IS GIOGUS ANTIGUS: LA PASSIONE INFINITA DI BRUNO DIANA

Bruno Diana

. L’ultima “creatura” tziu Brunu Diana l’ha voluta presentare ai suoi amici de sa panchina. Una panchina particolare poiché posizionata sul marciapiede che delimita un incrocio di strade, via Sardegna e via San Gavino, molto trafficate, che rappresenta un punto sicuro dove scambiare quattro chiacchiere.

È il ritrovo di alcuni anziani, la maggior parte ultraottantenni che, per consuetudine, quasi ogni giorno, si ritrovano per commentare i fatti e gli avvenimenti della comunità, ma anche di politica e gossip. Tziu Brunu, nato a Gonnosfanadiga nel 1937, ma residente da molto tempo a Pabillonis, in questo gruppo è il decano e partecipa attivamente alle discussioni. L’ultima novità è stata la presentazione, di uno dei tanti gioghittus, come chiama le sue invenzioni: una trombitta di canna, in questo caso, con cassa di risonanza ottenuta da una zucca vuota. Uno strumento a fiato, simile a quelli della tradizione sarda, ma che Tziu Brunu ha trasformato e modificato grazie alla sua fantasia e abilità. «Questo è uno dai tanti che realizzo e a casa ne ho molti», ci tiene a precisare l’anziano. In effetti, l’affermazione corrisponde al vero. Nella sua casa infatti, Tziu Brunu presenta una raccolta di innumerevoli oggetti da lui costruiti: giogus antigus, strumenti musicali della tradizione sarda e, altri modificati grazie alla sua fervida fantasia, genialità e passione. «Una passione iniziata quando sono andato in pensione nel 1993, dopo una vita di lavoro», precisa, l’anziano artigiano. L’esistenza di Tziu Brunu è stata caratterizzata, infatti, da tanti avvenimenti che racconta con precisione e un’ottima memoria.

Tra i ricordi dell’infanzia, uno è rimasto indimenticabile e che ancora oggi lo rattrista: «È successo il pomeriggio del 17 febbraio 1943, quando gli aerei americani bombardarono Gonnosfanadiga, il mio paese di nascita; avevo cinque anni e mi trovavo all’asilo, quando si sentì un tremendo boato e il caseggiato che tremava tutto, suor Teresa ci portò nella cappella e io mi strinsi alle sue gambe terrorizzato dalla paura, in seguito mi affacciai a una finestra e vidi tante persone con lenzuola bianche che coprivano corpi insanguinati; poi arrivarono i nostri genitori e si tranquillizzarono quando videro che eravamo tutti salvi, purtroppo seppi dopo, che cinque nostri compagni, rimasti a casa, furono uccisi dalle bombe», racconta con commozione.

Tziu Brunu è sempre stato attivo e con le idee chiare, fin da piccolo: «Ho frequentato la scuola elementare fino alla quinta, e all’età di 12 anni sono andato a lavorare presso due imprenditori del paese che possedevano un frantoio di olive e un mulino. Io facevo di tutto: nella stagione delle olive le portavo al frantoio, le sistemavo per la spremitura in una macina di granito e mi occupavo di tutto il procedimento. Nel periodo della mietitura invece, portavo il grano nel mulino per la produzione della farina: ero occupato tutto l’anno, insomma, ed ero stimato dai “padroni”. Il licenziamento avvenne per una battuta spiritosa nei confronti del mugnaio, che tziu Brunu racconta, divertito: “ poita as  trigau? Mi rimproverò il padrone, e io facendo lo spiritoso risposi: perché sono andato a prendere “su trigu”, purtroppo il gioco di parole trigau e trigu non fece sorridere il padrone che, anzi, lo licenziò in tronco! Il giovane Bruno, però, non si scoraggiò e trovò lavoro, a Pabillonis in una azienda agricola vicino a Su Ponti de sa Taba, che apparteneva a un suo compaesano di Gonnos.

In seguito fu chiamato però, per il servizio militare: «Partii per il C.A.R, a Fossano, il 3 marzo del 1959, fui inquadrato nel 59° Reggimento Fanteria 2^ Compagnia e poi fui trasferito in Friuli», racconta Bruno Diana. Questo periodo fu caratterizzato anche da un indimenticabile avvenimento, che racconta con orgoglio: «mentre mi trovavo in Friuli ebbi una piccola parte nel film La grande Guerra, diretto da Mario Monicelli, con Alberto Sordi e Vittorio Gassman, Silvana Mangano, Tiberio Murgia, dove io facevo il crocerossino e portavo in barella, Tiberio Mitri, ferito”. Dopo il servizio militare, nel 1962, si sposò con Dina Murgia, da cui ha avuto cinque figli, e andò a vivere nella cantoniera della linea ferroviaria dove la moglie, con i genitori era casellante: il loro compito era aprire e chiudere il passaggio a livello.

«Qui, nel 1964, iniziò anche il mio lavoro in ferrovia: prima da supplente, poiché sostituì mia moglie in maternità, poi piano piano, fui assunto come dipendente di ruolo, fino alla pensione, nel 1993». È in questo periodo che arriva la passione per i gioghitus. «Ero annoiato e non sapevo cosa fare, un giorno provai a costruire su fusu de nuxi come viene chiamato, da noi, nel medio Campidano e ciarra-ciarra, urrianughe, o furriottu, in altre parti della Sardegna».

Fu lo spunto per realizzare tanti gioghitus: «mi ricordai dei giogus della mia infanzia e così piano piano incominciai a costruirli, all’inizio non erano perfetti, ma piano piano diventai esperto e divenne il mio passatempo”, racconta nonno Bruno. Fusilis e pistolas de canna, di ogni tipo, con modifiche di caricamento e “sparo”, stroccia-rana di varie dimensioni, e soprattutto strumenti sonori: dai semplici suittus, a quelli più complessi e anche trombittas sovrapposte, che insieme al suono, contemporaneamente, fanno girare anche delle girandole applicate sulla canna. Ma non solo, anche molte creazioni, simili alle benas cun crocoriga della tradizione sarda, fanno parte della sua produzione. «Is crocorigas me le ha procurate un amico del paese: una volta essicate, le svuoto dai semi poi faccio i buchi con un ferro rovente e le applico alla canna», spiega l’anziano. L’esecuzione e i materiali utilizzati dall’artigiano sono semplici e naturali: “utilizzo le canne ben stagionate che preparo con cura, spago di iuta, colla e pellicola trasparente utilizzata in cucina, come membrana per gli strumenti musicali.

La passione di tziu Brunu si è ormai diffusa e i gioghitus sono presenti, oltre che nelle case dei nipoti e amici, e anche esposti in occasione di manifestazioni culturali. “Le ho fatte conoscere anche nella scuola Primaria di Gonnosfanadiga, dove frequentano i miei nipoti:le maestre hanno voluto che presentassi is gioghus ai bambini, che sono stati molto entusiasti, come si rileva anche dal biglietto di ringraziamento, che mi hanno dato:“ Grazie sig. Bruno per aver condiviso i suoi preziosi giochi e aver giocato con noi. Le maestre e gli alunni delle classi 4^B e C”.

Nella casa di via Su Rieddu, dove tziu Brunu abita con la famiglia, le sue creazioni diventano, ormai, sempre più numerose anche perché la sua produzione è sempre attiva, ed esprime un desiderio: «Vorrei donarle al comune per esporle in una mostra permanente e farle conoscere alla comunità».

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