“IL SILENZIO DI UN AMORE”, L’ULTIMA OPERA LETTERARIA DELLA NOSTRA LUCIA BECCHERE: QUANDO IL NOBILE SENTIMENTO CI RENDE MIGLIORI

di ROSALBA SATTA CERIALE

Se l’umanità fosse consapevole della bellezza, della forza dirompente dell’amore, e del benessere che l’amore trasmette in tutti coloro che vivono questo sentimento… il mondo non conoscerebbe muri, steccati e confini.

L’amore ci rende inevitabilmente migliori.

Ci rende persone perbene, in grado di scorgere la sofferenza – quando c’è – e di leggere gli sguardi capaci di trasmettere, senza mentire, sentimenti che non sempre – per fragilità emotiva – trovano le parole giuste per dire, per raccontare.

Gli sguardi…

E Livia – la protagonista dell’ultimo libro di Lucia Becchere “Il silenzio di un amore” – si innamora, da adolescente, di Sandro dopo fugaci, casuali e timidi incontri fatti, più che altro, di sguardi e di rare lettere d’amore.

E’ per lei un fermo-immagine ricco di tanto, che la sorprende e la riempie di un calore nuovo e di nuovi colori.

E questa esplosione interna, profonda e visceralmente sentita, l’accompagnerà per la vita, nonostante tutto si fermi a quei primi casuali incontri, agli iniziali sguardi, alle poche parole di lui fatte di “come stai?” o “questo è per te” nel donare una spilla d’oro con inciso il suo nome.

Se la potenza dell’amore sta non tanto e non solo nell’amare e nel sentirsi amati quanto nell’amare e basta… allora Livia non può che sentirsi appagata perché è grazie a quegli sguardi che scopre le mille sfumature di un sentimento nuovo, capace di regalarle una visione di se stessa più ampia, certamente sofferta – a causa di un freddo abbandono – ma significativa e coinvolgente.

E Livia coltiverà e proteggerà questo amore così come il Piccolo Principe – è l’autrice a precisarlo in un’intervista – coltiva la sua rosa.

E lo terrà in custodia nelle stanze più recondite e più sicure della sua anima, anche perché – come scrive l’autrice – “l’amore è voler bene a prescindere, perché è un sentimento che nobilita chi lo possiede”; e questo lo afferma nonostante più avanti senta il bisogno di sottolineare il fatto che “l’amore non contempla l’io ma solo il noi”.

Livia non si innamorerà di nessun altro… neanche di Marco, “bello, colto e sensibile”, che sarebbe potuto essere per lei “riparo da tutto e da tutti”.

Ma vivrà. Vivrà intensamente la sua vita. Raggiungerà obiettivi importanti e si realizzerà come donna, come insegnante e come cittadina.

Ma, nonostante il trascorrere del tempo e nonostante i prestigiosi obiettivi raggiunti, ormai in pensione, Livia continuerà a domandarsi, nel proteggere e alimentare in modo masochistico quell’amore adolescenziale, il perché di quell’abbandono. E quel perché sarà – come precisa Dolores Turchi nell’introduzione – come un tarlo che la divora.

Basterà un incontro chiarificatore con Sandro, diventato ormai nonno, per acquietare la sua anima in perenne affanno? Che cosa ha in serbo per lei il destino?

E’ quanto il lettore scoprirà nel leggere il libro.

Mi piace concludere con alcune significative parole di Hermann Hesse che ben riassumono l’idea che la protagonista del libro ha dell’amore.

Così scrive: “Felice è chi sa amare. L’amore non vuole possedere nulla, vuole soltanto amare”.