Sardegna, questa sconosciuta! Scritto dall'Oklahoma, negli Stati Uniti

di Gianfranco Cappai

 

Chiudete gli occhi per alcuni secondi e pensate all’America. A quella stessa America distante un oceano e che ci saluta, ci ha sempre salutato, attraverso la storia e l’attualità, solleticando spesso la nostra immaginazione. Fatto? Bene. Ora pensate a città come New York, Las Vegas et simili. L’associazione di idee sembra sortire il suo effetto, dato che nel 99% dei casi il pensiero che riguarda l’America (in questo caso, gli Stati Uniti) comprende città di quel calibro, spesso facendo scomparire tutto il resto. È probabile che la colpa di questa distorsione della realtà sia del caro vecchio tubo catodico che ha cambiato vestito, digitalizzandosi, ma non sostanza. E la sostanza che non cambia (in questo caso attraverso le immagini), porta inevitabilmente a una distorsione di quella che è, appunto, la realtà palpabile. In altre parole: c’è molto di più dietro l’angolo, se solo si avesse voglia di guardare.  Le miglia che separano la Sardegna dallo stato dell’Oklahoma sono 7643. Le ore di differenza con l’Italia sono circa 7. Ed è già appena arrivati, superati l’area metropolitana e l’aeroporto di Tulsa, seconda città più grande dello stato dopo la capitale Oklahoma City, che ci si accorge di essere in un mondo diverso. Questo posto somiglia alla campagna americana degli anni ’50. Dove il capanno degli attrezzi, i cortili poco curati e vecchie Chevrolet in disuso stanno vicino alle case di legno con le porte esterne schermate da zanzariere, attraverso le quali si può vedere spesso, in lontananza, l’alto deposito dell’acqua con le pale da mulino. L’odore di antico, di rurale, di "Old America" è dappertutto. In uno dei tanti piccoli locali, la mattina comincia con una tipica colazione americana che, seguendo la tradizione anglosassone, si presenta generalmente con uova, bacon, pancakes, sciroppi vari tra i quali l’immancabile e molto popolare sciroppo d’acero. Una volta dentro, mentre aspettiamo che ci venga assegnato un tavolo, la cameriera sorridente ci chiede come va e discorre con noi sulle bizzarrie del tempo (sta difatti nevicando mentre scrivo!), intanto che prende le ordinazioni. Rimango colpito, in senso buono, dalla gentilezza e dalla loquacità delle persone. Mi pare addirittura una cosa piuttosto eccezionale, alla quale quasi non sono abituato. Qua, invece, tutto questo sembra la norma. Non c’è locale, negozio, ufficio nel quale non si venga accolti calorosamente come se ci si conoscesse da anni. Il mio essere italiano dà adito a un po’ d’invidia, a esclamazioni e sguardi quasi estasiati, come se venissi da un affascinante pianeta lontano. Un pianeta che si può visitare solo con l’immaginazione, attraverso i romantici canali di Venezia, l’emozione di fronte alla bellezza del Giudizio Universale di Michelangelo e il rispetto verso un genio qual era Leonardo da Vinci. Il loro sogno però svanisce in un nanosecondo quando, scuotendoli e riportandoli indietro dal loro viaggio immaginario, dico di essere della Sardegna. Si…, insomma, sa… l’isola al centro del Mar Mediterraneo, la seconda isola più grande che appartiene all’Italia, sotto la Corsica… mi arrendo. Solo un medico libanese che ha visitato l’arcipelago della Maddalena sa di cosa parlo. Se solo sapessero cosa si perdono! Mi dicono che l’Oklahoma, da sempre stato democratico, è probabilmente uno dei pochi stati tra i quali la crisi economica non viene realmente percepita. E la gente, infatti, sembra  vivere senza quelle paure che respiriamo nell’aria in Italia. Forse è una questione d’incoscienza e ingenuità, o forse è una questione di ottimismo e cieca fiducia verso un Presidente (anche se del partito opposto) e una nazione che ha sempre saputo rialzarsi dopo le cadute. Da buono stile anglosassone, la burocrazia funziona che è una meraviglia. Anche troppo, visti i controlli e la quantità di domande che mi sono state rivolte dai cordialissimi e chiacchieroni agenti della frontiera all’aeroporto di Minneapolis, in Minnesota, al mio primo scalo. Almeno però non ci si può lamentare di ritardi o di sgarbatezze, perché qui, a differenza del nostro paese, si viene licenziati con estrema semplicità. E chi il posto lo ha, cerca gelosamente di conservarlo. L’unico difetto è che spesso i servizi clienti o informazioni via telefono sono gestiti da stranieri (sudamericani, indiani, vietnamiti e cinesi, per la maggior parte) ed è difficile comunicare con loro a causa della loro scarsa padronanza della lingua. Le persone sono molto indipendenti, più distaccate. La famiglia non ha lo stesso valore sacro che ha da noi, così come non ha lo stesso valore lo stare insieme per pranzo o per cena, tutti insieme intorno a un tavolo anche solo per chiacchierare sul come sia andata la giornata. Qualcuno potrebbe giudicarli come superficiali. Personalmente non potrei dire se questo è meglio o peggio, dato che è impossibile fare paragoni con la nostra cultura. È semplicemente e totalmente diverso. Una nota curiosa è quella dei cartelli al neon al di fuori delle chiesette delle varie confessioni e che riguardano i temi della settimana. Quasi come un avvertimento divino, uno dice: "Salvation is free, but it is not cheap!", la salvezza è gratis, ma non la si ottiene con poco! Infine, il tempo meteorologico. Un detto locale: "Se non ti piace il tempo in Oklahoma, aspetta cinque minuti". Niente di più vero. Alcuni giorni fa faceva davvero caldo. Un caldo umido insopportabile. Ho chiesto se faceva sempre così caldo da queste parti. Mi han risposto dicendomi che qua il tempo può cambiare d’improvviso. Vero. La sera stessa ha cominciato a soffiare un vento fortissimo (Kansas e Oklahoma sono infatti gli stati con la più alta probabilità di tornado!), la pioggia ha seguito il vento. La temperatura è scesa in poche ore e ha cominciato a nevicare per due giorni consecutivi. In uno dei tanti centri commerciali ho letto un cartello "Tornado: when you hear the siren proceed to the bathroom", Tornado: quando sentite la sirena avviatevi verso il bagno. Non ho ancora avuto il coraggio di chiedere se fosse uno scherzo.

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3 commenti

  1. Abbiamo gradito molto la segnalazione, da voi fatta con una ripresa, del pezzo di Gianfranco Cappai già pubblicato sul nostro sito, che attualmente si trova in Oklahoma, negli USA. Anche noi siamo molto interessati al lavoro che portate avanti sul vostro sito. I Sardi che si trovano all’estero, ma anche quelli che stanno ancora qui, si sentono meno soli.Auguri di buon lavoro.Carlo Patatu

  2. L’articolo di Gianfranco è piaciuto moltissimo anche a me. Molto bravo questo giovane chiaramontese al quale auguro un futuro bellissimo.

  3. Gianfranco Cappai (Stati Uniti)

    Carissimi, ammetto di aver provato una sorta di emozione, vedendo pubblicata la mia lettera in un sito che non fosse quello di mio zio Carlo Patatu. Forse e’ l’emozione della prima volta che provano tutti i giornalisti in erba o forse, semplicemente, e’ l’emozione di colui che vede il suo messaggio arrivare esattamente dove si voleva che arrivasse. Comunque sia, stamane aprire la mail e’ stato davvero un piacere. Vi faccio tanti auguri e vi abbraccio con affetto.

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