di Paolo Sanna
Mi piacerebbe si riflettesse sulla proposta avanzata dal ministro italiano Brunetta per quanto riguarda la pensione a 65 anni per le donne italiane. Capisco molto bene che i sindacati siano contrari per principio in quanto devono difendere posizioni acquisite da chi li mantiene in vita con le quote associative. Per una volta mi piacerebbe che pensassero anche ai figli dei loro iscritti e pertanto ragiono a voce alta per vedere cosa ne pensano i lettori del giornale. La prima considerazione riguarda il problema del congedo per maternità che, essendo attualmente un periodo molto limitato, è tra i primi fattori della crescita zero delle popolazioni occidentali. Johann Eekhoff, Direttore dell’Istituto di politica economica dell’università di Colonia ed ex segretario di stato nel ministero dell’Economia, nel 2006 ha pubblicato nel tabloid Bild Zeitung, una proposta provocatoria. «A chi non ha figli, le pensioni dovrebbero essere ridotte della metà. Anzi, dovrebbero essere escluse dal sistema pensionistico, che funziona solo se viene finanziato dalle generazioni successive». Secondo uno studio dell’istituto per la crescita demografica e lo sviluppo di Berlino, sino al 2050 crescerà il numero delle donne che deciderà di non procreare facendo franare la stabilità demografica che necessita di 2.1 figli per donna (1.36 nel periodo citato e già ben sotto la media). Le donne che restano a casa ad allevare figli rendono un servizio alle future generazioni. Quelle che decidono di dedicarsi esclusivamente alla carriera, godranno per contro di vantaggi resi possibili da chi ha deciso di diventare genitore. Con il sistema attuale appare evidente che le donne con figli sono economicamente svantaggiate rispetto a quelle senza e per forza di cose si deve pensare ad un livellatore sociale che tenga conto di questa disparità. Per evitare di apparire integralista come lo studioso citato e riprendere il filo con la proposta del ministro italiano, mi appare evidente che come al solito la soluzione ai problemi – come la verità – sta immancabilmente nel centro. I figli delle donne occidentali sono allevati ormai da decenni dalle nonne che hanno sostituito le mamme nell’allevarne la prole – oltretutto con i problemi collegati alla sana educazione dei nostri fanciulli che crescono senza il sano rigore educativo. Sulla base di questa semplice constatazione, aspetterei a gridare allo scandalo per un innalzamento dell’età pensionabile a 65 anni concedendo però come contropartita la possibilità alle donne – che desiderano procreare – di allevare la loro prole come natura comanda e per un periodo sufficiente allo svezzamento dei loro figli. Se invece si vuole continuamente gridare allo scandalo al solo pensiero di perdere privilegi ormai fuori di logica, lasciamo pure che politici opportunisti continuino a raccontarci verità che ci fanno comodo perché la realtà non è quella che vorremmo. Personalmente rimpiango idilliaci quadretti familiari di mammine a spasso o indaffarate per negozi con i loro bambini molto meno viziati. Per contro, mi infonde un leggero senso di tristezza il via vai di nonne sempre meno pazienti – del resto non hanno più l’età tantomeno l’autorità – con nipotini troppo esuberanti e impuniti per quello strano gioco del destino che le rende permissive oltre ogni logica. Sono convinto che se le nonne facessero … le nonne, non sarebbero la fine del mondo uno, due, tre anni di attesa della pensione. Dirò di più! La fatica di qualche anno supplementare nel mondo del lavoro è sicuramente minore del dover correre dietro intrattabili schizzi di energia che se ne fregano dei pistolotti che hanno la sola conseguenza in un tardivo rimprovero quando e se verranno ricordati a fine giornata.