PERCORSI SOTTERRANEI A CAGLIARI: UN MONDO ARCHEOLOGICO NEL SOTTOSUOLO DEL CAPOLUOGO SARDO

panoramica su Cagliari

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di V. Caruso

 

Tanti cagliaritani forse saranno sorpresi nel sapere che la città presenti numerose cavità sotterranee artificiali risalenti alle epoche punica, romana e medievale. Ne sono esempio le varie Cripte come quella di Santa Restituta, sotto la Chiesa di Sant’Anna, la Cripta di Sant’Efisio, nell’omonima via e la Cripta di Sant’Agostino nel Largo Carlo Felice. Ogni anno grazie all’attività degli archeologi dell’Università e della Sopraintendenza dei Beni Culturali, ma anche a causa dei cedimenti accidentali del suolo, vengono alla luce resti di terme, cisterne, stradine e siti molto antichi. Quello che vi proponiamo è un percorso poco conosciuto che si trova nell’Anfiteatro Romano di Cagliari in viale Fra Ignazio. Fa, infatti, parte del sito, un sistema di canalizzazione delle acque piovane, raccolte dalla cavea (gradinate e arena), che proprio per la sua forma ad “imbuto”, svolgeva nel periodo invernale, anche questo compito. L’acqua veniva convogliata in apposite canalette che alimentavano le vicine cisterne della città. Resti di questo sistema idrico li possiamo notare anche nelle due estremità dell’asse maggiore dell’edificio, orientato in direzione nord/ovest- sud/est. A sud/ovest, un condotto idrico, scavato nella roccia e foderato in cocciopesto, si immette in un canale-galleria, scavato anche esso nel calcare, collegato a una cisterna, situata nell’ex orto dei Cappuccini (vico I Merello). Il canale largo appena un metro e alto un metro e mezzo, percorribile nel periodo estivo, abitato da pipistrelli e scarafaggi, costituisce una vera e propria galleria sotterranea di 96 metri, attraversa a 9 metri di profondità la via Fra Ignazio. In epoca romana, per motivi di tenuta idrica (non essendo il calcare impermeabile), la cisterna fu trasformata in carcere e il canale fu usato come passaggio per i condannati a morte che venivano eseguiti nell’arena dell’anfiteatro. Nella parete settentrionale della cisterna si trova un graffito che richiede ancora analisi approfondite, interpretato dagli studiosi come “Navicula Petri”, la Nave della Chiesa, simbolo paleocristiano datato al 4 secolo d. C., con l’albero a croce e dodici stanghette che rappresenterebbero gli Apostoli nell’atto di gettare la rete, l’inconfondibile simbolo dell’alfa-omega (altro simbolo cristiano che rappresenta il principio e la fine di tutte le cose) e il simbolo della croce monogrammatica con le iniziali della parola greca “Chr(istòs)”, il Chi e il Ro dell’alfabeto greco (rappresentati dai simboli X P, inseriti uno dentro l’altro). Il graffito attesterebbe la detenzione nel carcere di un prigioniero cristiano, sotto l’impero di Diocleziano, inizi IV secolo d.C., nell’epoca in cui la religione era ufficialmente proibita e trova riscontri con lo stesso simbolo affrescato nella parete del cubicolo di Giona, una tomba paleocristiana sotterranea che si trova nel cimitero monumentale di Bonaria.

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