ALLA VITA E ALLA DONNA, “SPARGIMI DI TE”: LA NUOVA ESALTANTE SILLOGE DI CLAUDIO MOICA

Claudio Moica


di Massimo Carta

La donna, nell’essenza più nobile e naturale, trova centralità nella vita che riesce a dare sapore e colore all’esistenza umana. Una donna dispensatrice di vita e stimolatrice di emozioni e d’amore. Claudio Moica non è nuovo a questa tematica, ma in “Spargimi di te” il poeta esalta la figura della donna, capace persino di guardare la morte negli occhi, da pari a pari, pur conoscendone “l’ineludibilità”. “La raccolta, scrive Salvatore Contessini nella prefazione della silloge, incarna un tributo alla donna, alla complessità dei ruoli femminili che l’autore le assegna: amata, compagna, madre. Il soggetto femminile narrato non è unico, poiché sono molte le donne evocate nella raccolta, ma totalizzante”. Tre sono i momenti in cui l’autore divide “Spargimi di te”: ieri, oggi, dopo. Sono tre momenti che caratterizzano non solo la donna di cui alla silloge, ma anche l’uomo che idealmente ama la donna. Ciò si coglie soprattutto in “oggi” dove la voglia e il desiderio d’amare è palpabile perché pulsa di emozioni e di voglia di abbandonarsi in questa reciprocità di scambi sentimentali. Tuttavia è un amore che vede al centro sempre la donna, nelle cui labbra e bocca trasudano baci e effusioni capaci di mutare il senso del mondo e della vita. In Moica, le donne “sono tutte mediterranee, avvolte nei profumi della salsedine, dello iodio, della macchia che profuma di mirto e sabbia, di vento che si infrange sugli scogli o gioca con le onde”. Ma Claudio Moica è molto più concreto nel dare un significato alla donna. D’altro canto tutti poeti, da Dante a Petrarca, fino ad arrivare a Foscolo, Leopardi, Quasimodo, Neruda, Segovia, Evtusenko e tanti altri, hanno celebrato, ognuno con la sua originalità, la donna come creatura più nobile del creato. “Hai ormeggiato nel mio cuore ma io non sono un’isola deserta- perché ho fiumi da navigare e boschi da diradare- ho frutti da cogliere e semi da coltivare”. E’ un’elevazione poetica della voglia di amare che Claudio Moica riesce ad esprimere senza mai abbandonarsi al volgare. “E’ musica mai scritta l’incedere del domani- il mantello spegne le vecchie lanterne- è luce di nuove dimensioni”. Nella prima parte, “ieri”, si colgono rimpianti di momenti non vissuti appieno, “dove il buio si è scordato di morire”. . “Se avrà un senso che io rinasca- non lo voglio senza i tuoi sorrisi- preferisco restare cenere al vento- che privarmi dei tuoi abbracci al mattino”… ”Perdona questo corpo voglioso di labbra- accogli il mio cuore così come è- a piedi nudi vienimi a trovare- in queste notti vuote di te e di amore”. Mentre, quindi, Moica nella prima parte (ieri) rilegge pagine d’amore un pò sbiadite ma non del tutto cancellate, e nel presente (oggi) vive di un amore verso la donna amata quasi esaltante e passionale, nella terza parte (dopo) appare ispirarsi alla donna con una certa razionalità di cui, però, è cosciente che in amore ciò è condizionante e limitativo, perché non spontaneo. “In quel morire del tuo corpo luminoso- che assottiglia il respiro rimasto- perché ogni giorno nuovo ormai è già vecchio e la vita che mi dai avvicina alla morte”…”Ricomincio da dove finisce la notte- perché ho scelto le tue mani lente- a segnare il bordo della luce- quello perduto dagli uomini mai nati… Scarto ogni sapore del passato- così che resti poco della mia vita- e non so se davvero sono vivo- o se piango appoggiato ai ricordi”…”Ora rimango in quell’angolo di vita- quel poco di luce che mi sfiora gli occhi- poterti scambiare con l’illusione della mente- mi rinfranca e ti dipingo così- come ti avrei voluto”. “Nell’invocare gli incanti del passato, commenta Shikanù nella postfazione, nello svelare le illusioni del presente, nel cantare il possibile domani, Claudio ci farà viaggiare nell’anima incantata fino a darci la sensazione di vedere noi stessi dall’alto grazie a un modo di fare poesia che non è mai irrazionalismo confuso, ma un viaggio panoramico su amore, malinconia, nostalgia, brama, contemplazione del nostro viaggio “da soli” quando vorremmo essere “insieme” uno scatto sull’essenziale prima che il tempo e le distanze umane sfumino quanto di sublime, l’anima ha colto”.

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