recente ripreso le sue pubblicazioni. È lo stesso vescovo padre Paolo Atzei ad esserne direttore ed editore. Impaginazione molto curata, progetto grafico moderno e accattivante, il periodico (prossimo al centenario di fondazione) si presenta come un organo di informazione completo e aggiornato, attento alle vicende della Chiesa e della società sarda.
L’ARBORENSE Settimanale dell’arcidiocesi di Oristano che ha soppiantato (con un’operazione simile a quanto avvenuto a Cagliari con la storica testata Orientamenti e poi NuovOrientamenti) Vita Nostra, ultimo direttore laico Salvatore Sechi. Come per altre testate diocesane, anche quella arborense risente della difficoltà, comune ad altre diocesi di coniugare professionalità e volontariato, informazione e comunicazione ecclesiale.
L’OGLIASTRA Mensile della Diocesi di Lanusei, giunto al 28.mo anno di pubblicazioni (non sempre regolari), media di 12 pagine, prima e ultima in quadricromia. Direttore responsabile il parroco di Arzana Vincenzo Pirarba, redattore capo Giorgio Michele Sanna. Giornale molto vicino alle posizioni della destra politica, viene stampato dalle Arti Grafiche Su Craminu di Dorgali.
IL PORTICO È il settimanale della arcidiocesi di Cagliari e ha soppiantato la storica testata Orientamenti (poi diventata NuovOrientamenti) . Sedici pagine interamente a colori, prima e ultima in assoluta gestione del primate della Chiesa sarda, nella sua veste di direttore-editore, che firma editoriale e diario della diocesi. Nelle pagine interne grande attenzione alla politica (nazionale e regionale) ossequiosamente filo-governativa e alla attualità. Paginone centrale dedicato al Vangelo della domenica e a temi di etica e morale, quindi le rubriche e le cronache.
A completare il quadro dell’editoria ecclesiale in Sardegna alcune storiche pubblicazioni come l’Eco di Bonaria, curato dai Padri Mercedari del Santuario e della Basilica di Nostra Signora di Bonaria in Cagliari, o Voce Serafica, settimanale della famiglia francescana dei padri Cappuccini del Convento di Sant’Ignazio con una diffusione che ha valicato i confini nazionali ed europei. Molte e diffuse anche le radio parrocchiali e diocesane mentre è sempre abortito il progetto sia di un settimanale che di una televisione sarda di chiara matrice cattolica. Sul versante della carta stampata diversi sono stati i tentativi di "accorpare" sotto un’unica testata le diverse esperienze locali, garantendo a ciascuna di loro autonomia e dignità storica. Ma si è trattato di tentativi tutti e sempre bocciati come velleitari e impraticabili. A dimostrazione di come sia impresa titanica portare a sintesi istanze e presenze storicamente radicate nel loro piccolo universo. Forse il limite o, se si vuole, la ricchezza di una terra complicata e rocciosa come è la Sardegna.
Paolo Matta
I NUMERI DENUNCIANO UNA SITUAZIONE ALLARMANTE
EMERGENZA SCUOLA
La scuola sarda è da ricostruire quasi dalle fondamenta. I risultati dei recenti test per l’accesso all’Università rappresentano la cartina di tornasole di una situazione limite. Risultati universitari che non devono sorprendere, in un certo senso anche prevedibili, dopo che l’Ocse-PISA, nel 2006, registrava per i quindicenni sardi nella comprensione della lettura il punteggio medio peggiore d’Italia dopo quello della Sicilia. Con uno scarto ancora maggiore rispetto alla media Ocse nelle conoscenze matematiche: il 45% degli studenti sardi era in condizioni di bocciatura scolastica. Il fatto che il maggior numero di abbandoni nell’Università si registri nei primi due anni è un altro segnale della difficoltà degli studenti sardi di colmare in poco tempo carenze strutturali di preparazione. Nell’anno accademico 2008-2009 i fuori corso sardi erano pari al 60% degli iscritti contro una media nazionale di 46,8%. I test universitari, per altro, sono il coronamento di un processo formativo di 13 anni che, evidentemente, è da riverificare in tutte le sue parti, soprattutto nei segmenti della scuola media inferiore e superiore. I numeri denunciano una situazione preoccupante:
– Nell’anno scolastico 2006-2007, il 22,1% degli alunni sardi delle scuole superiori non sono stati ammessi all’anno successivo: la più alta in Italia ( media nazionale pari al 14,2%). Addirittura del 27,3% la percentuale degli studenti sardi del primo anno non ammessi al secondo (segno inequivocabile della debolezza dei saperi portati dalla scuola media inferiore).
– Nel 2007 la percentuale dei giovani sardi (15-19 anni) in possesso del titolo di scuola media inferiore si è attestata al 96,5%, più bassa di tutte le altre regioni italiane (media nazionale 98,2%).
– La percentuale degli abbandoni al primo anno della scuola secondaria superiore – 11,5% nel 2006 – risulta tra le più alte della penisola.
– I giovani tra 18-24 anni con al più la licenza media, che nel 2007 in Sardegna hanno abbandonati gli studi e negli ultimi due anni non hanno partecipato ad alcuna attività di formazione/educazione, corrispondono al 21,8% di quella classe d’età (quinto posto in Italia dopo Campania, Sicilia, Puglia, Valle d’Aosta). Fino a che il problema-scuola non verrà considerato dallo Stato e dalla Regione un’emergenza sociale, non potrà essere risolto. Come in occasione di calamità naturali si assegnano al Presidente della Giunta poteri e fondi straordinari, allo stesso modo deve f
arsi per l’emergenza-scuola. In particolare si deve consentire al Presidente della Regione – per un certo periodo di tempo – di derogare alle disposizioni statali in materia di organico del personale docente e non docente, costituzione di classi e loro composizione numerica, orario delle lezioni e articolazione del tempo scolastico. Nella bozza del Programma regionale di sviluppo 2010-2014 viene delineato "un migliore sistema educativo". Il sindacato vuole concorrere a delineare questo sistema e attende che la Giunta apra un tavolo specifico sulla materia. Come si è visto, i problemi della scuola e della formazione non possono attendere.
Oriana Putzolu
C’E’ LA PRESIDENTE DELL’ASSEMBLEA REGIONALE, MA POI SOLO 7 CONSIGLIERE (SU 80)
LE DONNE SARDE IN POLITICA ANCORA MOSCHE BIANCHE
Nel 2009 si è registrato un fatto inedito nei sessant’anni di vita dell’autonomia: una donna, Claudia Lombardo, è stata eletta per la prima volta nella storia presidente del Consiglio regionale. Ma a conferma che una rondine non fa primavera sono appena sette su ottanta le consigliere regionali, che erano otto nella precedente legislatura per la scelta di Renato Soru di puntare esclusivamente sull’altra metà del mondo nel listino, mentre Claudia Lombardo era stata la sola eletta nel collegio provinciale del Sulcis, come nel 2009. È sceso addirittura a quattro il numero delle donne assessore nella giunta Cappellacci, e peggio ancora vanno le cose nelle amministrazioni locali. Sulla base dei dati elaborati negli ultimi mesi del 2008 le prime cittadine sono appena 29 (33 secondo altre fonti) su 377 Comuni (uno solo di un certo peso, Oristano) con appena il 2,68% della popolazione (44.453 abitanti su 1.659.443) amministrati da sindache. Sono questi alcuni dei numeri pubblicati in una ricerca voluta dalla Fondazione Luca Raggio e dall’Università di Cagliari, realizzata da Maria Rosa Cardia e Silvia Benussi. Inserito in un itinerario di ricerche sulla Cittadinanza asimmetrica , è questo il secondo quaderno realizzato da Mariarosa Cardia, professoressa di Storia delle istituzioni politiche. Ad affiancarla nello studio intitolato Genere e rappresentanza nelle istituzioni politiche. Il caso Sardegna è stata la dottoressa Silvia Benussi, ricercatrice nella facoltà di Scienze politiche di Cagliari. In realtà non è soltanto un fenomeno sardo quello che Mariarosa Cardia definisce «un serio deficit di rappresentanza democratica e un grave sintomo di arretratezza. L’Italia nel suo complesso si colloca al cinquantaduesimo posto della classifica mondiale, a pari merito con Canada e Cina. Al primo posto della classifica internazionale, con il 56,3% di donne in Parlamento, c’è il Ruanda, seguito da Svezia (47), Cuba, Finlandia e Argentina, tutte sopra il 40%, seguite da Paesi del Nord Europa, ma anche dalla Spagna e da stati africani e asiatici: l’Italia è ampiamente preceduta da Angola, Mozambico, Afganistan, Pakistan, Bulgaria e Serbia, per citarne alcuni. Il libro è davvero interessante, perché non si limita ad analizzare la presenza femminile, ma interessandosi di candidature e di eletti. E racconta le diverse situazioni anche nei territori. Due province, Gallura e Sassari, vantano presidenti donna, Pietrina Murrighile e Alessandra Giudici. Ma altre due, Oristano e Ogliastra, potrebbero fare la fine di Taranto, la provincia della quale il Tribunale amministrativo regionale ha ordinato lo scioglimento per il mancato rispetto dello Statuto che prevede la presenza di rappresentanti di entrambi i generi, maschile e femminile. «In realtà – spiega Mariarosa Cardia- la situazione è articolata, perché ad esempio le assessore nei Comuni sono in percentuale più che in Italia. Ma la realtà che emerge è quella di una profonda arretratezza democratica sarda, con poche donne in politica, soprattutto quando a decidere sono i partiti. Ce ne sono di più negli esecutivi che nelle assemblee elettive. Ed è evidente che vengono violati gli Statuti che prevedono la rappresentanza femminile. Non mi piace il termine quote, ma anche nei Paesi oggi più avanzati si è cominciato con norme costrittive». Altrimenti chi ha il potere non lo molla di certo per buona volontà. La strada della parità è insomma piuttosto lunga, come ha spiegato bene nel suo recente (Una questione di democrazia. Le donne nelle istituzioni) Rosanna Romano, giornalista caporedattore nell’Ufficio stampa del Consiglio regionale. Una situazione riscattata soltanto in parte dal fatto che Claudia Lombardo sia la prima presidente donna della storia autonomistica. È la stessa dirigente del Pdl a chiarire che la sua elezione «non cambia, purtroppo, la situazione. La Sardegna rispecchia l’andamento delle altre regioni del Sud d’Italia. Certo, nella nostra Isola la percentuale di donne nei Consigli è leggermente superiore a quella di Sicilia, Campania, Puglia e Calabria. Ma siamo ben lontani dalla Toscana che ha il 26,1% di donne in assemblea, o dalle Marche o dal Trentino Alto Adige la cui percentuale si attesta intorno al 15,7. Dunque, è ancora troppo presto per parlare in Sardegna di democrazia paritaria perché una percentuale di donne elette che non raggiunge neanche il 10% è veramente irrisoria». Claudia Lombardo sottolinea i numeri non positivi, soprattutto nelle giunte provinciali di Oristano e Ogliastra, ma allarga il discorso. «Spesso è la stessa donna che non vuole essere nominata in una giunta perché vede ancora la politica come un mondo al maschile. Non dimentichiamo che la donna deve conciliare lavoro e famiglia, anche se, comunque, il più delle volte le responsabilità sono dei partiti politici». Favorevole alla crescita del ruolo femminile, la presidente è tuttavia contraria a numeri imposti per legge. «Personalmente sono contraria a "quote rosa" e "riserve indiane". Le donne devono competere e guadagnarsi, con la meritocrazia, un posto in politica. Sono per la parità di accesso alle cariche elettive e non per la parità di risultato. Bisogna avere insomma la possibilità di partecipare alle competizioni elettorali in condizioni pari, ma senza corsie preferenziali». L’analisi è condivisa, ma sui rimedi c’è divergenza. Almeno sulla garanzia di un numero di candidature identico fra uomini e donne l’intesa sembra per&
ograve; possibile: pari opportunità almeno di partenza.
Giancarlo Ghirra
L’IPOTESI DEI "MOSTRI" IN MEZZO AL MARE SULLE COSTE SARDE
PALE EOLICHE
L’immagine del mare davanti alla spiaggia di Is Arenas disseminato di 80 pilastri alti 100 metri è terrificante e suggestiva. E’ un incubo che ha colpito subito la fantasia e l’immaginazione di tutti coloro che conoscono e frequentano per varie ragioni la costa centro-occidentale della Sardegna. Chi ha sessanta anni è in grado di ricordare al posto degli abitati di S’Archittu e della Torre del pozzo una campagna abitata solo da animali al pascolo, conigli e lepri. Contadini, a volte soddisfatti, a volte no, comunque stanchi per il raccolto appena concluso, si trasferivano per qualche settimana sulla costa per lavare via la polvere, far prendere aria buona ai bambini, riposarsi in attesa dell’inizio di una nuova annata agraria. A fine agosto non c’era già più nessuno e sugli spazi occupati dalle baracche le prime piogge riportavano il verde dell’erba. Oggi su quella costa ci sono migliaia di abitazioni. Molte ne sono state costruite anche dentro la pineta di Is Arenas. Una parte degli alberi è stata abbattuta per fare spazio ai campi da golf e a strutture ricettive, alberghi e mini appartamenti. Un luogo, delle persone, che pensavano il proprio futuro in funzione di una crescita del turismo. Come facevano e fanno tutti i piccoli paesi dell’entroterra, nel Montiferru e nei Campidani attorno a Oristano. Chi ha scelto di costruire o comprare una casa su quella costa si aspetta legittimamente di poter continuare a godere della vista di un mare senza ostacoli, si aspetta che il sole tramonti sul confine tra terra e mare ad occidente, e non districandosi tra una selva di pali. Si capisce perché la mobilitazione contro il campo eolico di Is Arenas abbia coinvolto sinistra e destra, forse questa seconda ancor più della prima. Perché un luogo offeso e deturpato perde necessariamente valore. Ma non c’è niente di male nel mobilitarsi per difendere i propri interessi. Piuttosto bisogna dire che basta voltarsi mentre si viaggia subito dopo Oristano e si può vedere la fila di pali che segna la linea dell’orizzonte sulle pendici del Monte Grighine, ben visibili dalla pianura oristanese. Solo l’opposizione di Renato Soru ha impedito che anche il Montiferru, da Narbolia a Seneghe, a Santulussurgiu, a Scano, fosse segnato dalla presenza di centinaia di pale eoliche. Quello che qualcuno ha considerato un oltranzismo paesaggistico ha in realtà difeso un minimo di dignità del territorio e dei suoi abitanti. E’ onesto ricordare che quella scelta politica non ha avuto allora il sostegno popolare e mediatico che accompagna la battaglia contro la presenza delle torri eoliche in mare. Ci si può chiedere perché la scelta sia caduta sulla costa di Is Arenas. Perché non davanti alla Costa Smeralda, al Poetto, alla spiaggia di Stintino? Perché queste sono "belle" e la spiaggia di Is Arenas "non vale nulla". Questa idea è diffusa nel territorio e anche qualche amministratore locale si è azzardato a dire a proposito della nostra costa che si trattava di un luogo degradato e "da valorizzare" in altro modo. La spiaggia di Is Arenas è immagine speculare di un certo rapporto dei sardi con l’ambiente naturale. Non lo si apprezza e per questo lo si maltratta, si considerano i risultati delle proprie azioni di distruzione come mali connaturati e ineliminabili. La spiaggia di Is Arenas, la spiaggia delle sabbie, è una distesa meravigliosa di sabbia lunga 6 chilometri, accompagnata da un bordo continuo di dune, pini, acacie, ginepri. La spiaggia è sporca, perché le mareggiate vi scaricano rifiuti provenienti da tutto il Mediterraneo occidentale, dalla costa francese alla Catalogna e alle Baleari. Nessuno si preoccupa di pulirla, se non davanti ai campeggi sorti all’interno della pineta. Strati e strati di plastiche finiscono sulle dune e vengono sepolte per costituire una stratigrafia della modernità. Altro fattore inquinante sono i motociclisti e proprietari di fuoristrada dissennati che trovano sulla spiaggia e sulle dune un micro Sahara su cui scorrazzare. Qualcuno del luogo, naturalmente, qualche persona o qualche agenzia, deve averceli portati. Per i comuni che ne hanno la titolarità, San Vero Milis, Narbolia e Cuglieri, Is Arenas è il luogo più lontano, estrema periferia. Chi visita il luogo non trova traccia di un intervento dell’autorità pubblica. Qualcuno direbbe: meno male. Dove c’è stato un intervento, come per la concessione a una cooperativa degli edifici sullo stagno di Is Benas, il degrado non è minore. I comuni hanno in sostanza affidato da decenni la gestione di quest’area, e quindi anche la spiaggia, a un’azienda privata, la Società Is Arenas. Che segue la logica e la tempistica dei suoi interessi. Quando le farà comodo solleciterà dalle amministrazioni una cura maggiore dell’arenile. E troverà di sicuro orecchie attente. Quando la struttura turistica della Società Is Arenas si sarà consolidata, le distese solitarie saranno sostituite da una selva di ombrelloni. E’ questo il destino quasi certo della spiaggia, non il profilo delle torri eoliche. E’ curioso come in queste settimane il ragionamento di opposizione alle pale eoliche da parte di molte persone del posto finisca naturalmente per approdare alla prospettiva nucleare. Soprattutto per interlocutori di centro-destra l’idea di avere nella pianura, a due passi dal mare, a pochi chilometri da casa propria, una centrale nucleare, non suscita la stessa reazione dell’immagine del mare disseminato di torri. L’interlocutore diventa all’improvviso ragionevole, possibilista, sostenitore convinto delle necessità che ha l’Italia di avere energia in abbondanza e a basso costo. Se gli si fa presente che la Sardegna è autosufficiente dal punto di vista energetico, dice che "siamo italiani, dobbiamo fare la nostra parte." Il progetto eolico a Is Arenas è di origine dubbia e non ha sponsor politici visibili. La centrale nucleare arriverebbe con l’appoggio del Governo e la prospettiva di un investimento miliardario.
Mario Cubeddu
PALE EOLICHE NEL MARE DI SARDEGNA
E PERCHE’ NO?
Allora: nucleare no, eolico no, energia solare no, gasdotto attraverso l’isola no, servitù militari no, progetto Soru per salvare le coste no… Volete scommettere che se si proponesse: Nucleare sì, eccetto in Sardegna; Eolico sì, eccetto in Sardegna; Gasdotto sì, eccetto in Sardegna; Energie alternative sì, eccetto in Sardegna…, ci sarebbe una levata di scudi apocalittica, e scioperi e assembramenti oceanici a non finire in piazza, a tema le solite discriminazioni di cui soffre la Sardegna? Fa ridere: tutti in piazza contro le pale eoliche in mezzo al mare, come se dal panorama del mare libero dalle pale eoliche dipendesse l’occupazione, il lavoro e il pane per i sardi. In che senso verrebbe danneggiato l’ambiente e il turismo, dai pali eolici piazzati a cinquanta o cento chilometri dal litorale, abbondantemente off-shore quindi, non si sa. Fossero strutture da impiantare sulla terra ferma, anch’io resterei dubbioso sull’opportunità o meno di rischiare una devastazione ambientale. Le pale eoliche sul monte Arci non sono servite a niente; solo a snaturare l’integrità del paesaggio montano. Stiamo morendo di disoccupazione e andiamo a protestare perché le pale eoliche ci deturpano la vista dell’orizzonte marino… Se le condizioni ambientali, geologiche e… tutto il cavolo che volete lo consentono, è illogico e autolesivo voler dire no a tutto in modo pregiudiziale, per principio preso (Qui nella vicina Svizzera questo tipo di gente la chiamano i "Neinsaeger", ossia quelli che dicono sempre NO). Però, un giorno sì e un giorno no i sardi protestano per l’alto costo dell’energia, che non consente uno sviluppo industriale, il quale non riesce ad assorbire la disoccupazione, la quale paralizza la Sardegna… eccetera, con tutta la filiera delle lamentazioni. Osserviamo bene che nei paesi nordici, in America, in India, in Cina, entità politiche ben più consistenti e rigidi tutori dei beni ambientali più della Sardegna (!), le pale eoliche sono una realtà da tempo, e fruttano abbondanti soldoni per l’economia nazionale. Ad Havsui, in Norvegia, sorgerà il più grande impianto eolico al mondo. Per gli USA il 2008 è stato un anno record, che ha visto un boom della nuova potenza installata, pari a oltre 8.300 MW, abbattendo il loro precedente record mondiale di 5.200 MW del 2007. In questo modo gli Stati Uniti hanno doppiato la Germania e sono diventati i leader mondiali del settore con una potenza eolica cumulata di oltre 25.000 MW. La Repubblica Federale Tedesca si ritrova così in seconda posizione con una potenza totale di 23.900 MW, avendo installato 1.665 MW nel 2008, in linea con l’anno precedente quando ne erano stati installati 1.667. La Spagna detiene la terza posizione mondiale con 16.700 MW di potenza cumulata e nel 2.008 ha installato 1.600 MW in diminuzione rispetto il 2007 dove se ne erano prodotti oltre 3.600. In Sicilia sta per partire il Progetto Archimede, che prevede la costruzione presso la centrale termoelettrica di Priolo Gargallo (SR) di una serie di 360 specchi, su una superficie di otto ettari, in grado di convogliare il calore del sole e consentire la produzione di vapore, il quale azionando delle turbine produrrà energia pulita pari a 40 MW. La Sardegna, l’«isola del vento» e del sole, si intestardisce a dire di no a qualsiasi iniziativa di energia alternativa. Perché qui in Sardegna siamo furbi… L’importante, secondo me, è saper contrattare: do ut des. Ossia portare a casa un controvalore contrattuale per bilanciare il servizio reso o la servitù imposta al territorio. Ci servono politici con i cosiddetti protoni che girano veramente, i quali dicano: Consentiamo quest’impianto se voi ci date… se voi ci contraccambiate con questi servizi, o capitali. Nella nostra isola, l’energia eolica non dovrebbe dare controindicazioni, di nessun genere. Evidentemente, in America, in Germania, in Spagna, in Norvegia, in Sicilia… sono meno furbi di noi sardi. Morale della favola: quando ci si presentano buone occasioni, studiamole in maniera innovativa e sappiamole sfruttare volgendole a nostro massimo vantaggio con buoni contratti economici. Anche perché può succedere che le "occasioni" ce le impongono e allora… i contratti li faranno gli altri sulle nostre teste.
Vitale Scanu
GUIDA ESPRESSO 2010: I RICONOSCIMENTI PER I RISTORANTI DELL’ISOLA
IL RE DELLA BUONA TAVOLA SARDA E’ AD ALGHERO
È piena di sorprese la guida dei ristoranti d’Italia dell’Espresso 2010. La prima riguarda il ristorante numero 1 in Sardegna: Andreini di Alghero con la votazione di 15,5. Ben cinque i locali con 15/20: Dal Corsaro, Da Nicolo, il Gallura di Olbia, Su Gologone e La Gritta. Sono una ventina i locali isolani che hanno avuto una votazione uguale o superiore a 14/20. Locali, dunque, dove si può mangiare molto bene con punte di eccellenza. Ma vediamo la situazione località per località. Alghero In testa, nella città catalana e in Sardegna, c’è Andreini, il locale condotto dai due fratelli rivelazione della ristorazione isolana: Cristiano (chef) e Gianluca (in sala). E non è una sorpresa: del talento di Cristiano, da anni, si sono accorti in tanti. La creatività unita alla capacità di esaltare la materia prima locale fanno di questo ristorante un solido punto di riferimento del mangiarbene in Sardegna. A portare Andreini sull’Olimpo sono le «invenzioni gustose e cromatiche come la crema di patate, ricci e asparagi o il carpaccio di ricciola, carciofi, olivette e burrata». A 14/20 troviamo Ai Tuguri dove troneggia da anni il vulcanico Benito Carbonella. A 12,5 ci sono la Pergola e il Tre Torri. A 12/20 (a nostro parere un po’ sacrificato) Il Pavone e la Trattoria Cavour. Arzachena Solo due locali segnalati: I Nuraghi di Baia Sardinia a 13,5/20 e lo storico Ristorante del Porto a 12,5. Bosa Domina a 13,5/20 Sa Pischedda mentre viene segnalato, a 12,5, Al Gambero Rosso, un interessante ristorante pizzeria. Cabras Unico locale segnalato è Sa Funtà con 13/20. Cagliari Il miglior locale della città è Dal Corsaro (15/20), grazie al talento del giovane chef Stefano Deidda, che riesce a proporre una «cucina creativa ma che non si allontana dalla tradizione». Segue a quota 14 il Lisboa dove regna il grande Roberto Petza. Luigi Pomata sui deve accontentare di 13,5 e il Flora a 13. A quota 12/20 seguono la trattoria Ammentos, Crackers. Spinnaker e T Restaurant. Carloforte Tre i locali segnalati: Nicolo (il migliore con 15), Dau Bobba (13,5) e Tonno di corsa (13). Castelsardo l’impeccabile Cormorano
(14,5). Vogliamo credere, poi, che quel misero 12/20 dato al ristorante Da Ugo sia un equivoco in cui è incorso l’ispettore della guida, visti i crescenti consensi dati al locale da una vasta clientela. Cuglieri Unica segnalazione per la sempre affidabile Meridiana (14) un locale in cui si può andare sul sicuro. Dorgali Meritato riconoscimento a Ispinigoli (14) una delle migliori oasi della buona cucina nell’i sola. Nuoro In guida due ristoranti con voto (Ciusa con 13,5 e Rifugio con 12) e una segnalazione per l’Hosteria Massimo. Olbia Tre i locali con voto: lo storico Gallura (15/20), La Palma (13/20) e l’Osteria del mare (12,5). Oliena Lunga vita a Su Gologone che ha meritato 15/20 e a Ck con 13. Oristano Il Faro (14) è il migliore in città. Seguono Giovanni a Torregrande (13,5), Craf (12,5) e Ale Bistrot (12). Orosei Classe e buona cucina fanno meritare a Su Barchile 13,5/20. Palau La Gritta conquista 15/20, segue Franco a 13,5 e Su Sirbone a 12. Porto Cervo Musica nuova in Costa Smeralda grazie all’esordiente e raffinatissimo Re Gian che merita 13.5, quanto Il Pescatore e Frati Rossi. Porto Rotondo Due locali a 14/20: Giovannino e lo Sporting Club. Portoscuso 14,5 alla Ghinghetta, uno dei migliori locali del Mediterraneo. San Pantaleo Brilla la stella di Giagoni e merita 14,5/20. Sant’Antioco Si chiama Achille-Hotel Moderno, voto 14,5: un buon motivo per andare in quest’isola. Sassari A 14 troviamo Giamaranto e Liberty. Siamaggiore Ecco da Renzo con 13,5/20. Tempio L’elegante Purgatorio è l’unico locale segnalato con 13,5/20.
LA STAGIONE DELLA LIRICA SASSARESE SI APRE CON IL "MAC BETH" DI GIUSEPPE VERDI
IL TRUCE DRAMMA DELLE PASSIONI UMANE
E’ un quadro a tinte fosche, dalle pennellate truci e spettrali ad aprire il sipario della 66° stagione lirica sassarese. L’ente concerti Marialisa De Carolis inaugura il cartellone 2009 con il "Macbeth", opera shakespeariana ripresa da Giuseppe Verdi che la musicò, con libretto di Francesco Maria Piave, prima nel 1847 per il Teatro della Pergola a Firenze e poi nel 1865 per l’Operà di Parigi. Il "Macbeth" (o Macbetto come amava chiamarla Giuseppe Verdi con un affetto intimo) è un’opera in quattro atti ( uno in meno rispetto a quella di Shakespeare cui Verdi si riferisce) nella quale si narra la vicenda di Macbeth, signore di Scozia che, in seguito alla predizione di tre streghe incontrate nella brughiera, di rientro da una battaglia, diviene protagonista, complice la moglie, di una sanguinosa serie di omicidi che agevoleranno la sua scalata al potere. Visioni e sensi di colpa ossessioneranno però i due coniugi trascinandoli in un’angosciante spirale sino al drammatico finale. L’opera di Shakespeare, considerata una delle più truci della sua produzione, intreccia le peggiori ambizioni alla più terribile delle follie rendendo fumosi i contorni della realtà che sfocia in allucinazione. Per questo, anche il "lieto" fine, con la morte di Macbeth, "l’usurpator", non appare è liberatore ma diviene matrice di un futuro ancora angosciante. Il "MacBeth" verdiano cadde però presto nell’oblio e fu rilanciato con grande successo di pubblico e critica al Teatro alla Scala il 7 dicembre 1952 con una prodigiosa Maria Callas nel complesso ruolo di Lady MacBeth. La difficile eredità passa a Sassari, a distanza di 25 anni dall’ultima rappresentazione, alla regia di Andrea De Rosa che porta in scena, nell’allestimento del Circuito Lirico Lombardo in coproduzione coi teatri di Trento e Pisa, nei ruoli di Macbeth e signora, il giovane baritono Luca Grassi e l’imponente soprano Paoletta Marrocu. La prima, che ha attirato lo scorso 7 ottobre il vasto pubblico delle grandi occasioni unito a una discreta schiera di giovani e nuovi appassionati della lirica, non ha però del tutto convinto il difficile pubblico sassarese. Paoletta Marrocu, già diretta nella parte di Lady Mac Beth da Riccardo Muti alla Scala di Milano, mostra una padronanza eccezionale della voce passando con facilità alle diverse tonalità che Verdi predispose per la crudele Lady Macbeth. Contestata dagli ipercritici per gli acuti e le incertezze nei vibrati, il soprano cagliaritano si distingue per la fortissima caratterizzazione psicologica di cui riesce a caricare il suo personaggio: è sensuale mentre abbraccia il marito e dal sorriso truce mentre lo invita a mantenere la calma e a rimanere fermo nell’intenzione di uccidere il re e sporcandosi poi, anch’essa, le mani di sangue. La freddezza si trasforma in debolezza, compianta da Paola Spissu nel ruolo minore della Dama, che la porterà al suicidio. Lo stesso discorso non vale invece per il baritono Luca Grassi che interpreta un Macbeth piatto dal punto di vista recitativo e tentennante nelle sfumature vocali. Piace il tenore Alessandro Liberatore che nel sicuro ruolo dell’eroe attira i convinti applausi del pubblico sassarese insieme all’orchestra della Corale Canepa diretta dall’ungherese Balàzs Kocsar e al coro diretto da Luca Sirigu e diversi punti di forza dal punto di vista scenico. Interessante la scenografia scarna sino all’essenziale che si snoda tra due veli di nebbia illuminati da tonalità fosche; i soffitti eccessivamente bassi che accentuano l’angoscia e le visioni di Macbeth, la smisurata presenza del fantoccio rappresentante il re che appare come sagoma sullo sfondo. Alla staticità della scenografia si contrappongono poi le moderne streghe di De Rosa: subdole bambine dall’inquietante sorriso e dalle vesti bianche e impalpabili. Scivolano affianco a Macbeth mentre dorme, lo invitano a prendere il pugnale con cui ucciderà il re e vanno via tenendosi per mano o con movenze a tratti morbide a tratti meccaniche che ne accentuano la natura sopranaturale. Ma il "Macbeth" è soprattutto il dramma della solitudine e dell’uomo vittima di se stesso: in una narrazione senza personaggi positivi è solo il coro, dipinto quasi come un’unica voce interiore, ad accompagnare e annunciare le vicende più forti ma al contempo, lascia soli nei loro ca
nti gli antagonisti della storia. La rappresentazione sassarese pecca però nell’eccessiva velocità in cui si svolgono alcune scene focali per lo sviluppo del dramma (pochi secondi per il momento dell’uccisione di Banco e ancor meno per l’attimo in cui la regina si suicida e Macbeth pronuncia la famosa frase che rappresenta il cardine dell’intera tragedia) e i troppi minuti in cui la storia viene invece dilata in maniera spropositata. Nel complesso il Macbeth di De Rosa non ha deluso il folto pubblico sassarese che fa ancora della sua stagione lirica un amore che va rinnovandosi di anno in anno. I prossimi appuntamenti vedranno protagonisti della scena del Teatro Verdi "La Cenerentola" di Rossini con la prima del 28 ottobre, "La Cecchina" di Goldoni il 14 novembre e per finire "Lucia di Lammermoor" di Cammarano.
Mariella Cortès
IN SARDEGNA PARTECIPA ALLE RIPRESE DEL FILM DI GIOVANNI COLUMBU
"SU RE", LA STORIA DI GESU’
E’ la storia di Gesù, trasposta in Sardegna sullo sfondo di antiche rovine e in un tempo indefinito, interpretata da attori che parlano nella lingua nativa, essenziale e ruvida. La sofferenza delle genti che accorrono alla parola di Gesù è cruda, la povertà è vera, le folle respirano l’ansia delle promesse e la speranza dell’impossibile. Un film che assume valore di testimonianza a favore della carità e della pace e che si realizza attraverso un grande concorso collettivo. Il film inizierà con i nomi di tutti coloro che vi prenderanno parte. Con la consulenza della Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna, col patrocinio della Regione Autonoma della Sardegna, produzione LUCHES – distribuzione SACHER FILM, regia di Giovanni Columbu. Vi domandiamo di partecipare all’avventura della realizzazione offrendo almeno per un giorno la vostra presenza sul set in qualità di comparse. Quello che segue è il calendario delle riprese.
ORTO DEGLI ULIVI Location: Parco di Santa Cristina – km115, SS-131 (Paulilatino)
Giovedì 5 novembre – Arresto di Gesù (versione di Matteo e Luca)
Venerdi 6 novembre – Arresto di Gesù (versione di Marco e Giovanni)
PRETORIO Location: Chiesa di S. Pantaleo, Martis (SS)
Lunedì 9 novembre: Gesù davanti a Pilato (versione di Giovanni)
Mercoledì 11 novembre: Gesù davanti a Pilato (versione di Giovanni)
Giovedì 12 novembre: Gesù davanti a Pilato (versione di Matteo, Marco e Luca)
Venerdì 13 novembre: I sacerdoti domandano di rafforzare il sepolcro.
Sabato 14 novembre: Fustigazione (quattro versioni)
INGRESSO MESSIANICO e VIA CRUCIS Location: Lollove (Nuoro)
Martedì 17 novembre: Ingresso Messianico
Mercoledì 18 novembre: Via Crucis
GOLGOTA Location: Supramonte di Oliena (località Corrasi, Monte Maccioni)
Sabato 21 novembre: Via Crucis (2° parte), Crocifissione (versione di Matteo)
Domenica 22 novembre: Crocifissione (versione di Marco)
Sabato 28 novembre: Crocifissione (versione di Giovanni)
Domenica 29 novembre: Crocifissione (versione di Luca)
Sabato 5 dicembre: Deposizione
Gli indumenti da portare sul set. Alle comparse e agli interpreti domandiamo di concorrere alla messa in scena con i propri indumenti dismessi, con abiti da lavoro o con i costumi più antichi, purché di uso quotidiano e logori, laceri e se possibile sporchi. Il tema del film, come nel Vangelo, è la povertà. Il tempo della trasposizione è quello indefinito di un mondo rurale che precede l’industrializzazione e la luce elettrica. Gli uomini potranno indossare mantelli neri di lana (gabbani o "saccos nieddos"), abiti vecchi o pelli. I bambini cuffie e camicioni e coperte; le donne ampi scialli, camicie e gonne lunghe come in tutti i paesi dell’Isola. Le calzature, scarpe o scarponi, dovranno essere vecchie e consumate.
Raccomandazioni delle costumiste Elisabetta Montaldo e Stefania Grilli. "Cari amici, le riprese del film andranno dai primi di novembre a metà dicembre e in alcune zone farà molto freddo e potrebbe anche piovere. Dunque chiedo cortesemente a tutti voi di coprirvi bene portandovi maglie di lana da mettere sotto gli abiti, calzettoni, cappelli e cappucci e tutto quello che puo’ esservi utile a non patire il freddo e a ripararvi dalla pioggia. Vi raccomando anch’io che gli abiti siano vecchi e soprattutto logori e sporchi." Come partecipare. La partecipazione è libera e gratuita. I partecipanti, previo accordo con la produzione, devono presentarsi puntuali il giorno delle riprese, all’orario stabilito. Dopo un passaggio al reparto costumi, prima di essere chiamati in scena dovranno sottoscrivere una liberatoria. Durante il grande e terribile "spettacolo" della crocifissione anche il momento del pasto, una colazione sul campo, sarà parte del film. Si invitano dunque le comparse a portarsi qualcosa da mangiare (pane carasau, formaggio, carne o pesci….non scatolette). Nelle scene del Golgota sarà possibile accendere dei piccoli fuochi per arrostire dei cibi con vecchie pentole o spiedi. I contatti con la produzione sono: via email al seguente indirizzo filmsure@gmail.com, telefonicamente ai numeri: Stefania Grilli (Costumi) 3472335406, Pietro Porcella (Produzione) 3356560789, Antonio Cauterucci (Produzione) 3402560651.
Pietro Porcella