Eliano Cau
di FRANCESCO CASULA
In Ojos de amore, Silloge poetica bilingue (NOR Edizioni), Eliano Cau conferma la sua cifra, poetica e lirica: del resto ampiamente certificata, oramai da anni, dai suoi successi negli svariati Premi letterari cui partecipa.
Certo frutto della sua personale valentia letterario-poetica ma anche di letture plurime e di una frequentazione copiosa e stabile della poesia, (ad iniziare da quella sarda) nonché di un lungo tirocinio tecnico-stilistico e di esercitazione scrittoria in cui, da anni, sottopone le sue composizioni a un processo certosino di labor limae, di affinamento e di alleggerimento e, per così dire, a un duro sforzo ascensionale: ad iniziare dalla forma, sempre sorvegliata e accurata. Per poter viepiù “governare” la parola e, dunque la lingua: intesa non come flatus vocis, mero orpello o decorazione, musica o immagine ridondante, semplice prodotto estetico o luccicore sontuoso.
Le parole, per Eliano, sono infatti conchiglie: anche quando sembrano vuote, dentro ci puoi sentire il mare: anzi, l’oceano. E con le parole fanno ressa nel circuito compositivo silenzi e pause, cromatismi, ossimori e sinestesie, contrazioni sintattiche, brachilogie, cariche di pathos suoni ritmi, onomatopee e assonanze.
Tanto che Eliano Cau i versi sembra carezzarli e coccolare, tessendoli così abilmente, che spesso essi si risolvono nel terso nitore della parola, nel giro musicale della frase, nella misura metrica di ritmi sapientemente scanditi e guidati da un orecchio musicale che riesce a ordire, con acuta selezione di lessemi aggettivi e fonemi, fini ricami di immagini potenti e di metafore ardite.
Grazie alla lingua sarda, che è soprattutto senso, suoni, musica. Lingua di vocali. Dunque corporale e fisica e insieme aerea, leggera e impalpabile. E le vocali sono per il poeta l’anima della lingua, sono il nesso fra la lingua e il canto; fra la poesia, i numeri della musica, il ritmo e il ballo.
Per cantare, la storia dell’anima e con essa, brandelli di umanità dolente, di Anime tristi: ad iniziare dai cristi neri, reietti fratelli, nostri fratelli, del cielo della luna, cui augura che venga domani/un raggio di sole,/la lucerna della fortuna.
Per cantare la Sardegna infelice, stretta nel mare cupo che il poeta, se potesse, in un impeto eroico e generoso, con un solo sguardo, trasformerebbe, l’ossario in calore e in gioia.
I territori più amati da Eliano, senza però alcuna concessione all’autocommiserazione lamentosa e al sentimentalismo languido e svenevole, sono i lidi dolceamari dell’amore e degli affetti: con lacerti di lirismo struggente: (A te; A te, gioia d’oro; Cuore; Figlia; Sempre a te; Voi due).
E con essi canta le sofferenze, i tormenti e le ferite profonde incise nella valle del cuore,della sua anima addolorata. Ma anche nella notte e nella solitudine più cupa sotto nere ali di tormento brillerà una stella, il profumo dei fiori e l’azzurro del cielo. Con una luce che sa di tenerezza e di vita, acchetata in cerca di lidi più tranquilli e meno tempestosi.
Non si addice infatti il pianto dirotto e tanto meno la disperazione totale a chi comunque crede nei valori della vita pur faticosa e senza illusioni e non dismette la speranza in un diverso avvenire, che possa avere un senso per farci sorridere, che possa travalicare lo scempio globale: egli, infatti, non rifiuta l’esistenza né si attarda a rimpiangere le occasioni mancate né si consuma a ringhiottire il pianto. E il passato non lo vede solo come gravame né il futuro come semplice negatività spettrale. Perché nutre la speranza di poter mutare in felicità il destino. E dunque, tornerà il sole.
Ci troviamo di fronte a una poesia autobiografica? A mio parere un componimento letterario deve basarsi sul vissuto storico, (personale e collettivo). Senza ignorare – sia ben inteso – la fictio presente in ogni discorso letterario. Voglio dire che un componimento letterario pur non staccato dall’attrito della storia e pur nutrendosi di dati personali, pur intridendosi delle esperienze di vita dell’Autore e dunque esprimendo la storia dell’anima, non deve però limitarsi a rappresentarle e per così dire a filmarle, le esperienze: ma deve velarle e fasciarle. Travestendole allegoricamente e assegnando loro i segni di una condizione umana più universale, trasformando sentimenti ed emozioni in una occasione di Epifania rispetto alla pura realtà, scarnificando e ottundendo la condizione storica precisa ed evaporando la dimensione temporale e spaziale.
Ed è comunque difficile districare la poesia e l’utopia dalla vita, le illuminazioni del cuore (e dell’intelletto) ma anche le sue nebbie e i suoi fantasmi dal vissuto. Ancor più difficile nel caso di Eliano Cau: cervello fertile, camminatore poetico incantato, attivo tenace e inesausto, i cui sentimenti diventano grumo e strati esistenziali profondi.
Così le sue poesie, incanti onirici di fantasticherie e insieme respiri e voci dell’anima, che amalgamano emozioni passioni e drammi coscienziali e planetari, sciolgono il buio e riempiono il silenzio: ponendosi come lampi che riescono a forare l’oscurità. Con il suo fascino tumultuoso, i suoi timbri e le sue sonorità, le sue vibrazioni e le sue sospensioni, la sua leggerezza e la sua umanità.
Eliano è un ottimo scrittore e poeta
Il mio scrittore
Finalmente