di Oriana Putzolu
La scuola sarda è da ricostruire quasi dalle fondamenta. I risultati dei recenti test per l’accesso all’Università rappresentano la cartina di tornasole di una situazione limite. Risultati universitari che non devono sorprendere, in un certo senso anche prevedibili, dopo che l’Ocse-PISA, nel 2006, registrava per i quindicenni sardi nella comprensione della lettura il punteggio medio peggiore d’Italia dopo quello della Sicilia. Con uno scarto ancora maggiore rispetto alla media Ocse nelle conoscenze matematiche: il 45% degli studenti sardi era in condizioni di bocciatura scolastica. Il fatto che il maggior numero di abbandoni nell’Università si registri nei primi due anni è un altro segnale della difficoltà degli studenti sardi di colmare in poco tempo carenze strutturali di preparazione. Nell’anno accademico 2008-2009 i fuori corso sardi erano pari al 60% degli iscritti contro una media nazionale di 46,8%. I test universitari, per altro, sono il coronamento di un processo formativo di 13 anni che, evidentemente, è da riverificare in tutte le sue parti, soprattutto nei segmenti della scuola media inferiore e superiore. I numeri denunciano una situazione preoccupante:
– Nell’anno scolastico 2006-2007, il 22,1% degli alunni sardi delle scuole superiori non sono stati ammessi all’anno successivo: la più alta in Italia ( media nazionale pari al 14,2%). Addirittura del 27,3% la percentuale degli studenti sardi del primo anno non ammessi al secondo (segno inequivocabile della debolezza dei saperi portati dalla scuola media inferiore).
– Nel 2007 la percentuale dei giovani sardi (15-19 anni) in possesso del titolo di scuola media inferiore si è attestata al 96,5%, più bassa di tutte le altre regioni italiane (media nazionale 98,2%).
– La percentuale degli abbandoni al primo anno della scuola secondaria superiore – 11,5% nel 2006 – risulta tra le più alte della penisola.
– I giovani tra 18-24 anni con al più la licenza media, che nel 2007 in Sardegna hanno abbandonati gli studi e negli ultimi due anni non hanno partecipato ad alcuna attività di formazione/educazione, corrispondono al 21,8% di quella classe d’età (quinto posto in Italia dopo Campania, Sicilia, Puglia, Valle d’Aosta).
Fino a che il problema-scuola non verrà considerato dallo Stato e dalla Regione un’emergenza sociale, non potrà essere risolto. Come in occasione di calamità naturali si assegnano al Presidente della Giunta poteri e fondi straordinari, allo stesso modo deve farsi per l’emergenza-scuola. In particolare si deve consentire al Presidente della Regione – per un certo periodo di tempo – di derogare alle disposizioni statali in materia di organico del personale docente e non docente, costituzione di classi e loro composizione numerica, orario delle lezioni e articolazione del tempo scolastico. Nella bozza del Programma regionale di sviluppo 2010-2014 viene delineato "un migliore sistema educativo". Il sindacato vuole concorrere a delineare questo sistema e attende che la Giunta apra un tavolo specifico sulla materia. Come si è visto, i problemi della scuola e della formazione non possono attendere.