di PATRIZIA BOI
In un’isola dell’oceano esisteva un giardino, elegante abitazione di deliziose Magnolie stellate. I loro abiti verdeggianti con i rami rivolti al Sole, erano colmi di generosi germogli, che effondevano i loro effluvi grazie a brezze leggere.
Tra le magnolie più belle c’era Weleda, regale e leggiadra, la più antica della specie: il suo fusto vestito di verde brillante spiccava per la compostezza delle foglie e per la tenerezza dei germogli. Quello che la rendeva unica e rara, però, era la magnificenza della sua fioritura, quegli enormi fiori purpurei che sbocciavano esprimendo passione selvaggia e sprigionando un profumo irresistibile.
Per questo era considerata la regina delle piante in fiore, una femmina affascinante da accarezzare su ogni petalo, anche quando i fiori si aprivano e cadevano al suolo vestendo la terra di un manto purpureo. Il suo abito spoglio di quei colori la poteva far sembrare una pianta comune, ma un occhio attento ne avrebbe senza dubbio compreso il temperamento. Era sensuale anche l’aspetto delle sue foglie, il loro espandersi verso l’alto, sdoppiandosi al calore del sole per dare altri rami, germogli e fiori. Weleda era un concentrato di sensualità, sensibilità e purezza, sapeva cogliere le vibrazioni del Cosmo ed estendersi verso il mistero dell’estasi. I suoi fiori ben rappresentavano l’intensità del suo slancio, essi erano vitali anche quando si staccavano per viaggiare lontano e svelare agli uomini i loro misteri e talenti, come se fossero legati da un filo invisibile.
Noi siam fiori attenti
sveliamo i tuoi talenti
tessiamo a voi destini
come saggi indovini.
Se una musica ci chiama
tutto il fiore e la sua brama
su nel cielo piano sale
a danzare sopra il mare.
Un bel giorno due fiori si staccarono dai rami di Weleda e cominciarono a danzare. Sentivano la musica di una terra lontana che prometteva interessanti misteri. Legati da questa irresistibile voglia di viaggio ballarono per giorni e notti volando sopra il mare blu. Inseguendo una farfalla azzurra giunsero nella valle dell’edera dove conobbero lo Spirito dei ciclamini, nudo come spesso appare l’essenza delle cose per rivelare l’enigma racchiuso nel suo fiore, l’espressione dell’amore più puro, quello gratuito e senza pretese.
I fiori respirarono quel profumo intenso e poi volarono sopra le nubi andando verso mille primavere, spinti dal vento e dalle brezze. Nelle notti senza luna, un gufo brillante li guidava nel buio con la luce dei suoi occhi. La mattina invece era un uccello azzurro a indirizzare la loro danza verso una terra fertile e ricca di fauna.
Guarda come gli animali
sono autentici e geniali
che sian scimmie o giraffine
elefanti o panterine.
Sono piccoli o giganti
le pellicce ben pesanti
tigri puma e poi leonesse
della giungla principesse.
Tra i macachi un bel pitone
s’attorciglia sul troncone
un’iguana canterina
canta tutta la mattina.
Mentre il coccodrillo sbava
l’ippopotamo si lava
con la sua andatura lenta
e il serpente s’addormenta.
Aspettando il gran risveglio
il leone è bello sveglio
tra una pianta e una liana
corre e sogna la savana.
Mentre i fiori svolazzavano nella luce scintillante osservando gli animali della savana, passava da quelle parti il principe Lug, un uomo alto, diritto sulle gambe forti, con un volto candido e amabile e una folta capigliatura bionda dai riflessi rossi. Notò subito quei fiori e fu abbagliato dallo sfavillio dei loro colori, dalla passione che sprigionavano, dalla gentilezza, dalla curiosità del loro aspetto, dalla genuinità del loro immenso sorriso. Si fermò per raccoglierli e, con le sue mani garbate, cercò di comprenderne l’energia pura e di prendersi cura di loro. Lug li condusse attraverso valli incantate, percorsero colline dolci e versanti impervi, strade tortuose e corsi d’acqua impetuosi, fino a raggiungere il magico paese degli Esseri Elementali, un mondo dove ognuno di questi spiriti stava a guardia di una “porta”.
Il Principe accomodò i due fiori sopra il mantello e s’incamminò verso la direzione del Nord raggiungendo la Porta della Terra dove lo attendevano un centinaio di piccoli e tozzi gnometti. Uno di loro s’avvicinò amabilmente e gli disse:
Preserviamo noi l’ambiente
la ricchezza originaria
stiamo bene nel presente
volteggiando un poco in aria.
Siamo bassi di statura
occhi lucidi e gentili
una piccola ossatura
per scavar tra i vostri fili.
Lo gnomo poi sorrise burlone, fece un salto, s’avvicinò e gli sussurrò le storie del bosco, delle foreste di querce, delle meravigliose Driadi dagli abiti di foglie e delle fanciulle custodi dell’albero stesso.
Quando Lug fu soddisfatto di quanto aveva visto e udito, volle entrare in una grotta e dormire per una settimana intera. Uscì che era abbagliato dalla luce del sole, gli era cresciuta una lunga barba che rifletteva lo stesso colore dei fiori addormentati anche loro per tutto quel tempo. Alla luce i fiori ripresero il loro aspetto risplendente e si stiracchiarono allungandosi verso l’alto pronti a riprendere il cammino.
Stavolta Lug prese la direzione dell’Ovest e s’incamminò lungo un sentiero che saliva inerpicandosi su un dirupo senza fondo. Un suono assordante gli attraversava le orecchie man mano che s’arrampicava e il passaggio si faceva sempre più stretto finché non scomparve improvvisamente per lasciare il posto a una cascata. Quella era la Porta dell’Acqua, dove s’imbatté nelle deliziose Nereidi Azzurre, splendide ragazze dai capelli ricci e vaporosi e gli occhi chiari che vivono in torrenti, fiumi, laghi, cascate e oceani. Alcune di loro si libravano felici e rapide sopra gli schizzi dell’acqua, altre restavano celate nella calma e fresca profondità degli specchi d’acqua sotto la cascata. Erano vestite solo delle loro lunghe chiome fluttuanti e cantavano così:
Siamo vive esuberanti
noi molteplici e cangianti
se viviamo nei torrenti
o nei fiumi sorridenti.
Vieni qui ti liberiamo
dai dolori e dalle pene
abbandonati al richiamo
noi tagliamo le catene.
Lug fu attratto da quel canto sublime e stava già per buttarsi tra le braccia di una fanciulla, ma i fiori lo sollevarono in aria aiutandolo ad oltrepassare quella porta. Volarono quindi sopra una collina e atterrarono in un campo di girasoli sopra una capanna dove Lug poté riposare per un mese intero.
Al suo risveglio prese la strada del Sud e si ritrovò in una specie di deserto costellato di vulcani che eruttavano continuamente. I fiori erano terrorizzati, ma Lug non si fece spaventare dai fumi e dalle lave che vedeva in ogni direzione, anzi seguì il mistero di quel calore fino a incontrare le bellissime Salamandre Rosse, creature agili e snelle, come potenti lingue infuocate che vigilavano sulla Porta del Fuoco. Poi vide le Fate del fuoco, piccole luci svolazzanti come Fiammelle che eruttarono queste parole:
Infuocate di passione
calde accese e svolazzanti
distruggiamo ogni ragione
nella mente dei passanti.
Non far spegnere la fiamma
dentro questa tua armatura
la natura ti richiama
e ti offre gioia pura.
Lug era diventato fluido al messaggio delle Fiammelle e i fiori rosseggiavano più splendidi che mai, ma una raffica di vento fece volare il principe e i suoi fiori lontano lontano. Precipitarono sopra una nube morbida e cascarono addormentati per un anno intero.
Al risveglio la pioggia cadeva intensamente dalla nube che si disciolse trasportandoli in un cerchio fatato fatto di bollicine d’aria. Il sole sorgeva luminoso e splendente e la stella del mattino indicò a Lug la direzione dell’Est per raggiungere la Porta dell’Aria, dove le evanescenti e ingannevoli Silfidi Celesti lo sballottarono tra i venti. I fiori danzarono sopra alte montagne e discesero in una ventosa pianura disseminata di margherite. Una fatina azzurrina, uscì da un vortice e disse:
Amo assai la mia espansione
e la insegno a ogni passante
porto la trasformazione
nella nebbia evanescente.
Non temere il cambiamento
prendi sempre la sua strada
puoi star certo più contento
con la testa e il mondo in aria.
Lug rimase incantato ad ascoltarla, i suoi piedi si erano già distaccati da terra e i suoi capelli svolazzavano brillanti nel turbine di venti che in quel momento lo attraversava. I fiori s’aggrapparono alle sue orecchie e un suono di violini si diffuse nell’aria profumata di gigli e narcisi. Il principe si ritrovò immediatamente nella valle dei fiori e un sonno immenso lo costrinse a precipitare in un mondo incantato popolato di meravigliose creature. Lug non si sarebbe mai risvegliato, sarebbe rimasto per sempre in mezzo a quei fiori che diventavano fanciulle e poi fatine e poi farfalle, ma i fiori di magnolia s’accorsero anche dei miasmi scuri che aleggiavano tra i petali e lo costrinsero a salire sopra un carro magico che li avrebbe portati via. Quando Lug si risvegliò era sereno e si trovò in un campo di papaveri dove lo Spirito dei papaveri gli narrò della magia dei prati in fiore.
Il Principe assimilò queste conoscenze e le trasmise ai purpurei fiori di magnolia, quindi si fece avvolgere dal vento del cambiamento, prese i fiori rinfrescati dalle brezze e oltrepassò la barriera dell’aria.
Dopo aver viaggiato attraverso le quattro porte, i fiori di magnolia erano diventati carnosi e fiammeggianti, freschi e profumati come la loro prima fioritura. Allora condussero Lug nel giardino delle Magnolie, dove ritornarono al loro posto tra le braccia di Weleda. In quel momento la Magnolia fiammeggiò e le foglie divennero istantaneamente di un magico verde brillante. Lug fu affascinato dalla magnificenza di quella Magnolia e le accarezzò dolcemente i petali. Improvvisamente Weleda si trasformò in una graziosissima fanciulla dal faccino bianco con le gote rosee, le labbra rosso fragola e gli occhi azzurri come un’acquamarina. I boccoli biondi le scendevano scintillanti sulla schiena ricoprendola di un manto dorato. Un Pipistrello bianco apparve quella mattina per annunciare:
Una Magnolia in arte stellata
con le maniere gentili da Fata
con il vestito caldo e solare
in una zolla non vuole stare.
Nella magia di quel giardino
lui la trasforma con un inchino
da cavaliere vero e regale
che ogni fiore sa accarezzare.
Weleda, finalmente libera dalla sua forma vegetale, si ritrovò accanto a Lug in carne e ossa, ma in quel momento un lampo brillante illuminò le altre piante e subito dopo venne un buio agghiacciante. La notte durò pochi minuti perché pian piano la luce invase di nuovo il giardino.
Fu con grande stupore che Weleda si accorse che al posto di ogni pianta c’erano tante bellissime fanciulle e tanti uomini vestiti con abiti eleganti. C’era il suo altissimo e splendido padre, il Re del paese di Magnolia, la sua incantevole Madre, la Regina dei fiori, oltre che tutte le sue amiche, le damine di corte e tutti gli abitanti del suo Regno. Così la famiglia fu riunita, la corte fu al completo e un enorme palazzo di cristallo brillante emerse immediatamente al centro dell’isola.
Lug rimase abbagliato da tanto splendore e abbracciò con gioia la sua splendida fidanzata. Le nozze vennero celebrate immediatamente e il Regno fu per sempre un luogo di gioia e allegria.
Questa è la storia di Lug e Weleda
della famiglia ormai tutta intera
di gentilezza che porta rispetto
come se il mondo fosse perfetto.
Anche se spesso si strappa un fiore
e lo si fa come un gesto d’amore
poi nella pianta nasce il dolore
che non dimentica mai nel suo cuore.
Ogni bel fiore dal gesto vivo
sogna l’amore casto e giulivo
freme di gioia e di passione
anche se il tempo crea un’illusione.
E se sfiorisce presto il suo ballo
ed il suo stelo diventa giallo
per la durata che gli è concessa
vuol essere degno d’una principessa.
Così riempie di gioia il cuore
che non s’annoia mai dell’amore
che coglie l’attimo di ogni presente
e si entusiasma beatamente.