LA STORIA DI GIULIANA FARRIS A SADALI: UNA DONNA CHE CONTINUA A COLTIVARE IL SUO ORTO CON I METODI TRAMANDATI DI GENERAZIONE IN GENERAZIONE

Sadali nella foto di Doriano Boi

Ci sono antichi mestieri, più di altri, depositari dell’antico sapere dove la mano dell’uomo è riuscita a creare, partendo da materie prime essenziali, semplici, immediate, un filo della lunghezza infinita che ha connesso la manualità del passato con il presente, proiettandola verso il futuro. Una manualità in grado di unire e dare luce a un passato-guida, attraverso i meandri del Sapere…con la speranza di trasmettere dei valori e conoscenze, affinché non si perdano nel limbo del Tempo che passa. Fin dall’antichità la manualità ha rivestito un ruolo fondamentale nel progresso dell’umanità, e con l’avanzare delle arti ha arricchito di dettagli ogni manufatto. Lavorare la terra è un’arte che rientra tra i più antichi e nobili mestieri del mondo. Un antico mestiere dove la fatica, le intemperie del tempo, la condiscendenza, il sacrificio e l’esperienza, hanno segnato, attraverso i solchi della terra, il paesaggio delle nostre campagne, dando vita a ciò che arriva direttamente sulle nostre tavole e a quella realtà legata al cibo valorizzando i territori e le nostre culture. E’ nel paese di Sadali, noto per essere il Paese dell’Acqua, che si può incontrare quella lentezza che anticamente scandiva il tempo degli uomini e donne che lavoravano la terra, quel modo di vivere il proprio lavoro nelle sue infinite potenzialità con consapevolezza e impegno. Il tutto è accompagnato dal ritmo fluido che scorre nei fiumi e nelle cascate che caratterizzano questo luogo incontaminato. E’ infatti l’Acqua ad essere la vera protagonista. Il suo significato profondo serpeggia tra i meandri del Tempo, portando con sé antica conoscenza e memoria. L’Acqua è prima di tutto vita e prosperità, rigenerazione e creazione. Gli abitanti di questo paese, ben conoscono la forza e la vitalità delle cascate che padroneggiano a Sadali e quella stessa forza la riversano fluida nella creatività del loro lavoro quotidiano.

E’ nello scenario fantastico di questo paese, con le sue tradizioni e le sue credenze profonde, che ho avuto l’onore di conoscere una donna meravigliosa: Giuliana Farris.

Una donna che con la sua perseveranza, sacrificio e consapevolezza, continua a valorizzare, in modo tradizionale, un antico sapere come quello della lavorazione degli orti. Un sapere fondamentale per rivedere il Presente nel nome del Futuro e creare così dei punti di contatto, delle ramificazioni che uniscano ed avvicinino nuove sorgenti, nuovi fiumi e nuove cascate con cui alimentare l’avvenire di tutti noi. Giuliana Farris nasce a Sadali da una famiglia di persone semplici e di grandi lavoratori. E’ cresciuta con i giusti valori della vita, che i genitori: Farris Cesare e Boi Giuseppina le hanno insegnato. Fin da quando era bambina si è dedicata alla lavorazione tradizionale della terra per impiantare gli orti. Racconta che è all’età di soli dieci anni che le fu consegnata la prima zappa (sa marra) per zappare la terra.

La terra migliore per la coltivazione degli orti terrazzati di Sadali, che occupano una superficie di circa 400 ettari con la presenza di 22 km di canalette per l’acqua, è quella calcare dei Tacchi (terra tacchina), come anche quella grigia che contiene scisto (terra ziporra) e quella argillosa del Flumendosa (terra forrangia). Nei terreni non vengono utilizzati concimi chimici, diserbanti o altri veleni, ma soltanto fertilizzanti e concimi naturali, come il letame bovino, suino, la pollina e quello equino, che è il più pregiato e fertilizzante in assoluto, ma anche rimedi antichi come la cenere e qualche seme di cece per allontanare le larve di maggiolino (su pintu) dalle patate e dai pomodori. Il letame viene sparso sul terreno durante il periodo di riposo vegetativo, quando le piantine sono inattive e non assimilano sostanze nutritive. In quasi tutti i giardini delle abitazioni del Paese dell’Acqua, sono presenti dei piccoli orti denominati “Fittas de Lardu”, ma è nella parte antica del paese che si possono ammirare i terrazzamenti realizzati dalle esperte mani dell’uomo, destinati alla coltivazione degli orti. Sa Funtana Manna, Sa Funtana de Gutturu ‘e Canali e Sa Ucca Manna, rappresentano le sorgenti principali che alimentano le gore (is coras), così come le sorgenti, anche i fiumi sono fonte di approvvigionamento per l’irrigazione degli orti. La parte iniziale della canaletta delle sorgenti e dei fiumi viene denominata “Su Nassargiu”. Per l’innaffiatura, fin dal passato, sussisteva un ordine di beneficiari chiamato “S’addiamentu”, un antico sistema di turnazione nella distribuzione dell’acqua destinata alle colture degli orti. Secondo alcuni usi e costumi che tendevano a cambiare da un posto all’altro, generalmente veniva riportato che il diritto di uso irriguo sugli orti a valle della fonte o del fiume o comunque della sorgente, veniva esercitato in modo diverso da una zona all’altra probabilmente anche in relazione alla potenza della fonte d’acqua stessa. Si concedeva un lasso di tempo che poteva andare da mezz’ora ad un’ora o più e doveva essere esercitato nelle ore assegnate ad ognuno per irrigare il proprio orto, per cui ad esempio se la famiglia Farris aveva diritto all’utilizzo dell’acqua dalle 02 alle 03 del mattino di un determinato giorno della settimana, convogliava l’acqua al proprio orto a quell’ora stabilita e nessun’altra persona alla stessa ora si sarebbe recata per annaffiare l’orto perché era l’ora della famiglia Farris. In alcune zone della Sardegna, si suddividevano i giorni e le notti in cui, in base al diritto all’utilizzo di quell’acqua, una persona poteva andare ad annaffiare il proprio orto ( di fatto si diceva per esempio: -”non posso fare un’altra attività perché stanotte dalle 03 alle 06 del mattino mi tocca l’acqua”-. Per ovviare all’obbligo di andare sempre alla stessa ora, spesso a monte dell’orto, se si aveva la possibilità si creava un accumulo che si chiamava “su laccu ”,“sa bartza” o “sa otha”, alla quale, nelle ore stabilite veniva convogliata l’acqua che permetteva di poterla riempire e poi innaffiare, anche in ore diverse da quelle in cui si aveva il diritto dell’acqua dalla fonte principale.

Questo sistema di turnazione, in base alla superficie di ciascun orto, aveva la durata di un’intera giornata, e ogni beneficiario aveva il compito di rispettare il proprio turno di innaffiatura. In passato, per evitare che potessero nascere delle controversie tra i vari proprietari, era presente a controllo di tutto, una guardia comunale “sa guardiedda de su municipiu”, e tutti coloro che non rispettavano la turnazione erano suscettibili di ammenda. L’acqua che defluisce nelle gore per l’innaffiatura degli orti, è importante che giunga lentamente, questo per evitare lo scoronamento dei solchi (Scoronai), ecco perchè in molte gore sono presenti stracci ( in passato erba) per rallentare il passaggio dell’acqua e farla defluire più dolcemente verso i solchi degli orti. I solchi che vengono realizzati nell’orto, devono avere la giusta pendenza, né troppo in declivio, ma neanche troppo pianeggianti (surcu sezziu), perchè nel primo caso l’acqua defluisce troppo velocemente e nel secondo tende ad allagare, con il rischio di far marcire le colture. Per evitare questo, si realizzano all’interno di uno stesso solco, dei piccoli sbarramenti di terra (su scurzoni) con una ridotta uscita che lasciano defluire l’acqua dolcemente, permettendo la giusta innaffiatura.

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2 commenti

  1. Meravigliosa

  2. Luigi La Manna

    Grazie signori, buona serata

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